Decreto sblocca cantieri, nessuna opera è ripartita

Decreto sblocca cantieri, nessuna opera è ripartita
di Nando Santonastaso
Venerdì 20 Novembre 2020, 08:20 - Ultimo agg. 13:33
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L'elenco esiste, ne sono a conoscenza anche i gruppi parlamentari oltre a Palazzo Chigi e al ministero dell'Economia cui spetta la verifica sulle coperture. Una quarantina tra grandi, medie e piccole opere, strategiche e non, da accelerare secondo il ministero dei Trasporti attraverso la nomina di un numero ancora imprecisato di commissari. Ma non si tratta più solo di infrastrutture, già finanziate, che bisogna liberare da intoppi procedurali, progettuali o anche giudiziari che le tengono ferme del tutto o quasi. No, perché nell'elenco sono confluiti anche interventi di altro genere, dal risanamento dei danni strutturali provocati dalla recente alluvione in Piemonte e Liguria, ad esempio, fino al completamento di lavori per caserme, questure ed ospedali che dipendono, come si intuisce da altri ministeri, dal Viminale alla Difesa, alla Salute. Si è deciso in altre parole di unificare le nomine in un unico pacchetto, sempre a cura del ministero dei Trasporti. Solo che, come detto, di esso continua a non esserci traccia mentre in questi mesi, specie dopo l'approvazione del decreto Semplificazioni, si sono sprecati gli annunci del governo sull'imminenza del provvedimento. Da settembre si è scivolati a metà ottobre e ora, complice forse la nuova ondata di contagi, nessuno si azzarda più a indicare una data certa.

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OPERE FERME
Le opere da commissariare restano quasi tutte ferme o quasi, mentre ci si chiede, come fanno i costruttori dell'Ance, in che modo si riuscirà a garantire la piena attuazione del decreto, nel frattempo convertito in legge, se all'appello mancano ben 67 dei 68 provvedimenti attuativi previsti dal testo (la fonte è l'Ufficio del programma di governo) e soprattutto non si vede nemmeno il Dpcm delle nomine dei commissari. «Sarà un caso commenta il vice presidente dell'Associazione nazionale dei costruttori edili Edoardo Bianchi ma nei giorni scorsi il governo, attraverso il sottosegretario alle infrastruttire Salvatore Margiotta, ha annunciato che farà una circolare esplicativa a proposito della legge sulle Semplificazioni, per ciò che concerne in particolare la rigenerazione urbana su cui i dubbi erano arrivati subito dopo la conversione in legge.

Evidentemente quando si diceva che nessuno vuole applicare il nuovo decreto qualche ragione c'era».


Ma torniamo alle opere da accelerare. L'elenco, come detto, è stato per così dire più volte aggiornato ma a quanto pare sono rimaste dentro alcune delle realizzazioni definite più volte in questi mesi strategiche per il Sud, come fece lo stesso premier Conte in occasione dell'annuncio del piano Italia veloce. Sicure di commissario dovrebbero essere la strada statale Jonica di cui è stato inaugurato nei mesi scorsi il primo lotto del progetto di messa in sicurezza, l'alta velocità ferroviaria Catania-Messina-Palermo i cui lavori sono fermi, e il potenziamento della linea ferroviaria Metaponto-Potenza-Battipaglia. Non tutti, peraltro, credono che il profilo commissariale sia il più indicato per sveltire lavori bloccati da tempo.


IL CASO MORANDI
«La logica è quella del modello Genova, la gestione commissariale affidata al sindaco per bruciare i tempi e superare le pastoie burocratiche dice Bianchi -: ma quello è stato un caso unico, forse irripetibile. Il nuovo ponte Morandi è stato ricostruito esattamente sul sedime di quello crollato, se si fosse spostato di una decina di metri si sarebbe dovuto seguire l'iter completo delle autorizzazioni, con tempi infinitamente più lunghi. In realtà il commissario deve servire a monte del progetto perché il 66% dei tempi riguarda le autorizzazioni per arrivare alla gara, non il cantiere dei lavori: pensare che i nuovi commissari, quando si insedieranno, faranno come nel caso del ponte di Genova mi pare un'ipotesi molto, molto improbabile».
Ma il punto è anche un altro. Ci sono le risorse per garantire il completamento di queste opere e, nel caso di quelle strategiche che in parte non hanno iter progettuali già definiti, sarà possibile accedere ai fondi del Recovery plan italiano come da qualche parte si dice? A giudicare da come si procede per la Napoli-Bari un certo ottimismo sembra possibile. «Ma attenzione avverte Bianchi -, quell'opera è già da anni commissariata e l'incarico affidato all'ad di Rete ferroviaria è stato lungimirante. Tutto il resto, però, è piena di interrogativi: non sappiamo ancora di quante risorse europee effettivamente si potrà disporre per trasporti e infrastrutture e dunque non si possono azzardare ipotesi di finanziamento che garantiscano come per la Napoli-Bari la fine delle opere». Inoltre sul piano tecnico il Recovery Fund pagherà a rimborso le risorse spese, come accade per i Fondi strutturali europei: considerato che i tempi di spesa Ue sono ridotti all'osso, massimo due anni, è possibile che si riuscirà a finanziare solo parte dei progetti e non il totale della spesa complessiva (che, peraltro, in alcuni casi, non è ancora indicata). Insomma, nell'Italia dei 120 miliardi già disponibili ma non ancora spesi per ponti, dighe, ferrovie e strade, come documentato di recente da L'Espresso, e delle 750 opere che dal Nord al Sud a quanto pare sono da anni in attesa di ultimazione (134 nella sola Sicilia relativamente al 2019, quasi un quinto del totale), ora si profila minacciosa anche l'urgenza dei tempi europei. Troppo rapidi e certi per poter accogliere anche quelli lenti e indefinibili delle grandi opere all'italiana.

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