Italia, il Pil vola. Quadro Curzio: «È merito della vitalità della fabbrica»

Italia, il Pil vola. Quadro Curzio: «È merito della vitalità della fabbrica»
di Marco Esposito
Sabato 31 Luglio 2021, 08:25
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Professor Quadrio Curzio, un più 17% tendenziale annuo del Pil non si vedeva nemmeno ai tempi del boom degli anni Sessanta. Solo una fiammata?
«È chiaro - risponde Alberto Quadrio Curzio, professore emerito di Economia politica della Università Cattolica di Milano - che il confronto del secondo trimestre del 2021 con il secondo trimestre del 2020, che era quello del lockdown più severo con il blocco della produzione e degli spostamenti, provoca un effetto rimbalzo ed è un valore che non si ripeterà. Però la stima dell'Istat nel confronto con il trimestre precedente fa segnare un più 2,7% che è uno dei valori più alti tra i Paesi europei e questo è molto significativo».

Sono vent'anni che l'Italia arranca in Europa, cos'è successo?
«A mio avviso è la manifattura italiana che trascina tutto mostrando una straordinaria vitalità. Una vitalità sorprendente ma non del tutto perché la forza della manifatture c'è sempre stata. Guardando i numeri, certo, c'è anche una ripresa dei servizi ma questa è dovuta davvero a un effetto rimbalzo, nel senso che gli italiani hanno speso meno a causa delle restrizioni aumentando i risparmi e adesso tornano ad acquistare. Per le aziende manifatturiere c'è qualcosa di più».

Vale a dire?
«Non è vero che la produzione italiana è solo tradizione.

Ci sono settori ad alta tecnologia e ci sono attività che con Industria 4.0 avevano già innovato profondamente, introducendo la robotica in fabbrica. Per cui la reazione alla crisi è stata rapida, come dimostra il saldo commerciale che ci vede secondi in Europa dopo la Germania».

L'export però è concentrato in poche regioni e questo conferma, come osserva la Svimez, che la ripresa è limitata a una parte del Nord: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia...
«Sì. Non solo perché sono regioni con una forte produzione manifatturiera, ma perché le imprese hanno intense relazioni tra loro. Con la ripresa dei consumi, peraltro, a volte la produzione non riesce a star dietro alla domanda, per esempio per gli elettrodomestici».

Con il paradosso della Whirlpool che chiude la fabbrica di lavatrici di qualità a Napoli...
«Non ho approfondito il caso specifico, però spesso le multinazionali seguono logiche legate solo alla contrazione dei costi. Tuttavia, se guardiamo i dati Istat sull'occupazione a giugno 2021, l'aumento conferma che siamo di fronte a una ripresa vera. La quale stavolta coinvolge anche il settore strategico dell'edilizia, favorito dagli incentivi. Inoltre, non ultimo, c'è un effetto fiducia legato alla presentazione nei tempi del Pnrr dell'Italia e alla notizia dell'arrivo dei primi 25 miliardi senza ritardi».

Resta però il nodo del dualismo Nord-Sud. Che rischia di accentuarsi proprio per i divari di partenza che lei sottolinea.
«L'ho detto in passato e continuo a sostenere che se non si recupera il divario, che si è accentuato almeno negli ultimi dieci anni, l'Italia resterà un problema per se stessa e lo sarà per l'Europa. Il Pnrr è lo strumento per far partire finalmente il recupero del Mezzogiorno, intanto valorizzando le eccellenze che ci sono. Guai a pensare al Sud come a un deserto».

È l'assenza di alcuni servizi che fa pensare a un deserto dei diritti.
«Con la quota del 40% del Pnrr al Sud e con i fondi di Coesione che hanno un bilancio settennale alcuni parlano di 200 miliardi da spendere. Non mi soffermerei sulla cifra, però, se non per dire che stavolta non c'è un problema di spesa da contrarre. Perciò dobbiamo concentrarci sui modelli organizzativi, sulla governance, sul funzionamento della macchina amministrativa. Con un obiettivo che deve essere prioritario fra tutti».

Quale?
«Fermare l'emorragia di persone, l'emigrazione al Nord o, peggio, all'estero di meridionali di straordinarie capacità. Non depauperare il capitale umano è diventato il primo obiettivo del Sud».

Nel Mezzogiorno non si riesce neanche a portare alla laurea tutti i giovani che ci siamo proposti. A fronte del target di Europa 2020 del 40% di laureati nella fascia di età 30-34 anni l'Italia è solo al 28% con la Campania al 21% e la Sicilia al 19%.
«A mio parere si deve realizzare un salto di qualità intanto in quelli che si chiamavano istituti tecnici. In Lombardia e in Emilia Romagna funzionano benissimo e offrono una formazione professionale di qualità spendibile subito nel mondo produttivo. Nel Mezzogiorno sarebbe interessante sviluppare dei consorzi tra università, centri di ricerca e imprese locali per orientare i giovani verso le professioni con prospettive migliori».

Quanto durerà la ripresa?
«Nel 2021 è già acquisita una crescita del 4,8%, per cui si può ipotizzare una cifra tonda al 5%. Nel 2022 saremo ancora nella forchetta 4-5%. Poi dipenderà molto dalla spesa del Pnrr».

Si può dire che la pandemia ha dato una scossa all'economia?
«Non condivido questa tesi. La scossa c'è stata per l'Europa perché l'Ue ha fatto un balzo in avanti enorme emettendo per la prima volta gli Eurobond. I primi titoli collocati sul mercato, peraltro, hanno incontrato un successo pazzesco. Se ci saranno molte emissioni con scadenza a 30 anni allora si può dire che lo strumento non sarà temporaneo fino al 2026 ma definitivo. Merito del governo italiano che ha spinto e di Angela Merkel e Ursula von der Leyen che hanno saputo cambiare strategia».

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