Rincari e bollette, il latte costa come la benzina: «È la tempesta perfetta»

Rincari e bollette, il latte costa come la benzina: «È la tempesta perfetta»
di Nando Santonastaso
Martedì 6 Settembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 19:00
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Un litro di latte potrebbe costare nel giro di pochi giorni più di un litro di benzina. O forse lo costa già, come si legge su alcuni social. Lo tsunami del caro energia miete un'altra vittima anche se, pure in questo caso, l'allarme non è suonato adesso, come ricorda Assolatte. Gli aumenti di gas ed elettricità come l'ultimo anello della catena, pagare 2 euro per uno dei beni di largo consumo più diffusi nel carrello della spesa degli italiani è la probabile, forse inevitabile conseguenza di una spirale senza fine. Lo ricordano due colossi come Lactalis e Granarolo, per una volta alleati e non concorrenti di fronte al pericolo comune: da mesi la filiera del latte subisce aumenti di ogni genere, a partire dai costi maggiorati dell'alimentazione degli animali, «aggravata dalla siccità che ha ridotto sia i raccolti degli agricoltori sia la produzione di latte (il prezzo riconosciuto agli allevatori è cresciuto del 50%)». Per non parlare del packaging, «con carta e plastica in aumento costante, e degli altri componenti impiegati nella produzione dei latticini». Due euro per un litro di latte hanno però un valore simbolico molto forte, sono la frontiera che fino a un anno fa nessuno pensava di vedere a un passo. E invece ormai ci siamo visto che nel giro di poche settimane il prezzo ha raggiunto 1,7-1,8 euro e che gli incrementi dei costi energetici hanno già fatto esplodere fino al 200%, nel 2022, l'impatto dell'inflazione sul comparto. Il prezzo alla stalla, calcola Assolatte, «sta aumentando in modo vertiginoso, raggiungendo valori che fino a pochi mesi fa nessuno avrebbe mai immaginato». Lo scorso anno, in queste settimane, il latte spot (sfuso in cisterna) costava 39 centesimi e il latte alla stalla 38. Oggi, il primo viaggia su valori superiori ai 65 centesimi (+66%) e il secondo è arrivato a 57 centesimi (+50%). Soffrono le grandi aziende, quasi tutte nel Centro Nord ma l'allarme riguarda l'intera zootecnica: quasi un allevamento su dieci, denuncia la Coldiretti, è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell'attività per l'incessante incremento dei costi. 

Lactalis e Granarolo lanciano l'Sos al governo, Assolatte va sul concreto delle proposte per arginare l'emergenza, viso che la guerra in Ucraina una delle concause è ben lontana dalla sua conclusione. I produttori di latte propongono la riduzione dei costi energetici intervenendo su accise e tasse e decidendo un tetto ai prezzi del gas e dell'energia, semplificando la vita di chi fa impresa attraverso un taglio robusto dei costi di produzione. Ma le elezioni anticipate e i tempi non proprio brevissimi per l'insediamento del nuovo governo non sono alleati di chi ha fretta di voltare pagina. «Fino ad oggi - dice il presidente di Coldiretti Ettore Prandini - oggi grazie alla cooperazione fra allevatori, industrie e grande distribuzione si è riusciti a contenere gli aumenti nei confronti di consumatori e cittadini, ma adesso non siamo più in grado di reggere se non con un aumento dei prezzi perché la situazione sta diventando insostenibile».

In pericolo c'è un sistema composto da 24mila stalle da latte italiane che garantiscono una produzione di 12,7 milioni di tonnellate all'anno e alimenta una catena produttiva lattiero-casearia nazionale che esprime un valore di oltre 16 miliardi di euro con oltre 200.000 persone fra occupati diretti e indotto. «La stabilità della rete zootecnica italiana ha un'importanza che non riguarda solo l'economia nazionale ma - afferma Prandini - ricopre una rilevanza sociale e ambientale perché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate». 

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Un'ipotesi di lavoro abbastanza realistica è quella che punta ad accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali, «con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni», insiste il numero uno dell'Organizzazione agricola. Ma sul tappeto c'è anche una vecchia proposta di Assolatte mai approfondita fino in fondo: l'azzeramento dell'Iva su tutti i prodotti della filiera lattiero casearia. Attualmente, infatti, tra i prodotti alimentari a rischio per l'Italia, come semi di girasole, pasta legumi e altro, il regime di Iva è del 4%. Non costerebbe certo poco attuarla ma la filiera non può attendere all'infinito: entro la fine dell'anno, ha detto Davide Minicozzi, presidente dell'Associazione Allevatori Campania e Molise, «saranno decine le aziende costrette a chiudere non potendo più sostenere attività sempre più in perdita». 

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