L'inflazione aggredisce famiglie a basso reddito

L'inflazione aggredisce famiglie a basso reddito
di Marco Esposito
Sabato 16 Luglio 2022, 08:05 - Ultimo agg. 13:50
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No. L'inflazione non è uguale per tutti. E quella che era soltanto una sensazione, adesso è frutto di un'analisi scientifica dell'Istat. Se i prezzi sono aumentati, per l'indice generale della spesa dei consumatori, dell'8% in un anno, in realtà una famiglia a basso reddito deve fronteggiare un rincaro del 10% e una famiglia agiata del 6%. La media fa sempre 8% però è una media che somiglia al pollo di Trilussa: c'è chi lo mangia tutto e chi per nulla ma in media hanno mangiato mezzo pollo a testa.

Com'è possibile che l'indice dei prezzi sia così differenziato se bollette e carburanti sono aumentati per tutti? Per dare una risposta non a spanne l'Istat ha per prima cosa reso i 25,7 milioni di famiglie tutte paragonabili tra loro indipendentemente dal numero di componenti, tenendo conto cioè di spese che si dividono tra i conviventi (come quelle per l'abitazione) e altre che sono prevalentemente individuali (come l'abbigliamento). Con il secondo passaggio ha messo (virtualmente) tutti i 25 e più milioni di famiglie italiane in fila, da quella che spende più di tutti a quella che ha la spesa più bassa.

Poi ha diviso la fila in cinque parti uguali, ciascuna quindi di poco più di 5 milioni di famiglie. Solo a questo punto è stato effettuato il confronto, mettendo a paragone il paniere della spesa dei 5 milioni di famiglie con maggiore capacità d'acquisto e dei 5 milioni di famiglie che tirano la cinghia.

La voce della spesa che cresce più in fretta in questi mesi drammatici, lo sappiamo tutti, è quella dell'energia, tra bollette di gas e luce e costo dei carburanti. Nel loro insieme, l'aumento a giugno 2022 è del 49,1% a giugno 2022 rispetto a giugno 2021. Cioè quello che costava 100 euro un anno fa adesso costa 149,1 euro.

L'aumento è per tutti, chiaro, perché non esiste una bolletta della luce per ricchi che li metta al riparo dei rincari. Però i ricchi spendono talmente tanto in altre cose (servizi, svaghi, ristoranti) che alla fine la spesa per beni energetici è di appena 6,70 euro ogni 100. Sul loro paniere.

Le famiglie a basso reddito invece, quelle che tirano la cinghia, non vanno in vacanza né al ristorante e quindi la bolletta energetica in tutte le sue forme succhia una fetta più ampia del borsellino: 14,60 euro ogni 100 di spesa. Cioè, in proporzione alle proprie capacità di spesa, i poveri spendono in energia esattamente il doppio dei ricchi. E quindi si caricano sulle spalle la gran parte dell'incremento dei prezzi. Un effetto, misurato con precisione dall'Istituto di statistica, di cui si dovrà tenere conto nel bilanciare le misure di sostegno. L'Istat invece non dice nulla, in questo rapporto, sulla distribuzione territoriale di quei 5 milioni di famiglie con minore capacità di spesa. Ma, da altri rapporti sulle abitudini familiari, è noto che le fasce meno agiate vivono soprattutto nel Mezzogiorno.

Quanto durerà la fiammata inflazionistica aggressiva verso i poveri? Non a lungo, perché i prodotti energetici hanno la caratteristica di contagiare tutti i beni e servizi e quindi nei prossimi mesi - al netto di nuove o più gravi crisi internazionali - gli indici dei prezzi tenderanno ad allinearsi per tutti i comparti. Il differenziale legato alle diverse caratteristiche del paniere si attenuerà. Ma per le fasce più povere emergerà un altro problema: la difficoltà di adeguare i redditi. Infatti chi ha una condizione sociale agiata in genere può beneficiare di redditi di diversa natura (per esempio sia proventi da affitti, sia parcelle professionali, entrambi con possibilità di essere ritoccati all'insù) mentre una famiglia con un solo reddito da pensione o magari da precario non ha modo di incrementarne l'importo. Del resto con l'inflazione che si avvicina alle due cifre si torna agli anni Ottanta, ovvero un periodo che ormai ricorda bene soltanto un italiano su tre. E convivere con l'inflazione alta non è facile perché costringe continuamente a rivedere le proprie scelte, soprattutto nell'acquisto, magari a rate, di beni di importo rilevante.



Secondo il report diffuso ieri dall'Istat, giugno ha visto salire l'inflazione su base annua all'8%, contro il 6,8% di maggio. Era dal gennaio del 1986, quando il balzo fu dell'8,2%, che non si toccava una vetta simile. Anche il Pil viaggia sulle montagne russe: Bankitalia ha rivisto al rialzo la previsione di quest'anno al più 3,2%, contro il 2,6% pronosticato un mese fa, ma in caso di uno stop al gas russo ci sarebbe l'anno prossimo una recessione del 2%. L'inflazione raggiungerebbe secondo Bankitalia il 9,3 per cento nel 2022 e rimarrebbe elevata anche nel 2023, al 7,4%, per scendere marcatamente solo nel 2024. Per l'Istat l'ulteriore accelerazione dell'inflazione si deve come si è detto soprattutto ai prezzi dei beni energetici, la cui crescita su base tendenziale passa dal +42,6% di maggio al +48,7% di giugno, e in particolare degli energetici non regolamentati, balzati da +32,9% a +39,9%. I prezzi dei beni energetici regolamentati continuano a registrare una crescita molto elevata ma stabile (+64,3%). Fari puntati anche sui beni alimentari, lavorati (da +6,6% a +8,1%) e non lavorati (da +7,9% a +9,6%). I servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona sono passati da +4,4% a +5%. I servizi relativi ai trasporti da +6% a +7,2%. L'inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +3,2% a +3,8% e quella al netto dei soli beni energetici passa da +3,6% a +4,2%. «Le tensioni inflazionistiche - sottolinea l'Istat - continuano a propagarsi dai beni energetici agli altri comparti merceologici, nell'ambito sia dei beni sia dei servizi».
 

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