Covid, positivi e quarantene mandano in tilt le pmi

Covid, positivi e quarantene mandano in tilt le pmi
di Nando Santonastaso
Giovedì 6 Gennaio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 7 Gennaio, 08:32
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C’è chi come il presidente delle Autolinee toscane lancia l’Sos per la ripresa delle scuole non avendo al momento 540 dei circa 4mila autisti perché a casa per il Covid. E chi, come Filippo Liverini, titolare di una delle più importanti aziende di mangimi, che si è visto costretto a organizzare turni di lavoro anche il sabato pomeriggio e la domenica per far fronte all’assenza di oltre il 50% della manodopera addetta alla produzione, falcidiata dal contagio. C’è chi, come Massimiliano Santoli, titolare di Studio Esse, specializzato nell’organizzazione di eventi, che teme di sprofondare nell’incubo di un anno fa e di vedere saltare già adesso convegni previsti per aprile con più di mille presenze. E chi, come Vincenzo Mucci, ad di G8 Mobili, area Asi di Benevento, che lavora al 90% per forniture pubbliche e per archistar come Renzo Piano, che si vede costretto da giorni a bloccare produzioni e consegne già pronte per via del contagio di dipendenti e fornitori, rischiando forti penali per gli inevitabili ritardi nel rispetto dei contratti. 

Italia che vai, frenate e rallentamenti che trovi: dalle Alpi alla Sicilia l’allarme provocato dalla crisi di personale non è proprio a macchia di leopardo. Colpite soprattutto le pmi, l’ossatura del sistema produttivo nazionale: turismo, trasporti, logistica, servizi alla persona, ristorazione e bar al primo posto della nuova emergenza ma segnali negativi arrivano anche dal manifatturiero che pure ha dato una spunta fortissima al rimbalzo italiano del 2021 in termini di Pil. «E il guaio è – commenta Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia – che il Covid è solo uno dei tre grossi problemi che dobbiamo affrontare in questo periodo: l’abnorme aumento del costo dell’energia e le incertezze della politica rendono la vita delle imprese ancora più difficile e incerta.

Potrei citare decine di pmi anche del calzaturiero o della ceramica pugliesi che sono ad un passo dalla chiusura».

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L’aria è pesante un po’ dovunque. Anna Del Sorbo, presidente della Piccola industria dell’Unione industriali di Napoli, teme ad esempio di non poter confermare la missione industriale di una trentina di imprenditori napoletani a Dubai, prevista per febbraio, in preparazione da mesi con l’obiettivo di aprire o consolidare i rapporti con le aziende locali e dell’area. Ma l’elenco delle incognite determinate dal nuovo fronte della pandemia è praticamente infinito. Trenord, la compagnia ferroviaria lombarda, ha annunciato nei giorni scorsi un centinaio di assenze tra positività e quarantene fra capitreno e macchinisti, il 12% del totale, con la conseguente cancellazione di 100 corse. E che dire della crisi della raccolta dell’immondizia che sta coinvolgendo anche le grandi città metropolitane o della carenza di autisti (ne mancherebbero in Italia, a prescindere dal Covid almeno 17mila) che ha messo quasi in crisi il sistema della grande distribuzione e della logistica? Difficile al momento quantificare l’entità del nuovo fronte di emergenza. 

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Ma se nessuno, anche nelle associazioni di categoria, si sbilancia («Il rischio del razionamento della forza lavoro è molto alto ma bisognerà attendere le comunicazioni obbligatorie dell’Inps prima di avere un quadro preciso», dice ad esempio Mariano Bella, direttore del Centro studi di Confcommercio), tutti concordano nel giudicare molto più pericolosa del previsto e inattesa la situazione determinata dalle varianti del Civid-19.

«A noi è andata fortunatamente bene: avevamo programmato una breve riapertura di pochi giorni a cavallo di fine anno e non ci sono stati problemi ma se avessimo perso il capochef, il capo dei barman o il direttore avremmo dovuto rinunciare», confessa Giancarlo Carriero, patron di uno dei più noti alberghi di Lacco Ameno. Non è probabilmente l’unica voce fuori dal coro ma sicuramente è tra le poche rispetto al totale. «A Gragnano un pastificio ha chiuso perché letteralmente impossibilitato a proseguire la lavorazione per assenza di personale», rivela Del Sorbo. «A Roccaraso è bastato il caso di un minore positivo per chiudere l’attività di una scuola sci» racconta Santoli. «Anche per noi, con il 10% di casi positivi tra dipendenti e collaboratori, è diventato fondamentale riutilizzare il personale per garantire alle circa 100 sedi che abbiamo in Campania di poter comunque continuare a fornire l’assistenza agli iscritti» spiega Giovanni Sgambati, segretario regionale della Uil.

L’Italia che trema di fronte al rischio di un possibile stop alla sua risalita è anche il Paese nel quale, puntualmente, riesplodono problemi solo apparentemente dimenticati. Il ricambio di personale, ad esempio, anche nei mestieri più tradizionali, dai cuochi ai camerieri, ai lavapiatti. 

Dice Lino Stoppani, presidente della Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi di Confcommercio: «Da una parte stiamo ancora curando le ferite spaventose lasciate dal Covid in termini di crolli di fatturato, perdita di imprese e di posti di lavoro; e dall’altra parte siamo alle prese con enormi problemi di reperimento della manodopera. Non sono problemi in contraddizione tra di loro: nel periodo 2020-21 su un milione di occupati ne abbiamo persi 250mila di cui 116mila con contratto a tempo indeterminato. I nostri dipendenti se ne sono andati verso la grande distribuzione e la logistica, ritenuti più sicuri. Morale: non abbiamo personale adeguato e il Covid ha peggiorato la situazione. Serve la proroga della Cassa integrazione scaduta a fine anno per non dover licenziare nessuno; serve un intervento sul cuneo fiscale per i settori labour intensive e sulle filiere agroalimentari perché si argini la dispersione delle competenze, già da tempo in atto; e serve l’aumento delle quote di immigrati, i cosiddetti flussi, per far fronte a questa situazione». Ma forse, azzarda Liverini, occorrerebbe anche che il Paese prendesse fino in fondo coscienza di ciò che sta accadendo dentro le pmi e di quanto tutto ciò potrebbe aggravarsi a danno del Paese: «Possibile che la nostra condizione di imprenditori nei territori - si chiede l’ex presidente di Confindustria del Sannio - pesi meno dei teatrini della politica in vista dell’elezione del Capo dello Stato?» 

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