Incentivi, verso il riordino per le imprese del Sud

Incentivi, verso il riordino per le imprese del Sud
di Nando Santonastaso
Mercoledì 22 Settembre 2021, 07:48 - Ultimo agg. 23 Settembre, 09:58
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Il riordino si farà, la semplificazione (forse) pure. Ma come cambieranno realmente gli incentivi nazionali alle imprese, soprattutto in chiave Mezzogiorno, non è ancora chiaro. In base al cronoprogramma del Pnrr il governo dovrebbe sottoporre al Parlamento la propria idea al riguardo (un disegno di legge la strada prevista) entro il 30 settembre prossimo. Ma le intenzioni restano al momento racchiuse in un concetto piuttosto generico, e cioè «una particolare attenzione alle attività economiche ubicate nel Mezzogiorno d'Italia» come si legge testualmente nel Piano di ripresa e resilienza. Nessun dubbio sul fatto che negli ultimi anni, e segnatamente dal 2015, è stato il Centro-Nord a fare man bassa delle risorse previste dalle ben 1.252 agevolazioni del sistema nazionale di incentivazione, comprese quelle ormai soppresse o non più attive ma che continuano ad erogare risorse a completamento delle concessioni pregresse (lo ha ricordato il presidente della Fondazione Mezzogiorno Antonio D'Amato nell'incontro all'Unione industriali di Napoli con il ministro Giorgetti).

LO SQUILIBRIO
Nell'ultima relazione del ministero dello Sviluppo economico si legge infatti che dei 4,9 miliardi di euro all'anno concessi mediamente alle imprese nel periodo 2014-2019, 2,8 miliardi sono andati al Centro-Nord (56%) e 1,8 miliardi al Mezzogiorno (36,1%), mentre i restanti 0,4 miliardi (7,8%) ad agevolazioni multi-localizzate (o non precisamente localizzabili). Inoltre, dei 17,5 miliardi di investimenti agevolati l'anno, quasi 14 miliardi sono arrivati nel Centro-Nord (79,7%) e 2,9 miliardi nel Mezzogiorno (16,6%), con 0,7 miliardi (3,7%) multi-localizzato. È un dato quest'ultimo che dà la misura delle preoccupazioni degli imprenditori del Sud, al netto della quota di agevolazioni concesse ed erogate nel Mezzogiorno: l'80% di investimenti agevolati al Centro-Nord fa riflettere e non c'entra solo, come sottolinea Confindustria, che gli investimenti agevolati nel Mezzogiorno beneficiano di intensità di aiuto maggiori.
Il dato più allarmante in realtà è che «il funzionamento del sistema di incentivazione non sembra coerente con un obiettivo di incremento degli investimenti nel Mezzogiorno.

Una conferma di questo risultato è offerta dall'incidenza degli investimenti agevolati sul Pil che tra il 2014-19 risulta mediamente dell'1% a livello nazionale, ma dell'1,1% nel Centro-Nord e dello 0,8% nel Mezzogiorno».

È il cuore del problema. La convergenza per il Mezzogiorno e dunque la possibilità per quest'area di attrarre investimenti risultano ancora tutte in salita, al contrario di quanto è previsto dalla politica d Coesione. Il Pnrr prende atto, per la verità, del problema riconoscendo che negli ultimi anni si è consolidata una sorta di prassi che da un lato complica eccessivamente l'accesso amministrativo agli incentivi (e al Sud, è noto, la struttura amministrativa è di gran lunga più debole); e dall'altro non assegna al ministro per il Sud una competenza praticamente esclusiva all'interno del governo, anche quando le agevolazioni riguardano solo il Mezzogiorno.
 

LE RICHIESTE
Due punti che le imprese meridionali condividono e ai quali aggiungono operativamente altrettante richieste già peraltro formalizzate al governo: la possibilità di cessione del credito d'imposta ad altri soggetti privati, ad esempio fornitori o creditori o intermediari, per accrescere la liquidità dell'impresa stessa (per inciso va ricordato che il credito d'imposta Mezzogiorno funziona benissimo: nel periodo 2017-2020 sono maturati circa 6,2 miliardi di crediti che hanno attivato investimenti di 16,4 miliardi, di cui 2,5 miliardi effettivamente fruiti dalle imprese beneficiarie); e il rafforzamento dei contratti di sviluppo, come sostenuto dallo stesso D'Amato l'altro pomeriggio.

Di sicuro, la giungla degli incentivi, sul piano burocratico e territoriale, è troppo vistosa per non dover essere riequilibrata e non solo sul versante Mezzogiorno. C'è chi dice ad esempio che tra le novità della riforma potrebbe rientrare anche la nuova Sabatini, una delle norme più care alle imprese (si penserebbe di ripristinare il rimborso del contributo in conto interessi su più esercizi finanziari anziché in un'unica soluzione com'è adesso). Ma dubbi arrivano anche a proposito degli incentivi sull'occupazione dei giovani: a giugno, l'Inps ha spiegato che solo il 19% delle nuove assunzioni tra fine 2019 e primo trimestre 2021 era legato alle incentivazioni contro il 61% delle variazioni di contratto incentivate. Su un totale di 725.592 nuovi posti di lavoro legati a incentivi alle assunzioni, la parte del leone l'ha fatta l'apprendistato, con oltre 273mila contatti nuovi. Solo 190mila quelli prodotti dalla Decontribuzione Sud.

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