Arriva l’operazione a tenaglia che salva il Credit Suisse. E «mette in sicurezza il sistema Svizzera, ma anche la stabilità finanziaria internazionale» per dirla con le parole del presidente della Confederazione elvetica, Alain Berset, che ha «sentito la responsabilità della situazione». Ubs pagherà 3 miliardi di franchi svizzeri (0,76 franchi svizzeri per azione), dopo un doppio rilancio rispetto all’offerta iniziale di 1 miliardo, per rilevare gli asset della seconda banca svizzera e strapparla dallo spettro del fallimento. Non solo. La Svizzera ha concesso a Ubs 9 miliardi di franchi svizzeri (9,1 miliardi di euro) di garanzia per coprire potenziali perdite di Credit Suisse, una sorta di polizza contro eventuali buchi non prevedibili oggi. E ancora, sia Credit Suisse che Ubs, si legge nella nota, «possono ottenere un sostegno di liquidità sotto forma di prestito con privilegio nel fallimento per un ammontare massimo complessivo di 100 miliardi di franchi». Ma la Banca nazionale può concedere a Credit Suisse anche un sostegno ulteriore di liquidità sotto forma di prestito assistito da garanzia della Confederazione contro il rischio di insolvenza per altri 100 miliardi di franchi (cosiddetto “Public Liquidity Backstop”). Infine, «entrambe le banche hanno accesso illimitato agli schemi di finanziamento esistenti della Bns, tramite i quali esse possono ottenere liquidità dalla Banca nazionale secondo le direttive sugli strumenti di politica monetaria», hanno spiegato ieri le Autorità svizzere. Una manovra monstre, «necessaria e di emergenza per restituire fiducia nel sistema finanziario», ha spiegato la Banca nazionale svizzera. Senza nessun paletto Antitrust e possibilità di retromarcia da parte di Ubs.
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100 miliardi di liquidità
«È la soluzione migliore, quella con meno rischi economici e di contagio rispetto a tutte quelle sul tavolo», per la ministra delle finanze Karin Keller-Sutter. E ancora: «Si tratta di un’operazione commerciale - ha puntualizzato - Le regole del bail-in (salvataggio interno a carico di azionisti e obbligazionisti, ndr) non erano applicabili in questa situazione: lo ribadisco, non c’è un problema di insolvenza ma solo di liquidità».
La parola oggi al mercato sulla nascita del nuovo colosso da 5 trilioni di dollari di asset investiti.
Le condizioni
L’annuncio ufficiale dell’operazione in conferenza stampa è arrivato al termine di una maratona andata avanti per tutto il week-end tra contatti e trattative serrate che hanno coinvolto le principali autorità finanziarie, in Svizzera, ma anche Europa e Usa. «Gli azionisti di Credit Suisse», si legge nella nota, «riceveranno un’azione Ubs ogni 22,48 azioni Credit Suisse detenute, per un valore corrispondente a a 0,76 franchi per azione e 3 miliardi di franchi svizzeri complessivi». A rischio ci sarebbero secondo indiscrezioni 10.000 posti di lavoro. Ma la fusione delle due attività genererà un tasso annuo di riduzione dei costi di oltre 8 miliardi di dollari entro il 2027. Colm Kelleher, attuale presidente di Ubs, sarà il presidente del nuovo gruppo, mentre alla guida sarà Ralph Hamers, l’attuale ceo di Ubs.
L’accordo arriva pochi mesi dopo che la Saudi National Bank e la Qatar Investment Authority hanno iniettato quasi 3 miliardi di franchi nel Credit Suisse nell’ambito di un aumento di capitale di 4 miliardi di franchi e in virtù del 17% delle azioni detenute insieme in portafoglio. E va ricordato che a spingere il Credit Suisse ad un deflusso di depositi insostenibile e a una crisi di fiducia senza precedenti, fino alla decisione di emergenza di ieri, sono state proprio le dichiarazioni del presidente della Saudi National Bank, Ammar al-Khudairy, che ha escluso in maniera categorica mercoledì scorso un nuovo intervento nella banca scatenando letteralmente il panico.