Roma, Imu non dovuta sulla casa del coniuge: lo spettro dei rimborsi da mezzo miliardo

L’effetto della sentenza della Corte dei Conti sui tributi per il primo alloggio

L'Imu non dovuta sulla casa del coniuge: lo spettro dei rimborsi da mezzo miliardo
L'Imu non dovuta sulla casa del coniuge: lo spettro dei rimborsi da mezzo miliardo
di Francesco Pacifico
Mercoledì 8 Febbraio 2023, 23:13 - Ultimo agg. 10 Febbraio, 09:16
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Al danno di minori introiti dall’Imu (circa 150 milioni di euro soltanto nel 2023) si rischia di aggiungere anche la beffa dei risarcimenti. Che secondo le parti sociali, Cgil in primis, potrebbero ammontare anche a mezzo miliardo di euro. Nuova tegola per il Campidoglio dopo la sentenza della Corte dei Conti che nell’ottobre scorso ha rimodulato sia il concetto di prima e seconda casa sia, di conseguenza, l’entità del tributo sugli immobili. Imposta che è una delle principali fonti di entrate dei Comuni. A Roma Capitale spiegano che «il rischio di ricorsi da parte dei cittadini c’è», ma non confermano la stima che invece ha fatto la Cgil, preferendo aspettare il versamento delle prossime scadenze per avere un quadro più chiaro della situazione. Detto questo, va avanti la trattativa con il governo insieme all’Anci per trovare una soluzione: se è complicata la strada normativa, una legge, per superare la sentenza, molto più probabile è ipotizzare uno stanziamento straordinario per salvare i bilanci delle amministrazioni, che con i soldi dell’Imu sistemano la viabilità o garantiscono servizi essenziali come la raccolta dei rifiuti o i trasporti. 

Roma, calano le entrate. Tagli per 245 milioni: parte l'appello al governo

Con la sentenza 2009 del 2022 la Consulta rimodula, per il pagamento dell’Imu, il concetto di dimora abituale per un singolo nucleo familiare.

Ha sentenziato che per «abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente». Di conseguenza se uno dei coniugi ha la residenza fuori Roma ma lavora nel suo territorio, può chiedere di considerare prima abitazione l’immobile che ha nella Capitale. E così essere esentato dalla tassa. Ma la decisione della Corte apre le porte anche per presentare ricorso per gli ultimi cinque anni di versamenti o rimette in giochi i contenziosi in atto. Il tema è stato al centro, martedì, del vertice tra il Comune e i sindacati per discutere del bilancio comunale e della riduzione della spesa corrente per 245 milioni di euro. Tagli inseriti nel documento di previsione e dovuti al minore gettito fiscale (non solo Imu, ma anche addizionale Irpef e contributo di soggiorno) seguito alla pandemia e all’aumento dell’energia. Racconta Natale Di Cola, segretario generale della Cgil Lazio: «Il sindaco Roberto Gualtieri ci ha assicurato massima attenzione per salvaguardare i servizi, dopo che gli abbiamo chiesto di non penalizzare sociale, scolarizzazione, decoro e contratti di servizio. Ma la coperta è corta. In quest’ottica abbiamo segnalato il rischio arrecato alle casse comunali dai ricorsi sull’Imu: siccome si possono presentare per gli ultimi cinque anni, abbiamo ipotizzato un esposto massimo di mezzo miliardo di euro, perché come si legge nella nota integrativa al bilancio di previsione è di circa 100 milioni all’anno l’effetto della sentenza. Una situazione che ci spingerà a chiedere un intervento normativo». Nel testo citato da Di Cola si legge che guardando ai soggetti e alle case che «soddisfano i requisiti di coincidenza tra residenza anagrafica del possessore e indirizzo dell’immobile», e a fronte «di un computo medio di 1300 euro» si può ipotizzare un mancato introito annuo di 92 milioni euro, «importo non comprensivo del mancato gettito sulle ipotetiche pertinenze associate».

 

NUOVI FONDI

Adesso c’è da capire in quanti presenteranno ricorso. Ma buone notizie per il Campidoglio arrivano dal Milleproroghe in discussione al Senato, dove è stato approvato un emendamento dei senatori Andrea De Priamo (FdI) e Beatrice Lorenzin (Pd) per prorogare da 48 a 60 mesi il pagamento dei debiti pregressi di Roma Capitale. Riguardo ai tempi già previsti dal commissariamento, si estende, «il termine per presentare istanze di liquidazione dei crediti contratti a qualsiasi in data antecedente al 28 aprile del 2008». Questo consente al Campidoglio di risparmiare e di rimandare le vecchie pendenze a condizioni migliori. Rinviato al collegato al decreto Pnrr invece l’emendamento, sempre presentato da De Priamo, per utilizzare sulla spesa corrente 120 milioni di euro di fondi per gli investimenti.
 

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