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GIORGIA MELONI

Irpef, cambiano le aliquote. Il viceministro Leo: «Taglio netto anche alle sanzioni fiscali»

«Sarà un approdo graduale verso la flat tax. E le sanzioni fiscali vanno ridotte alla media Ue»

Irpef, cambiano le aliquote. Il viceministro Leo: «Taglio netto anche alle sanzioni fiscali»
Irpef, cambiano le aliquote. Il viceministro Leo: «Taglio netto anche alle sanzioni fiscali»
di Andrea Bassi
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 27 Novembre 2022, 00:26 - Ultimo agg. : 28 Novembre, 12:02
5 Minuti di Lettura

La prima manovra del governo Meloni sta per arrivare in Parlamento. Il cuore fiscale del provvedimento sono la flat tax per gli autonomi portata a 85 mila euro di reddito e l’introduzione di una tassa piatta anche per gli incrementi di reddito delle partite Iva. E poi la “tregua fiscale”. Misure tutte pensate e disegnate da Maurizio Leo, viceministro dell’Economia con delega alle Finanze, plenipotenziario per tutte le questioni fiscali del governo Meloni. «Mi faccia dire subito una cosa - premette Leo al Messaggero - non è vero, come qualcuno sostiene, che si vuole privilegiare il lavoro autonomo rispetto ai dipendenti».

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Viceministro, può spiegare nel dettaglio come funziona?
«Sulla riduzione del carico fiscale siamo intervenuti su due comparti. Per gli autonomi con l’innalzamento a 85 mila euro del tetto della flat tax, nel rispetto delle direttive comunitarie. Per i lavoratori dipendenti abbiamo adottato diverse misure: abbiamo elevato il tetto da 600 euro a 3 mila euro della detassazione dei fringe benefit. Con la manovra abbiamo inoltre ridotto la tassazione dal 10 al 5% sui premi di produttività e rafforzato il taglio del cuneo contributivo sui redditi più bassi».

Ciò sarà sufficiente a mantenere l’equità del sistema?
«L’equità va valutata nel complesso, non solo sul lato fiscale. Va tenuto conto del carico contributivo. Il vostro giornale ha pubblicato uno studio di Eutekne che dimostra che, anche con la flat tax, il lavoro dipendente rimane vantaggioso rispetto al lavoro autonomo».

Perché tra i primi atti di questo governo è stata decisa una pace fiscale?
«Ci sono alcune ragioni alla base di questo intervento. A partire dalla difficoltà in cui cittadini e imprese si trovano in questo momento. Stanno uscendo dal periodo della pandemia che ha comportato una riduzione delle risorse finanziarie, devono pagare le imposte ordinarie e, in più, chi ha ricevuto prestiti e provvidenze per fronteggiare le emergenza, si trova adesso a doverle rimborsare. In più c’è l’inflazione. Ma c’è anche un altro aspetto importante».

Quale?
«Il meccanismo sanzionatorio tributario. È assolutamente fuori linea rispetto ai nostri partner europei e agli altri Paesi del mondo».

In che senso è fuori linea?
«Negli altri Paesi le sanzioni si attestano in media al 60% dell’imposta, noi arriviamo al 120% e in alcuni casi anche al 240%. Pensi al caso dell’Iva. Se un soggetto non ha dichiarato tutta l’imposta paga una doppia sanzione, omesso versamento e dichiarazione infedele. Si arriva a cifre elevatissime che poi rendono difficile sanare i conti con il Fisco».

La manovra prevede il pagamento di tutta l’imposta e un forfait del 5% per sanzioni e interessi. Non è forse poco?
«Quello della manovra è un intervento ponte introdotto per le ragioni che le ho detto, ossia fronteggiare le difficoltà finanziarie di imprese e famiglie in questa fase. Sottolineo che non c’è nessun condono sulle imposte non versate, che si pagano integralmente, e nessuna esimente penale, solo uno sconto su sanzioni e interessi e la possibilità di rateizzare i versamenti. Nella prossima delega fiscale interverremo in modo più strutturale».

In che modo la riforma cambierà il sistema sanzionatorio?
«Il sistema sanzionatorio va necessariamente rivisto, come ho detto va portato ai livelli degli altri Paesi. Oggi le sanzioni sono assolutamente sproporzionate e anche caotiche».

A proposito di riforma fiscale. Il governo Draghi aveva presentato una legge delega, poi decaduta, che prevedeva una riduzione delle aliquote Irpef e l’introduzione del sistema duale per distinguere redditi da lavoro da altri redditi. Quale sarà la filosofia della prossima riforma?
«Partiremo dalla delega Draghi, che però ha necessità di diversi miglioramenti».

Li può indicare?
«In alcuni punti non era neppure costruita come legge delega. Basti pensare all’Irap. Si diceva graduale superamento dell’Irap assicurando comunque il finanziamento della spesa sanitaria. Una formula troppo ampia senza precisi criteri direttivi».

Come dovrebbe essere invece la delega?
«Il mio obiettivo è prendere quello che c’era di buono in quel testo e dettagliarlo meglio con criteri più puntuali. C’è bisogno di un restyling completo, noi siamo fermi ancora alla riforma degli anni Settanta».

Sull’Irpef ci sarà un percorso verso la flat tax generale?
«La flat tax incrementale per gli autonomi e l’elevazione del tetto è il primo passaggio. Poi gradualmente e trovando le necessarie coperture, bisognerà andare verso un sistema a tre aliquote. Nel corso della legislatura vorremmo addolcire le aliquote per poi andare a un meccanismo flat, che però rispetti la progressività con meccanismi di detrazioni e deduzioni, senza metterci in contrasto con la Carta Costituzionale».

Le tre aliquote potrebbero essere 23, 27 e 43%?
«Vedremo».

L’obiezione che viene fatta dall’opposizione è che si tratta di un sistema che favorirebbe le fasce più ricche della popolazione. È davvero così?
«Con questi primi provvedimenti interveniamo sia sui lavoratori dipendenti, sia sui lavoratori autonomi. Quando parliamo di ricchi, parliamo di soggetti che non hanno redditi da lavoro. Sono coloro che hanno dividendi e capital gain su cui pagano il 26%, immobili abitativi affittati su cui si versa il 21% della cedolare secca. Su quest’ultima, tra l’altro, risorse permettendo, nella delega vorremmo intervenire per una equiparazione anche per gli immobili commerciali».

Nel superbonus per le villette è stato, per la prima volta, introdotto un meccanismo di quoziente familiare per calcolare il reddito per ottenere l’incentivo. Pensate di superare l’Isee nella riforma?
«Potrebbe essere una soluzione. L’Isee ha molti limiti. Il quoziente familiare, sull’esempio del sistema francese, tiene conto del reddito del nucleo come sommatoria di tutti i redditi applicando poi al denominatore dei coefficienti in base alla numerosità della famiglia. È un tema sul quale si potrà lavorare nella delega, anche tenendo conto che si tratta di un sistema più efficace nella spinta alla natalità, che è uno degli obiettivi strategici di questo governo».

Quando arriverà la delega?
«Finita la legge di Bilancio da metà gennaio ci metteremo mano. Penso che a metà febbraio saremo in grado di presentarla al Parlamento. Poi ci si dovrà lavorare alacremente, perché il mio obiettivo è portare a casa questa riforma entro breve tempo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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