Inflazione Italia, impennata dei prezzi: l'allarme globale rischia di frenare la ripresa

Inflazione Italia, impennata dei prezzi: l'allarme globale rischia di frenare la ripresa
di Nando Santonastaso
Venerdì 11 Giugno 2021, 14:00
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C'è chi, come Nicola Giorgio Pino, patron del Gruppo Proma, leader nella componentistica aiuto, paga già da alcuni mesi 400 euro in più per ogni tonnellata di acciaio acquistata. È passato da 500 euro a 900: e siccome in un anno compra circa 120mila tonnellate, il rincaro rischia di costargli qualcosa come 48 milioni di euro. E c'è chi, come l'Ufficio studi di Confartigianato, calcola in 3,2 miliardi l'impatto del maggiore costo di materie prime sulle 69mila micro e piccole imprese del solo settore dei prodotti in metallo. Con l'aggravante, se così si può dire, che a mandare all'aria i costi delle aziende, dal preventivo alle consegne, non sono solo i Paesi produttori, Usa e Cina in testa, ma anche gli emergenti. Ma da qualche tempo non c'è ormai settore o categoria produttiva, in Italia e in Europa, che non abbia accusato contraccolpi pesanti e in parte inattesi dalla crescita inesorabile di ciò che occorre per produrre auto, macchine utensili, barattoli per le conserve, rivestimenti per imballaggi e chi più ne ha più ne metta, fino al petrolio e alla benzina che a questo tipo di feste (si fa per dire) non mancano mai. Persino i mangimi per animali oggi costano di più: in Sardegna, secondo quanto sostenuto da Coldiretti, la crescita delle quotazioni di soia, orzo e mais tra i 60% e il 45% ha fatto schizzare su di circa il 30% il costo dell'alimentazione animale che in Italia era già superiore alla media europea.

Rincara ormai di tutto, dall'acciaio al legno, dalle materie plastiche ai materiali più utilizzati in edilizia.

C'entra la ripresa post pandemia che spinge all'inflazione e dunque al rialzo dei prezzi delle materie prime, strozzando i tempi delle forniture e facendo lievitare di conseguenza i costi. Ma dietro questa tendenza ci sarebbero anche altre motivazioni, a partire dalle conseguenze ad esempio del blocco del Canale di Suez che ha frenato i rifornimenti lungo le più battute rotte commerciali marittime e provocato, inevitabilmente, aumenti dei noli dei container e dei tempi di consegna. «E meno male che il problema riguarda tutto il mondo, così almeno una soluzione per tutti si dovrà comunque trovare» prova a guardare il bicchiere mezzo pieno Nicola Giorgio Pino. Ma non tutti si sforzano di essere ottimisti: un rivenditore di motorini elettrici di un noto marchio cinese ad Amsterdam ha detto di essere costretto ad applicare un incremento di 100 euro sul prezzo di listino di ogni modello (parliamo di motorini dai 1.900 ai 4.500 euro) a causa della carenza di container e del conseguente aumento dei costi di spedizione dalla Cina all'Europa. 

Quanto dureranno queste fiammate di prezzi e quanto incideranno sull'aumento dell'inflazione sono solo alcune delle domande più ricorrenti di queste ore. E se le Banche centrali, Bce in testa, assicurano che si tratta di fenomeni temporanei e dunque da non enfatizzare, e comunque da valutare con più attenzione nella seconda parte dell'anno, non sono pochi quelli che si preoccupano già adesso. Quelli che, per essere chiari, danno già per certo ora un aumento al consumatore dei prezzi dei beni di più largo consumo, alimentari in testa, a partire dal prossimo autunno. Gli economisti non si sbilanciano, le categorie più esposte sì. Come quella dei costruttori edili che parla di aumento senza precedenti dei costi delle materie prime nel periodo più sbagliato possibile: «Con un rincaro del 130% dell'acciaio, del 40% dei polietileni, del 17% del rame e del 34% del petrolio e dei suoi derivati, con la conseguente difficoltà di approvvigionamento, tanti cantieri rischiano di bloccarsi con gravi ripercussioni economiche e sociali» ha scritto l'Ance al governo, esprimendo tutte le sue preoccupazioni per l'imminente attuazione del Pnrr.

Intanto nella classifica dei rincari spiccano quelli dei prezzi di notebook, tv e smartphone, determinati dalla crisi di rifornimento dei microchip che ha messo nei guai anche l'industria automobilistica. La Cina e gli Usa in particolare stanno investendo tantissimo per il rilancio delle rispettive economie dopo l'emergenza Covid-19 e le abituali forniture ai clienti di tutto il mondo sono rallentate tantissimo. La classifica è dominata dal 33,1% di aumento di prezzo delle stampanti multifunzione, seguite (come riporta Businessinsider) da router (+29,2%), tv (+27,8%), fotocamere digitali (+14,1%), fino a cellulari e smartphone (+8,1%) e alle smart tv (+2,5%). Ma osservando il Bloomberg Commodity Spot Index, un indice che misura i prezzi di 23 materie prime, dal petrolio al mais, al caffè, si scopre che è arrivato ai suoi massimi dal 2011, crescendo del 70% da marzo 2020 quando era sceso ai minimi da quattro anni a causa dello scoppio della pandemia. 

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L'allarme è globale e stride decisamente con le prime previsioni di ripresa su base annuale, come ha spiegato proprio ieri Federmeccanica: i volumi di produzione sono cresciuti nel primo trimestre del 15%, ma la grossa criticità rappresentata dall'aumento delle materie prime potrebbe incidere sul futuro di circa il 15% delle imprese, fino al blocco della produzione. Una sorta di tempesta perfetta se si considerano anche le perduranti difficoltà di assumere personale competente: strano a dirsi dopo tanti mesi di stop, ma la ripresa vista attraverso questi parametri fa quasi paura. 

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