Clima impazzito e crisi dell'energia,
l'industria della pasta è in crisi: aumenti

Clima impazzito e crisi dell'energia, l'industria della pasta è in crisi: aumenti
di Nando Santonastaso
Venerdì 2 Settembre 2022, 08:20 - Ultimo agg. 3 Settembre, 08:09
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Un piatto di pasta italiana viene consumato da tre europei su quattro. E da un consumatore su quattro nel mondo. Ma l'orgoglio del primato assoluto tra i produttori fa fatica oggi a rasserenare gli operatori del settore. I conti non tornano più dopo l'impennata del gas e dell'energia elettrica, dall'Emilia alla Basilicata è un racconto di preoccupazioni, rabbia, polemiche, incertezze. E di paura per il futuro, perché come dice Cosimo Rummo, patron dell'omonima azienda di famiglia (175 anni di attività a Benevento, 160 dipendenti, oltre 140 milioni di fatturato ed export in 58 Paesi di tutti i continenti), «con questi costi è difficile resistere».

E lui, che ha salvato il pastificio persino dall'alluvione del 2015, quasi non crede ai suoi occhi quando snocciola i numeri dei rincari: «Lo scorso anno dice abbiamo avuto una bolletta energetica, tra gas ed elettricità, di un milione e 700 mila euro, pari a circa 141mila euro ogni mese.

A marzo scorso, la bolletta è stata di un milione e 450mila euro. Sto parlando di un solo mese! E con gli aumenti previsti saliremo quasi a 2 milioni. Lo scorso anno ho firmato accordi con l'Eni per 15 centesimi a metro cubo, oggi il costo è salito a 2 euro e 60 centesimi, 21 volte in più. Mi chiedo cosa aspetta ancora il governo ad intervenire nei confronti di chi si sta garantendo profitti 9-10 volte superiori al passato: ricordo che nessun pastificio durante l'emergenza Covid ha aumentato il prezzo dei suoi prodotti pur essendo cresciuta del 500-600% la quantità di pasta venduta in quei mesi».


Rummo è un fiume in piena, passione e impegno civile («Il valore sociale della nostra azienda è fondamentale, salvaguardare i nostri dipendenti è una scelta ben precisa») sono nel suo Dna. Ma oggi, per resistere, non c'è altro da fare se non scaricare almeno una parte degli extracosti sui consumatori: «Noi non interromperemo l'attività, oltre tutto l'antitrust vieta di vendere in perdita. Ma non possiamo sostenere i vecchi prezzi al pubblico: siamo passati da 1,10-1,20 euro per un pacco da 500 grammi a un range compreso tra 1,30 e 1,49 euro. Temo che non sarà l'ultimo rialzo se i costi energetici non verranno ridotti», ammette.

Il settore parla la stessa lingua, le amarezze di Rummo sono identiche a quelle di tanti colleghi. Intervistato dall'Adnkronos, Riccardo Felicetti, amministratore delegato dell'omonimo pastificio e presidente dei pastai italiani, è stato ancora più esplicito: «Al momento sappiamo a malapena quanto costerà a settembre un container per spedire le nostre merci in giro per il mondo, abbiamo una penuria pazzesca di autisti per i trasporti a livello europeo, abbiamo serissime difficoltà per l'energia e non sappiamo ad esempio quanto costerà un metro cubo di metano a settembre, se il prezzo cambierà a ottobre e quali saranno le quotazioni che dovremo esprimere nei confronti dei nostri clienti». La guerra in Ucraina come la goccia che ha fatto traboccare il vaso e reso drammatica la situazione. Se era risultato modesto l'allarme per le conseguenze della guerra (da Mosca e da Kiev l'import è sempre stato modesto per la pasta italiana, prodotta quasi al 100 per 100 nei nostri confini), non così è avvenuto per l'impennata delle materie prime e dell'energia. E non solo. A pesare è anche l'effetto combinato dei cambiamenti climatici, della speculazione internazionale e della corsa all'accumulo di beni essenziali da parte di alcuni Stati come hanno scritto i pastai di Unione Italiana Food, l'associazione che riunisce le 450 aziende aderenti ad Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane) e Aiipa (Associazione italiana industrie prodotti alimentari), con 65mila addetti e 40 miliardi di fatturato. «Da un anno a questa parte ammette Felicetti - ci troviamo a non avere alcun tipo di soluzione se non quella di affrontare i problemi quando arrivano. Ogni giorno dobbiamo trovare soluzioni per garantire il lavoro e i prodotti sugli scaffali dei nostri clienti». Certamente «questa è una cosa che facciamo da secoli, nei periodi più duri e più bui come gli ultimi due anni di pandemia e cerchiamo di continuare a farlo, ma obiettivamente sta diventando sempre più difficile».

Tra prezzi in salita e produzioni a rischio si cerca anche un'alternativa per ridurre i consumi di energia anche quando si cola la pasta. Uno studio scientifico promosso dai Pastai italiani di Unione Italiana Food, presentato in occasione dell'ultima Giornata Mondiale dell'Ambiente, ha calcolato infatti l'impatto ambientale della cottura della pasta: se tutti gli italiani seguissero alcuni accorgimenti ogni volta che, in un anno, calano la pasta (ad esempio, mettere il coperchio alla pentola dove sta bollendo l'acqua permette di risparmiare energia sufficiente a ricaricare uno smartphone per due o tre volte), potrebbero ridurre i consumi di 350 milioni di chilowattora. Sono quelli sufficienti a illuminare gli stadi di calcio per tutte le prossime 24 stagioni di Serie A, Premier League, Liga spagnola e Bundesliga.
 

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