Ue, imprese italiane al top: si torna a produrre a casa

Ue, imprese italiane al top: si torna a produrre a casa
Ue, imprese italiane al top: si torna a produrre a casa
di Roberta Amoruso
Domenica 21 Novembre 2021, 01:19 - Ultimo agg. 23 Novembre, 09:09
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Doppia sorpresa. È la manifattura italiana ora a trainare la ripresa in Europa. Ed è sempre l’Italia, dopo il tracollo di oltre 40 punti percentuali nel bimestre marzo-aprile 2020, a lasciare indietro Paesi come Francia e Germania in quanto a capacità di tornare ai livelli pre-Covid: per Parigi e Berlino il pieno assorbimento del costo pesante della pandemia appare ancora lontano. Nonostante un calo meno drastico dei volumi sfornati nei mesi più critici del 2020, la produzione è ancora sotto del 10% dai livelli pre-crisi quanto alla produzione tedesca e del 5% quanto a quella francese. La terza novità emersa da un rapporto sugli scenari industriali del Centro Studi di Confindustria è la conferma di un trend accelerato a cavallo della pandemia. Il fenomeno del rientro in Italia di forniture precedentemente esternalizzate sta diventando tutt’altro che marginale. 

Il 23% delle aziende italiane interpellate dal Centro Studi in collaborazione con il gruppo di ricerca RE4IT ha già avviato negli ultimi cinque anni processi totali o parziali di “backshoring”.

Una scelta dettata dalla disponibilità di fornitori idonei in Italia e dalla possibilità di abbattere i tempi di consegna. E in alcuni casi c’entra anche la scelta di puntare di nuovo sul marchio della produzione del tutto made in Italy. Anche questione di trend, di innovazione dei processi in loco, di logistica, tra produttività e capacità di gestione di ordini importanti in tempi stretti, ma anche di qualità. La pandemia ha insegnato che i ritardi nella produzioni dipendono anche da una delocalizzazione esasperata. E in alcuni settore, dall’alimentare all’abbigliamento-tessile, dal farmaceutico alle apparecchiature elettroniche, dalla produzione di mezzi di trasporto e di macchine agricole al comparto green-ambiente, hanno spinto sull’acceleratore dei rientri in patria. 

LO SPRINT

Dunque, dietro lo scatto della manifattura italiana c’è lo sforzo verso la riscoperta della produzione in casa, insieme alla forza della domanda interna e alla minore esposizione alla crisi globale delle materie prime, dicono gli economisti di Confindustria.

L’Italia «ha recuperato sensibilmente i volumi di attività già nei mesi estivi dello scorso anno, ed è poi tornata, dal secondo trimestre 2021, stabilmente sui livelli di fine 2019», evidenzia il rapporto. Così  si è di colpo ritrovata da “inseguitrice” delle altre grandi economie dell’Eurozona, a traino della ripresa dei volumi prodotti nell’area. La tenuta della capacità produttiva in Italia, sostenuta anche dai prestiti garantiti dallo Stato (il nuovo debito netto contratto dalle imprese manifatturiere italiane nel 2020 è stato pari a 4,1 punti di fatturato, rispetto ad appena 0,3 punti nel 2019), ha scongiurato una forte ondata di chiusure ed evitato così pesanti ricadute negative sul fronte dell’occupazione. Alla fine del secondo trimestre 2021 le ore complessivamente lavorate nell’industria risultavano sotto i livelli pre-pandemici del 4,2% rispetto allo stesso periodo del 2019, gli occupati dell’1,1%. E per la seconda parte dell’anno, avverte il rapporto, le attese delle imprese manifatturiere sul fronte della domanda di lavoro restano positive. 

Va poi aggiunto che la dinamica della componente interna della domanda è stata alimentata alle misure governative di sostegno ai redditi di lavoro e di stimolo alla spesa. Un buon catalizzatore che ben si è combinato con il basso grado di esposizione delle imprese manifatturiere italiane alle strozzature che stanno affliggendo le catene globali del valore. Solo il 15,4% ha lamentato vincoli di offerta alla produzione per mancanza di materiali o insufficienza di impianti, contro il 44,3% della media europea o il 78,1% della Germania.

Infine, in tema di sostenibilità ambientale la manifattura italiana si conferma, anche nel 2020, tra le più virtuose al mondo in termini di ridotte emissioni, insieme a quella tedesca e francese.
A questa fotografia plaude il ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini che, intervenendo alla presentazione del rapporto, ha sottolineato la necessità di pensare anche oltre l’orizzonte del Pnrr. «Perseguiamo l’idea che nei prossimi 10 anni il rapporto tra gli investimenti e il Pil sia stabilmente oltre 3%, cosa che non registriamo dal 2008, cioè da prima delle crisi finanziarie».
 

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