Inflazione record a 8,4%, allarme prezzi: rischio contrazione consumi

Inflazione record a 8,4%, allarme prezzi: rischio contrazione consumi
Inflazione record a 8,4%, allarme prezzi: rischio contrazione consumi
di Luca Cifoni
Giovedì 1 Settembre 2022, 00:17 - Ultimo agg. 11:33
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Ancora numeri da record per l’inflazione. Accompagnati da un allarme sempre più forte per i possibili impatti sulla spesa delle famiglie, oltre che sulle attività produttive in sé. Ad agosto l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività ha fatto segnare un aumento dello 0,8 per cento rispetto a luglio e dell’8,4 su base annua. Si tratta di un’accelerazione rispetto a un mese fa, quando l’incremento su base annuale era stato del 7,9 per cento. Ancora una volta a spingere i prezzi verso l’alto sono i beni energetici (la crescita è del 44,9 per cento) ma si fanno sentire anche gli alimentari che raggiungono la doppia cifra. Rallentano invece i trasporti. Nel suo comunicato, l’istituto di statistica elenca i nuovi massimi storici toccati. Per l’indice generale un incremento di questa portata non si registrava dal dicembre 1985 (quando fu pari a +8,8%). Accelerano poi anche l’inflazione al netto degli energetici e degli alimentari freschi (+4,4%, non era così da maggio 1996 quando fu +4,7%), quella al netto dei soli beni energetici (+4,9%, livello non raggiunto da aprile 1996) e la crescita dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa (+9,7%, un aumento che non si osservava da giugno 1984).

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IL FENOMENO


Non si tratta naturalmente di un fenomeno solo italiano. Ieri sono usciti anche i dati di Eurostat relativi agli altri Paesi europei, che comprendono una misurazione dell’inflazione leggermente diversa: l’indice armonizzato Ipca, diverso perché tiene conto ad esempio anche delle riduzioni temporanee di prezzo, ovvero dei saldi. Nel caso del nostro Paese, la corsa dei prezzi misurata con questo criterio ha toccato il 9 per cento, valore appena al di sotto di quello complessivo dell’area dell’euro. Ma è andata ancora peggio in altri Paesi: i baltici sono sopra il 20, l’Olanda si avvicina al 14, la Spagna supera la doppia cifra. La Germania è appena al di sotto del livello medio (8,8%) mentre la Francia riesce a contenere l’aumento in un 6,5 per cento annuo, che riflette anche la maggiore disponibilità di energia legata alle centrali nucleari.

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RECESSIONE IN VISTA


Il punto naturalmente è quanto potrà durare una tendenza di questo tipo. Le banche centrali su entrambe le sponde dell’oceano sembrano decise a contrastare l’inflazione con tutti i mezzi, anche a costo di favorire una recessione che ormai viene data praticamente per scontata. La preoccupazione è evitare uno scenario come quello degli anni Settanta, scongiurando in particolare l’avvio di una rincorsa tra prezzi e salari. Intanto però i governi devono fare fronte all’esigenza di compensare famiglie e imprese. Uno sforzo destinato a proseguire nei prossimi mesi.
La preoccupazione, oltre che per il possibile fermo di una serie di attività a partire da quelle che assorbono una maggiore quantità di gas e di energia elettrica, è anche per l’effetto sui consumi: finora è stato tutto sommato limitato persino per quanto riguarda i carburanti e le altre voci energetiche.

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LO SCENARIO


Secondo Confesercenti, la corsa dell’inflazione unita al caro bollette «rischia di produrre un pesante effetto domino sui consumi delle famiglie e sul Pil»: senza un’inversione di tendenza, avverte, l’aumento di prezzi e utenze «porterà nei prossimi due anni ad una minore spesa di 34 miliardi, oltre 1.300 euro in meno a famiglia». Lo scenario si riflette ormai su tutto il sistema produttivo, sottolinea Confcommercio: la tendenza al rialzo dei prezzi «non mostra credibili segnali di rallentamento» e di questo passo «il 2022 si chiuderebbe con un’inflazione media prossima al 7,5%». In realtà la Banca d’Italia nelle scorse settimane ha ipotizzato un valore ancora più alto e vicino all’8 per cento. Per il momento l’inflazione acquisita per il 2022, ovvero quella che si otterrebbe ipotizzando una variazione nulla nella restante parte dell’anno, è pari a +7%. È chiaro però che la variazione nei prossimi mesi non sarà nulla.

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