Green Pass, Enrico Carraro: «Non va rinviato, le imprese stanno con chi si vaccina»

Green Pass, Enrico Carraro: «Non dobbiamo rinviarlo, le imprese stanno con chi si vaccina»
Green Pass, Enrico Carraro: «Non dobbiamo rinviarlo, le imprese stanno con chi si vaccina»
di Ario Gervasutti
Sabato 9 Ottobre 2021, 15:13 - Ultimo agg. 15:35
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PADOVA - «Io sto con l'83% dei lavoratori veneti che si sono vaccinati, con senso di responsabilità e di vicinanza alle loro aziende, ed è anche grazie a loro se oggi viviamo quasi nella normalità. Perciò non possiamo farci condizionare da un manipolo di no vax. Siamo all'ultimo miglio, forse quello più duro: sono convinto che quando vedranno a cosa vanno incontro, anche gli ultimi indecisi avranno un soprassalto di responsabilità. Quindi: nessun rinvio». Enrico Carraro, Presidente di Confindustria Veneto, è consapevole che venerdì prossimo le imprese rischiano di affrontare difficoltà nella produzione perché ci sono ancora circa 300mila lavoratori non vaccinati, che dovrebbero fare un tampone ogni 48 ore per entrare in azienda. Una possibilità che ad oggi appare impraticabile, ma che divide le imprese sul modo in cui debba essere affrontata. «È un rischio che va corso», dice Carraro.

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Non teme i problemi paventati da molti imprenditori?
«Sono problemi oggettivi; ma non dobbiamo dimenticare che se i non vaccinati fossero solo l'1 o 2 per cento, questi problemi non si porrebbero.

Quindi la responsabilità è di chi non si vaccina. Chiarito questo, è evidente che c'è preoccupazione perché è inevitabile che molti lavoratori non potranno entrare in azienda dal momento che non riusciranno a fare il tampone».

Forse è per questo che c'è chi, come il presidente di Assindustria Venetocentro Leopoldo Destro o una settimana fa la presidente di Confindustria Udine Anna Mareschi Danieli ha ipotizzato un supplemento di riflessione da parte del governo per organizzarsi meglio. Anche ricorrendo a un rinvio, come estrema ratio.
«Capisco l'allarme delle associazioni territoriali. Ma sono fermamente contrario alla proroga dei termini. È roba da Prima Repubblica, e non me lo vedo proprio Draghi rinviare una scadenza nota a tutti da più di 3 settimane. Aspettano di vaccinarsi adesso? Si accorgono adesso che non riusciranno a farsi tre tamponi la settimana, al netto dei costi?».

Qualcuno forse sperava che fosse solo un annuncio senza conseguenze?
«È probabile. Ci sono anche frange minoritarie di qualche sindacato, mi riferisco al Cub, che fanno leva su questa cosa, dicendo vedrete che dovranno fare retromarcia».
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A proposito di sindacato, la Cgil dice che è compito vostro e della Regione risolvere il problema dei tamponi, perché siete voi ad aver «fatto pressioni sul governo per introdurre il Green pass».
«Draghi non ha certo deciso su pressione di Confindustria ma sulla base di dati scientifici che dimostrano come il Green pass sia stato determinante per contenere la pandemia in tutti i settori nei quali è stato applicato».
 

Resta il fatto che sarà impossibile fare 300mila tamponi ogni 24 ore solo in Veneto. Il suo collega emiliano Valter Caiumi propone l'allungamento della validità dei tamponi rapidi a 72 ore, la possibilità di usare i fai-da-te in azienda con certificatori esterni, addirittura che i datori di lavoro si facciano carico dei costi, e infine apre a un rinvio di 15 giorni.
«Non voglio fare polemica: ma non possiamo decidere noi, devono dircelo gli scienziati e i tecnici se allungare la validità dei tamponi, se usare i salivari o i nasali. Ma resterebbe comunque il problema del reperimento del materiale. Ma poi, per quale motivo dovrebbero farsene carico le aziende?».

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Qualche azienda si è detta disponibile...
«Qualcuno può farcela, ma altri no. Non è vietato, ma non può essere definito come un obbligo. Non esistono aziende di serie A e di serie B. E deve esserci perequazione anche tra i lavoratori: se ai no vax paghiamo i tamponi, ai vaccinati che cosa dovremmo dare? Un biglietto del cinema? Lo sappiamo: il 15 ottobre ci saranno problemi. Ma risolviamoli insieme, tenendo la barra dritta».
 

Insomma, linea dura...
«Con senso di responsabilità. Conosco i problemi che potrebbero avere le imprese, a partire dalle mie. Ma prima partiamo, poi vediamo quanti rifiuteranno di vaccinarsi rinunciando al lavoro. Non credo proprio che governo e Regione ci lasceranno a lungo in mezzo al guado. E bene ha fatto il Governatore del Veneto Zaia a farsi carico del problema sollecitando il governo a dire una parola definitiva».
 

I dipendenti non vaccinati che non riusciranno a fare i tamponi subiranno un salasso dello stipendio perché non potranno lavorare. Ma anche le imprese rischiano di dover rallentare la produzione proprio mentre la ripresa è decollata: non sarebbe un costo anche per voi?
«Le imprese hanno fatto tutto quello che dovevano e potevano. Hanno fatto formazione, comprato tablet e sistemi per il controllo automatico dei pass, messo in sicurezza le aziende. E l'83% dei lavoratori ha contribuito. Lo facciano anche gli altri».

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E se chiedessero di lavorare da casa, laddove possibile?
«Chi non ha il pass non deve avere il privilegio dello smart working, che deve essere riservato a chi ne ha necessità. Non è possibile che un no vax prenda il posto di una madre con figli o una lavoratrice in gravidanza. Chi non ha dimostrato responsabilità, non può avere vantaggi. Lo dobbiamo nel rispetto degli oltre centomila morti che abbiamo avuto nel nostro Paese».
 

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