Italiani sempre più in crisi, il rapporto Eurispes: il 43% usa i risparmi per arrivare a fine mese. E tra i giovani cresce il fenomeno Hikikomori

Italiani sempre più in crisi, il rapporto Eurispes: il 43% usa i risparmi per arrivare a fine mese. E tra i giovani cresce il fenomeno Hikikomori
Giovedì 26 Maggio 2022, 11:37 - Ultimo agg. 27 Maggio, 10:36
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Italiani disillusi e in crisi economica, spaventati dalla guerra e dalla crisi energetica. Giovani sempre più chiusi in se stessi e dipendenti da social e Internet. E' la fotografia dell'Italia nel 34esimo rapporto Eurispes 2022.

Il sondaggio, dove batte il cuore del Paese: il Quirinale, la Cei e Malagò

La guerra mondiale

L'84,3% degli italiani è preoccupato dalla possibilità di un conflitto mondiale, ma la crisi energetica preoccupa ancora di più (87,3%). L'emergenza sanitaria e le preoccupazioni legate alla salute turbano il 14,3% dei cittadini e il 7,4% teme la possibilità di ammalarsi. A rivelarlo è il 34/mo Rapporto Italia dell' Eurispes. Secondo i dati, l'83,2% degli italiani è preoccupato dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, mentre l'atteggiamento di alcuni Paesi come Cina, Brasile e India verso l'emergenza climatica è fonte di ansie per il 75,7%. Meno preoccupante sembra essere l'espansionismo economico della Cina.

Non si arriva a fine mese

La situazione economica generale del paese è peggiorata negli ultimi dodici mesi (59,1%) e continuerà a peggiorare nel prossimo anno (47%), mentre quasi la metà delle famiglie è costretta ad usare i risparmi per arrivare a fine mese. In dettaglio la condizione economica delle famiglie è rimasta stabile nell'ultimo anno nel 36,5% dei casi, mentre nel 39,4% è peggiorata. in pochi hanno riscontrato miglioramenti (12,3%). il 45,3% delle famiglie sono costrette ad utilizzare i risparmi per arrivare a fine mese e la capacità di risparmiare è diminuita (22,9%; -4,7%); mentre aumenta la difficoltà a pagare la rata del mutuo (43%; +4,8%). Circa una famiglia su quattro affronta con fatica le spese mediche (24,5%), e il pagamento delle utenze di gas, luce, ecc. (34,4%, +7,4% sul 2021). Il 35,7% (+7,2% rispetto al 2021) ha chiesto un sostegno finanziario alla propria famiglia oppure si è rivolto ad amici, colleghi o altri parenti (18,2%, +3,1%); ha chiesto un prestito bancario il 18% (+2,9%), mentre è molto più diffuso il ricorso alla rateizzazione dei pagamenti per effettuare acquisti, utilizzata da circa un italiano su tre (33,6%). L'11,1% del campione, non potendo accedere a finanziamenti bancari, ha richiesto prestiti a privati (non parenti o amici), pratica che spesso si traduce in forme di usura; il 14,4% ha dovuto vendere o ha perso dei beni (casa, attività, automobile, ecc.) e il 12,9% è tornato a vivere in casa con la famiglia di origine o con i suoceri (+2,9%). Chi avrebbe avuto bisogno di una/un badante per sé o per un proprio caro, vi ha rinunciato nel 31,6% dei casi e sono il 27,5% i genitori che hanno rinunciato all'aiuto di una/un baby sitter. tra quanti, studenti e lavoratori, hanno optato per il rientro nella propria regione a causa della pandemia, emerge che il 28,8% sono stati costretti a farlo per mancanza di lavoro.

Gli Hikikomori italiani

«In Italia prima della pandemia erano almeno 100-120mila gli hikikomori, in una fascia d'età compresa tra i 12 e i 23 anni. Negli ultimi anni si sta verificando un abbassamento dell'età media in cui avviene 'il ritirò. La pandemia, che ha costretto all'isolamento sociale e scolastico adolescenti e ragazzi per mesi, proprio in un'età in cui il rapporto con gli altri è formativo e fondamentale, ha generato degli effetti di cui si conteranno i danni negli anni a venire. Non si può, infatti, escludere un legame tra i due fenomeni». Da almeno una quindicina d'anni, l'hikikomori è piuttosto presente in Italia e il nostro è uno dei paesi, al di fuori del Giappone, in cui il fenomeno è più diffuso. «Spesso, il ritiro è la conseguenza di depressione o dipendenza da Internet: psicopatologie alle quali esso è collegato ma che ne rappresentano più spesso l'effetto anziché la causa, che va ricercata in dinamiche sociali più estese - spiega l' Eurispes - In Italia si osserva che, nella maggior parte dei casi, il momento in cui inizia l'isolamento è quello degli anni delle scuole medie e superiori. Per questo è stato collegato all'abbandono scolastico e al periodo delicato di formazione dell'adolescenza». Secondo più psicologi che si occupano di adolescenti in generale, e di hikikomori in particolare, il Covid ha incrementato il fenomeno. «Tra le diverse motivazioni, c'è senz'altro la fatica che fanno i giovani a reggere il confronto con la società di oggi, in cui i Social Network contribuiscono a enfatizzare il giudizio degli altri, e dove gli standard ideali proposti sono quelli del successo, dei soldi e dell'apparire a tutti i costi, e se si è fuori da questi standard si è diversi. Eppure non è giusto interrogarsi solo sul mondo degli adolescenti senza fare riferimento anche agli adulti. Ascolto, supporto, sicurezza: i genitori possono fare molto per aiutare i ragazzi ad uscire dall'isolamento, così come l'istituzione scolastica - osserva l' Eurispes - Un fenomeno come quello degli hikikomori è il sintomo di un problema più ampio, che riguarda nel profondo la società: non sono i ragazzi, bensì un intero stile di vita con i suoi valori ad essere chiamato in causa».

Secondo un sondaggio condotto dal governo giapponese e aggiornato al 2016, gli hikikomori sono circa 541.000 (1,5% della popolazione), giovani tra i 15 e i 39 anni. Sul fronte europeo, l'Istituto Nazionale di Statistica britannico (Office for National Statistic, Ons) nel 2018 si è occupato del fenomeno dell'isolamento giovanile, senza dargli però la definizione specifica di matrice nipponica. Il 10% dei giovani intervistati nel Regno Unito tra i 16 e i 24 anni è spesso o sempre da solo: la percentuale più alta rilevata tra le varie fasce di età, il triplo rispetto alla fascia d'età degli over 65, considerata più «a rischio». 

La giustizia

Il 65,9% degli italiani non ha fiducia nel sistema giudiziario e solo l'8% ritiene che la giustizia funzioni bene.

La malagiustizia, secondo l'analisi, sarebbe causata soprattutto dall'eccessiva lentezza dei processi. Di fronte ad un torto subìto configurabile come reato o illecito - spiega l' Eurispes -, più di 1 cittadino su 4 preferisce non denunciare. Gli italiani, poi, sono compatti nell'affermare che i giudici debbano essere giudicati con lo stesso sistema applicato a tutti i cittadini (80,2%), mentre convince molto meno ma sempre in maggioranza l'idea secondo cui l'azione dei giudici sarebbe condizionata dall'appartenenza politica (57,8%). 

«Qual è il livello di fiducia che i cittadini italiani ripongono nei confronti del nostro sistema di giustizia? Osservando i risultati del sondaggio condotto dall' Eurispes, se ne ricava che due intervistati su tre (65,9%) dichiarano di non riporre aspettative sul nostro sistema giudiziario (il 45,3% afferma di nutrire poca fiducia e il 20,6% di non averne affatto), mentre il 28,2% si dice abbastanza ottimista e soltanto il 5,9% si sente pienamente soddisfatto del livello di giustizia rimarcabile nel nostro Paese». «Che le fasce più adulte della popolazione possano essere disilluse nei confronti della giustizia italiana potrebbe anche non sorprendere - si evidenzia -, ma scoprire che i meno speranzosi sono proprio i giovani, il futuro del nostro Paese, rappresenta una triste realtà, che potrebbe essere presagio di fuga per tanti ragazzi, che continueranno a guardare oltre i confini nazionali per trovare appagamento ai desideri di riconoscimento, prospettive e cambiamento». Secondo il Rapporto, infatti, «sono proprio i ragazzi, di età compresa tra 18 e 24 anni, ad avere poca (50,9%) o nessuna (22,4%) fiducia nella giustizia, per un totale del 73,3%, seguiti dal 72,3% dei 25-34enni, dal 69,1% dei 35-44enni, dal 63,7% di coloro che hanno 65 anni e oltre e dal 62% di quanti hanno un'età compresa tra 45 e 64 anni. A riporre ampia fiducia nell'applicazione dell'ordinamento giudiziario nazionale è soltanto il 7,5% dei 45-64enni e il 6,7% di coloro che hanno un'età compresa tra 35 e 44 anni, cui seguono il 4,9% dei giovani tra i 18 e i 24 anni, il 4,7% degli ultra sessantaquattrenni e il 3,8% dei 25-34enni».  «Si dice invece abbastanza fiducioso - sottolinea il Rapporto - il 31,6% delle fasce più adulte della popolazione, coloro che hanno 65 anni e più e il 30,5% dei 45-64enni, con livelli di adesione decrescenti parallelamente alla diminuzione dell'età: a seguire troviamo infatti il 24,2% di coloro che hanno tra 35 e 44 anni, il 23,9% di quanti appartengono alla categoria dei 25-34enni e il 21,8% di quanti hanno un'età compresa tra 18 e 24 anni». «Di fronte alla domanda 'ha fiducia nella giustizia italiana?' - prosegue il Rapporto Eurispes -, le due risposte 'per nientè e 'pocò rivelano che, pur non essendoci troppa distanza tra i due generi, i maschi sono nel totale più sfiduciati delle femmine (68% per i primi contro il 63,7% per le seconde). Tra uomini e donne sono dunque soprattutto i primi a non credere affatto nella giustizia (il 24% contro il 17,1% delle donne), mentre entrambi i generi dichiarano di crederci poco (il 44% degli uomini e il 46,6% delle donne). Le femmine sono quelle che in misura maggiore dichiarano di avere abbastanza fiducia nel nostro sistema giudiziario (lo dichiara il 30,7% contro il 25,8% dei maschi), mentre tra i più soddisfatti troviamo il 6,2% dei maschi e il 5,6% delle femmine». 

I conti all'estero

«Due milioni di italiani hanno depositato su 3 milioni di conti esteri 210 miliardi di euro». È quanto si legge nel 34esimo Rapporto Italiia dell' Eurispes che sottolinea che «sono sette i paradisi fiscali Usa (Delaware, Wyoming, New Mexico, Nevada, Alaska, Montana, South Dakota)». E che 1,6 milioni di imprese hanno la sede legale solo nel Delaware dove la tassazione sugli utili delle imprese è del 8,7%. Il rapporto poi evidenzia come l'Unione Europea sia impegnata a «rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale e a tal fine ha presentato due Raccomandazioni sui Tax Havens e sull'Aggressive Tax Planning». « Il territorio comunitario è divenuto del resto uno dei principali 'pontì di raccordo con i cosiddetti 'paradisi fiscalì, con cui sono possibili operazioni di triangolazione che facilitano la pianificazione fiscale aggressiva dei grandi gruppi multinazionali, utilizzando in particolare proprio il network di Convenzioni contro le doppie imposizioni», prosegue il rapporto che ricorda che l'accordo Ocse Crs sullo scambio di informazioni fra le autorità fiscali comprende 112 Stati aderenti.

«Per contrastare tali fenomeni - si legge ancora - la Commissione europea intende dunque promuovere la valorizzazione e il miglioramento della cooperazione amministrativa tra le amministrazioni finanziarie dei Paesi membri». Si ricorda poi come nel dicembre del 2017 il Consiglio europeo abbia pubblicata l'elenco dei Paesi hanno giurisdizioni non cooperative in materia fiscale, i «Paesi black list'. »L'elenco è stato compilato tenendo conto di tre criteri: la trasparenza fiscale, una tassazione equa, l'applicazione delle misure anti-beps sul trasferimento dei profitti da uno Stato all'altro« si aggiunge, sottolineando che »le convenzioni fiscali non eliminano tout court la doppia imposizione internazionale, ma costituiscono comunque un sistema di norme finalizzate a ripartire le potestà impositive tra due Stati contraenti«. 

Vittime di stalking

Il 7,4% degli italiani dai 18 anni in su afferma di essere stato vittima di stalking, ossia vittime di persone che le abbiano perseguitate. All'85,8% delle persone questo non è mai accaduto e il 6,9% ha preferito non rispondere. Dal confronto con i dati del 2021, emerge che il fenomeno dello stalking è in diminuzione dell'1,9%, in controtendenza rispetto a quanto osservato l'anno precedente, quando era cresciuto dell'1,4% rispetto al 2020. I dati sono forniti dall' Eurispes che nel Rapporto Italia 2022 dedica una scheda fenomeno dello stalking nel nostro Paese. Osservando i dati in serie storica, rileva l' Eurispes, emerge un andamento ondivago del fenomeno con anni di crescita e altri di rallentamento. Il valore massimo si è registrato nel 2019, con il 13,8% e, rispetto ad allora, oggi la situazione fa registrare un calo del 6,4%. Tra le vittime, sono più numerosi i 35-44enni (10,1%). Se si osserva il dato in base al genere, emerge invece che le vittime sono donne: il 9,8% contro il 5% degli uomini. L'identikit dello stalker. In quasi 1 caso su 4 (22,2%) si tratta dell'ex partner. Nel 14,9% dei casi lo stalker è un/una conoscente, nell'8,7% un/una collega, mentre il 5,9% delle volte si tratta di un/una amico/a. Le percentuali più basse si riferiscono ai partner o a parenti (3,8%), mentre è significativa la percentuale di chi non risponde (31,9%). Gli atteggiamenti persecutori maggiormente diffusi risultano essere le telefonate e i messaggi ripetuti (60,4%), mentre gli appostamenti/pedinamenti sono esperienze vissute dal 45,1% delle vittime di stalking. Gli insulti ripetuti sono stati ricevuti dal 38,5% dei soggetti, mentre la diffusione di affermazioni diffamatorie/oltraggiose sul proprio conto ha riguardato il 34,4% e le minacce ripetute il 29,9% di chi ha subìto, nel corso della propria vita, azioni di stalking. I comportamenti meno diffusi, tra quelli segnalati, sono le aggressioni fisiche (15,3%) le molestie ai propri cari (13,9%) e, seppur in misura maggiore, danni alla proprietà (22,2%). 

Come reagiscono le vittime di stalking? In meno di 2 casi su 10 le vittime denunciano lo stalker (17,6%). Nell'82,4% dei casi, quindi, agli atti persecutori non fa seguito una denuncia formale alle autorità. In 1 caso su 4, le vittime si sono difese da sole (25,6%) o hanno aspettato che lo/a stalker smettesse, senza far nulla (25,3%), nel 12,4% la vittima ha chiesto l'aiuto di parenti e amici per difendersi dallo/a stalker, mentre quasi 2 vittime su 10 hanno utilizzato come precauzione l'evitare il più possibile di uscire, da solo/a (10,8%) e, nell'8,5% dei casi, di uscire del tutto. Per quanto riguarda i sentimenti che provano le vittime di stalking, in quasi un caso su due, il conforto maggiore è giunto solo dalla vicinanza con una o più persone care (45,5%), mentre ben 1 vittima su 4 dichiara di essersi sentito completamente solo (24,3%). Il 18,1% dichiara di non aver ricevuto alcun tipo di protezione, nonostante la disponibilità delle autorità a cui si era rivolto, e solo il 12,2% rivela di avere sentito anche il sostegno delle Forze dell'ordine e delle Istituzioni. Dai dati emerge dunque un quadro in cui, nella maggioranza dei casi, le vittime di stalking vivono e percepiscono uno stato di profonda solitudine, mitigato, la maggior parte delle volte, dalla sola presenza delle persone più care.

Fuga dai cinema

Il tipo di spettacolo più sacrificato rispetto al periodo pre-pandemico è il cinema: la larga maggioranza degli intervistati riferisce di aver smesso di frequentarlo dall'inizio della pandemia (63,4%). Negativo anche il bilancio relativo al teatro, abbandonato dal 59% degli intervistati. Oltre la metà del campione ha inoltre rinunciato a viaggi di svago (55,4%) e ha perso l'abitudine di frequentare la palestra e/o la piscina (52,4%). Il 64,5% degli intervistati dall'inizio della pandemia ha conosciuto meno persone nuove. In molti hanno perso amicizie perché è venuta meno, durante la pandemia, la possibilità di frequentarsi come prima (48,3%). Sono i dati che emergono dal Rapporto Italia 2022 di Eurispes (nel capitolo 'Consumi e stili di vita tra presente e futurò) in relazione a come cambiano le fruizioni culturali, la socialità e le attività sportive.

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