Coronavirus. Allarme di bar, ristoranti e stabilimenti: «Rischio fallimento per 50mila attività, misure del governo gravemente insufficienti»

Coronavirus. Allarme di bar, ristoranti e stabilimenti: «Rischio fallimento per 50mila attività, misure del governo gravemente insufficienti»
Coronavirus. Allarme di bar, ristoranti e stabilimenti: «Rischio fallimento per 50mila attività, misure del governo gravemente insufficienti»
Lunedì 20 Aprile 2020, 10:20 - Ultimo agg. 21 Aprile, 07:04
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Era una "bomba" economica pronta a esplodere. Si sapeva. E infatti, eccola. Il settore dei pubblici esercizi - bar, ristoranti, pizzerie, catene di ristorazione, catering, discoteche, pasticcerie, stabilimenti balneari - «con 30 miliardi di euro di perdite è in uno stato di crisi profonda con il serio rischio di veder chiudere definitivamente 50.000 imprese e di perdere 300 mila posti di lavoro» a causa dell'emergenza coronavirus. È l'allarme lanciato da Fipe-Confcommercio spiegando che «già molti imprenditori stanno maturando l'idea di non riaprire l'attività perché le misure di sostegno per il comparto sono ancora gravemente insufficienti e non si intravedono le condizioni di mercato per poter riaprire». Anzi, non si vede proprio luce all'orizzonte.

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Gli interventi del Governo «sono solo una risposta parziale - puntualizza Fipe - la liquidità non è ancora arrivata, la garanzia al 100% dello Stato per importi massimi di 25.000 € è una cifra lontanissima dalle effettive esigenze delle imprese per far fronte agli innumerevoli costi da sostenere, la burocrazia rimane soffocante appesantendo addirittura le stesse procedure degli ammortizzatori sociali obbligando, di fatto, le imprese ad anticipare i pagamenti. Sulle tasse, inoltre, non ci sono state cancellazioni ma solo un differimento, per di più con la beffa di dover rischiare di pagare l'occupazione di suolo pubblico stando forzatamente chiusi e la tassa su rifiuti virtuali visto che di rifiuti non ne sono stati prodotti».

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Sul capitolo tasse «non ci sono state cancellazioni ma solo un differimento per di più con la beffa - viene osservato - di dover rischiare di pagare l'occupazione di suolo pubblico stando forzatamente chiusi e la tassa su rifiuti virtuali visto che di rifiuti non ne sono stati prodotti». Per questo, Fipe-Confcommercio ha predisposto un pacchetto di richieste al Governo: risorse vere a fondo perduto per le imprese parametrate alla perdita di fatturato; moratoria sugli affitti prevedendo una una compensazione per il periodo di chiusura e per il periodo di ripartenza; cancellazione di Imu, Tari, affitto suolo pubblico e altre imposte fino alla fine del periodo di crisi e sospensione del pagamento delle utenze; prolungamento degli ammortizzatori sociali fino alla fine della pandemia e sgravi contributivi per chi manterrà i livelli occupazionali e reintroduzione dei voucher per il pagamento del lavoro accessorio; possibilità di lavorare per asporto, come avviene in tutta Europa; concessione di spazi all'aperto più ampi nel periodo di convivenza con il virus, per favorire il distanziamento sociale e permettere agli esercizi di lavorare; un piano di riapertura con tempi e modalità certe condiviso con gli operatori del settore, per permettere a tutte le imprese di operare in sicurezza.


«Il decreto liquidità é un passo in avanti rispetto al Dl Cura Italia, ha il limite però di concedere prestiti e non somme a fondo perduto, ma anche quello di prevedere un procedimento di erogazione che non sta funzionando, gli istituti bancari continuano ad aggiungere regole, verosimilmente in vigore, ma che devono essere derogate se vogliamo far ripartire l'Italia. Troppa burocrazia, troppi ostacoli, troppa lentezza». A scandirlo è Cosimo Maria Ferri, Componente Commissione Giustizia Camera dei Deputati, ribadendo che «le imprese sono in difficoltà».
 

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