Auto, verso nuovi incentivi ai prodotti made in Italy. Arriva la riforma degli aiuti

Ad annunciare nuovi sostegni sull'auto è stato il ministro del Made in Italy Adolfo Urso parlando ieri alla presentazione del rapporto di Federmanager e Aiee

Auto, verso nuovi incentivi ai prodotti made in Italy. Arriva la riforma degli aiuti
Auto, verso nuovi incentivi ai prodotti made in Italy. Arriva la riforma degli aiuti
di Andrea Bassi
Venerdì 24 Febbraio 2023, 06:19 - Ultimo agg. 25 Febbraio, 09:04
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L'Italia vuole difendere la produzione nazionale di auto. E per farlo valuta la possibilità di introdurre incentivi. Aiuti che, intanto, saranno razionalizzati grazie all'approvazione in consiglio dei ministri di una riforma complessiva, un nuovo codice, dei sostegni alle imprese. Ad annunciare nuovi sostegni sull'auto è stato il ministro del Made in Italy Adolfo Urso parlando ieri alla presentazione del rapporto di Federmanager e Aiee (l'associazione degli economisti dell'energia) sugli impatti in Italia sul settore, del piano europeo che impone il divieto dal 2035 di produrre vetture a diesel e benzina. Il governo sta valutando, ha spiegato Urso, «come, da subito, realizzare degli incentivi che in qualche misura incentivino la produzione nazionale di autovetture». Con Stellantis, l'ex gruppo Fiat, è già aperto un tavolo al ministero che si è riunito nei giorni scorsi. Urso ha già sollevato una questione. «La maggior parte degli incentivi», ha spiegato ieri, «sono andati a macchine Stellantis, ma soprattutto a macchine Stellantis realizzate all'estero». Dunque va trovato il modo di indirizzare le risorse verso le produzioni nazionali. Sul fronte elettrico, per esempio, quest'anno il gruppo dovrebbe lanciare un city car elettrica, la Topolino, che però verrebbe prodotta in Marocco sulla piattaforma della "cugina" Citroen Ami. Punti insomma, sui quali, sarà necessario un confronto. Comunque sia, ha spiegato ancora il ministro del Made in Italy, nonostante gli aiuti la vendita di auto elettriche in Italia non è decollata. Gli incentivi, ha detto, «sono rimasti inutilizzati», perché il costo delle e-car è ancora troppo alto e «se le possono permettere in pochi». Ma a preoccupare il governo sono soprattutto gli impatti della direttiva europea che vieta dal 2035 la vendita di auto a benzina e diesel. Il rapporto presentato ieri da Federmanager e Aiee, stima un crollo degli investimenti in dieci anni per il passaggio all'elettrico del 25 per cento. Solo nella componentistica, uno dei settori chiave dell'industria italiana, ci sono a rischio 500 imprese che danno occupazione a 60 mila persone. L'Italia, spiega il rapporto, è il Paese più penalizzato tra le nazioni europee produttrici di componenti in termini di posti di lavoro. Tuttavia, secondo Urso, «per la prima volta nel Parlamento europeo si è manifestata una forte e sempre più significativa opposizione alla politica ideologica della Commissione». Insomma, al voto sulla direttiva non c'è stata «quella maggioranza bulgara come accadeva negli anni precedenti».

IL PASSAGGIO

Il governo guarda alla verifica intermedia sulla direttiva prevista per il 2026.

Una finestra di opportunità che potrebbe permettere di ammorbidire l'atterraggio verso le emissioni zero. «Su due dossier, quello sull'euro 7 e quello sulla CO2, cioè sui veicoli pesanti», ha spiegato Urso, «non daremo tregua». A fare cambiamenti, ha rassicurato il ministro, sarà «la prossima Commissione, perché nel 2024 si vota e questa sempre più larga opposizione ad una visione ideologica probabilmente diventerà maggioranza». Sono temi insomma, ha aggiunto Urso, che nella verifica del 2026 potranno essere affrontati «in un contesto politico-istituzionale ben diverso da quello attuale». Intanto ieri il consiglio dei ministri ha approvato anche la delega per la riforma degli incentivi alle imprese. L'intenzione è arrivare alla razionalizzazione del numero imponente di misure agevolative (una "giungla" le ha definite Urso), prive di sistematicità o di un raccordo, oggi dirette alle imprese: 1.982 interventi agevolativi, di cui 229 delle amministrazioni centrali e 1.753 delle amministrazioni regionali. Lo scopo finale è concentrare le risorse senza più una logica di interventi a pioggia in modo anche da rispondere all'Inflaction reduction act americano.

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