Etichettatura Nutri-Score, dalla mozzarella al pecorino: attacco Ue ai nostri formaggi

Etichettatura Nutri-Score, dalla mozzarella al pecorino: attacco Ue ai nostri formaggi
Etichettatura Nutri-Score, dalla mozzarella al pecorino: attacco Ue ai nostri formaggi
di Carlo Ottaviano
Sabato 19 Marzo 2022, 21:30 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 13:58
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Caprese senza Mozzarella di Bufala Campana, la cacio e pepe senza pecorino romano, lo spaghetto al pomodoro senza il Parmigiano Reggiano, il risotto al radicchio e Gorgonzola… senza Gorgonzola. Non è il bislacco menu dell’ultimo chef di tendenza, ma sono i piatti senz’anima che rischiamo di trovare sulle tavole italiane (e non solo), se l’Unione Europea approverà l’etichettatura Nutri-Score, cioè quella a semaforo proposta dai francesi: il verde per i prodotti ad alto contenuto di frutta e verdura, fibre e proteine; il rosso per i prodotti con un alto contenuto di energia, zucchero, acidi grassi saturi e sodio. Non tiene però conto che gli ingredienti vanno misurati nel contesto dell’intera pietanza e della dieta. Secondo il Nutri-Score perfino l’olio extravergine d’oliva sarebbe meno sano della Coca Cola. 

I tempi per la decisione dell’Ue sul sistema di etichettatura alimentare si avvicinano velocemente (giugno) e i produttori delle eccellenze casearie italiane lanciano il grido d’allarme. «Diciamo no al Nutri-Score – spiega Antonio Auricchio, presidente di Afidop, l’associazione dei consorzi dei formaggi Dop - e alle etichette basate su quantitativi di riferimento scollegati dalle abitudini di consumo nella dieta quotidiana.

Si tratta di strumenti fuorvianti che disincentivano il consumo dei nostri piatti banalizzando i valori nutritivi dei nostri prodotti. Sosteniamo e promuoviamo invece informazioni corrette e complete al consumatore per una alimentazione sana ed equilibrata». 

A rischiare non è solo il nostro gusto (nessuno, comunque, ci potrà vietare di mangiare quel che vogliamo) ma uno dei comparti più fiorenti dell’agroalimentare italiano. Secondo il rapporto Ismea-Qualivita, già i soli formaggi Dop e Igp, con 55 prodotti caseari a denominazione e quasi 26 mila operatori, generano un valore di 4,2 miliardi di euro alla produzione (all’incirca altrettanto per i formaggi senza denominazione). Il settore è anche tra quelli che esportano di più: nel 2021 ha raggiunto quota 3,6 miliardi di euro facendo registrare una crescita pari al 12,3% in valore (+10,6% in volume) rispetto all’anno precedente. 

Dai dati Istat elaborati da Alleanza Cooperative Agroalimentari, emerge il boom di vendite fuori dai confini europei negli Stati Uniti (+34,4% in valore e +19,7% in volume), dove i formaggi italiani hanno raggiunto i livelli pre-dazi, e in Cina (+35,1% in valore e +26,4% in volume). Una lieve battuta d’arresto nel Regno Unito (-2,7% in valore) per le conseguenze della Brexit e leggera flessione in Giappone (-1,8% in valore). In Francia (+13,8% in valore per un totale di 705 milioni di euro) il risultato è ritenuto ottimo, trattandosi di un importante concorrente sia come produttore che esportatore. Tra i formaggi che continuano ad aumentare le vendite all’estero, in particolare, la Mozzarella (+12,5%), il Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+5,3%), che insieme fatturano più del 30% del totale. «Il trend positivo che c’è da anni - teme Giovanni Guarneri, coordinatore del settore per Alleanza Cooperative - potrebbe tuttavia essere arrestato da alcune iniziative comunitarie, come i prospettati tagli ai fondi per la promozione dei prodotti Dop, e soprattutto dallo spettro del Nutri-Score che rischia di porre un brusco freno anche alle performance positive sui mercati esteri». 

L’INCERTEZZA

Il meccanismo del Nutri-Score disincentiva il consumo di alcuni alimenti e nel suo mirino finirebbero i formaggi portabandiera dell’Italia nel mondo: Asiago, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano e Pecorino Romano, solo per citarne alcuni. Forte incertezze, quindi sul futuro, in un momento già particolarmente pesante. «Senza il mais e il girasole dell’Ucraina - afferma Riccardo Deserti, presidente di OriGIn, l’Organizzazione internazionale delle indicazioni geografiche - il mercato globale delle materie prime per la zootecnia è andato in crisi, con ricadute su tutta la filiera lattiero casearia italiana. C’è poi lo spettro della contrazione dei consumi: oggi a renderlo ancora più evidente nel nostro settore sono le conseguenze dirette del conflitto, il caro bollette e petrolio. Ma domani potrebbe arrivare anche il Nutri-Score, un sistema di etichettatura nutrizionale fuorviante che va bloccato prima di allontanare ulteriormente il consumatore dai formaggi e da altri simboli della dieta mediterranea». 
 

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