Decreto rilancio, sull'Irap un taglio da 4 miliardi. L'ipotesi Mes per le spese sanitarie

Decreto rilancio, sull'Irap un taglio da 4 miliardi. L'ipotesi Mes per le spese sanitarie
Mercoledì 13 Maggio 2020, 06:17
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Un'altra giornata a limare, stralciare, modificare. Un'altra giornata caotica con il governo che ha rinviato di ora in ora fino a tarda notte il consiglio dei ministri, slittato a oggi, per approvare la maxi manovra da 55 miliardi ormai in preparazione da oltre un mese. In nodi sul tavolo erano sia politici e tecnici. I primi i più complessi da sciogliere. Prendiamo la regolarizzazione dei migranti sulla quale l'intesa è arrivata a tarda sera. Il Movimento Cinque Stelle aveva rimesso tutto in discussione.

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Così ci è voluto un supplemento di trattativa. Ieri Palazzo Chigi ha diramato un lungo comunicato per ribadire la posizione di Giuseppe Conte sul tema. «Regolarizzare per un periodo determinato immigrati che già lavorano sul nostro territorio», ha spiegato la nota, «significa spuntare le armi al caporalato, contrastare il lavoro nero, effettuare controlli sanitari e proteggere la loro e la nostra salute tanto più in questa fase di emergenza sanitaria». Palazzo Chigi ha poi confermato l'accordo raggiunto domenica sera demandando al ministro dell'interno Luciana Lamorgese i dettagli tecnici. Ma l'uscita di Palazzo Chigi è stata subito fatta oggetto di un fuoco incrociato dei grillini. Il primo è stato il reggente del Movimento, Vito Crimi. «Il testo è migliorato», ha detto, «ma non ha ancora la mia approvazione». Approvazione che, invece, è arrivata nella notte dopo che, ha spiegato Crimi, sono state accolte le richieste del Movimento di mettere al centro il lavoro regolare. Un accordo, ha spiegato il ministro Giuseppe Provenzano, che tiene dentro anche colf e badanti. Un comunicato del Viminale ha provato a rimettere in fila i punti. Il datore di lavoro potrà regolarizzare un lavoratore dietro il pagamento forfettario all'Inps di un contributo di 400 euro. Saranno esclusi dalla possibilità i datori che siano stati condannati, anche in via non definitiva, negli ultimi 5 anni, per reati quali caporalato, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, reclutamento di persone da destinare alla prostituzione. Potranno beneficiarne lavoratori italiani e stranieri. Questi ultimi dovranno dimostrare - per mezzo di fotosegnalamento delle forze di polizia - di essere stati presenti in Italia prima dell'8 marzo. La partita sui migranti, insomma, si sarebbe chiusa così.

LA CONSEGUENZA
Resta il duro scambio di accuse su chi abbia ritardato il decreto. Se Sibilia ha puntato l'indice verso i renziani, il Pd tramite Andrea Orlando ha ribaltato le accuse sul Movimento. Ma il tema dei migranti non è stato l'unico ostacolo sulla strada del decreto. Per tutto il giorno in preconsiglio si è discusso di norme e coperture. Soprattutto di queste ultime. Ci è voluto un lungo lavoro per far rientrare la pioggia di richieste che avrebbe fatto sforare i 55 miliardi del decreto. Una soglia invalicabile, perché è esattamente lo scostamento di deficit autorizzato dal Parlamento. Oltre non si può andare. Qualcuno ha anche ipotizzato di rispolverare le clausole di salvaguardia, per poi riazzerarle una volta attivato il Mes che, con pochi sforzi, potrebbe coprire tutti e 5 i miliardi stanziati per la sanità. Una bestemmia per i Cinquestelle. Sul tavolo è stata messa anche l'ipotesi di nuove privatizzazioni, a partire da una vendita straordinaria del patrimonio immobiliare dello Stato. Nella sua versione definitiva il decreto prevede 4 miliardi per abolire il saldo e l'acconto dell'Irap per le imprese da zero a 250 milioni di fatturato chiesto da Confindustria. A pagare qualcosa è stata la Cassa integrazione. L'allungamento è stato finanziato per 10 miliardi contro i 15 che avevano chiesto il ministro del lavoro Nunzia Catalfo e l'Inps. Ci sono 10 miliardi per le imprese, di cui 6 miliardi a fondo perduto e un miliardo per gli affitti. E altri 2,5 miliardi per il settore turistico. Il Mef fa sapere che «problemi di copertura non ce ne sono» .

Ma nonostante la pioggia di finanziamenti, il malcontento rischia comunque di montare. Qualcuno perché vorrebbe di più. I sindaci avvertono che senza risorse adeguate potrebbe «saltare l'erogazione di servizi essenziali», come la raccolta della spazzatura. I presidenti di Regione chiedono 5,4 miliardi per evitare il default. Poi ci sono gli esclusi. Come gli armatori. Assoarmatori ha contestato l'ennesimo salvataggio con 3 miliardi di euro di Alitalia, mentre «per le compagnie di navigazione, che i passeggeri proprio non li possono tuttora imbarcare, non è stato previsto alcun indennizzo».

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