Infrastrutture al Sud: cambia per la terza volta il fondo da 4,6 miliardi

Infrastrutture al Sud: cambia per la terza volta il fondo da 4,6 miliardi
di Marco Esposito
Mercoledì 21 Luglio 2021, 08:08 - Ultimo agg. 18:05
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E tre. Dopo vent'anni di inazione, per tre volte in sette mesi cambia la legge sulla perequazione infrastrutturale. Introdotta nella Costituzione del 2001, la perequazione infrastrutturale serve a mettere tutti i territori nelle medesime condizioni di partenza. Un ottimo principio che, per diventare operativo, prevede dal 2009 una Ricognizione a cura del governo, mai partita. A gennaio 2021 nella legge di Bilancio finalmente era stata introdotta una scadenza per la Ricognizione: il 30 giugno 2021. Ed era stato anche assegnato un fondo, pari a 4,6 miliardi diluiti dal 2022 al 2033. Ma a un mese dalla scadenza, a fine maggio, il decreto Semplificazioni era intervenuto per cambiare le regole della Ricognizione, spostando il termine al 30 novembre. La semplificazione però era apparsa da subito una complicazione, per il moltiplicarsi dei soggetti anche locali coinvolti. Inoltre alcuni criteri individuati mettevano a forte rischio le prospettive nelle aree con meno attività produttive, come le zone interne. Da qui il ripensamento della Camera che ieri ha cancellato la riforma del governo tornando in pratica al testo di gennaio, ma con la scadenza rinviata dal 30 giugno, ormai alle spalle, al prossimo 31 dicembre. 

Finisce qui? No. Perché la legge appena approvata dispone una quarta modifica. Nel testo dell'emendamento approvato, a prima firma Stefania Pezzopane, si legge infatti: «Nelle more di una ridefinizione, semplificazione e razionalizzazione del procedimento finalizzato alla perequazione infrastrutturale di cui all'articolo 22 della legge 5 maggio 2009 n. 42, il termine del 30 giugno 2021 previsto dall'articolo 1, comma 815 della legge 30 dicembre 2020 n. 178 è prorogato al 31 dicembre 2021».

Quindi la perequazione infrastrutturale va cambiata e semplificata, ma in modo diverso da come aveva previsto il governo. 

I punti critici della riforma cancellata dalla Camera erano in sostanza due. Il primo è il numero di soggetti coinvolti nella ricognizione, che con il decreto semplificazione si allargavano dal solo governo anche agli «enti territoriali, nonché gli altri soggetti pubblici e privati competenti», ovvero un numero pressocché illimitato di ricognitori. Il secondo riguarda uno dei parametri per valutare dove realizzare le infrastrutture e cioè «la densità della popolazione e delle attività produttive». Un principio fortemente punitivo per le aree interne, a bassa densità di popolazione, e per le aree con scarsi insediamenti produttivi. In base a tale criterio in pratica si ribalta la causa con l'effetto: nelle zone con poche attività produttive dovute alle carenti infrastrutture - che caratterizzano il Mezzogiorno - si stabilisce che vanno realizzate meno infrastrutture, tanto le aree sono poco produttive e in via di spopolamento.

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Il passo falso quindi è evitato anche se resta l'incognita sul come sarà effettuata la ricognizione, visto che la legge obbliga il governo a rivedere i criteri del 2009. Nulla cambia invece sul fondo, che resta quello di 4,6 miliardi complessivi, spalmati in 12 anni. Un po' enfaticamente, però, ieri alcuni parlamentari hanno parlato di fondo salvato. «Il fondo perequativo infrastrutturale previsto dalla legge di bilancio 2021 e dotato di 4,6 miliardi di euro da spendere in 5 anni, è salvo», ha scritto in una nota la deputata aquilana Pezzopane, confondendosi sulla tempistica del fondo. «Un articolo del decreto Semplificazioni approvato dal governo - ricostruisce la parlamentare - metteva in discussione la scelta strategica in favore delle aree interne. Grazie a un mio emendamento approvato il fondo di 4 miliardi e 600 milioni è stato ripristinato». In realtà non era mai stato cancellato. «Era un errore del governo - conclude Pezzopane - che con i colleghi del Gruppo Pd ho voluto coraggiosamente porre, affrontare e risolvere». Secondo il vicecapogruppo di Forza Italia Paolo Russo, però, una prima versione dell'emendamento avrebbe semplicemente soppresso l'articolo 59 del decreto Semplificazioni, con il rischio di far sparire il fondo da 4,6 miliardi introdotto con la legge di Bilancio, dopo un accordo all'unanimità con le Regioni caldeggiato dall'ex ministro Francesco Boccia. In ogni caso, nell'avverbio «coraggiosamente» c'è la ricostruzione di una battaglia difficile, perché il governo era convinto della propria riforma, battaglia parlamentare vinta grazie a un'ampia raccolta di firme (compresa quella di Russo) tra quasi tutti i gruppi politici, con alla fine una cinquantina di sottoscrittori. 

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