Un litro di latte potrebbe costare nel giro di pochi giorni più di un litro di benzina. O forse lo costa già, come si legge su alcuni social. Lo tsunami del caro energia miete un'altra vittima anche se, pure in questo caso, l'allarme non è suonato adesso, come ricorda Assolatte. Gli aumenti di gas ed elettricità come l'ultimo anello della catena, pagare 2 euro per uno dei beni di largo consumo più diffusi nel carrello della spesa degli italiani è la probabile, forse inevitabile conseguenza di una spirale senza fine. Lo ricordano due colossi come Lactalis e Granarolo, per una volta alleati e non concorrenti di fronte al pericolo comune: da mesi la filiera del latte subisce aumenti di ogni genere, a partire dai costi maggiorati dell'alimentazione degli animali, «aggravata dalla siccità che ha ridotto sia i raccolti degli agricoltori sia la produzione di latte (il prezzo riconosciuto agli allevatori è cresciuto del 50%)». Per non parlare del packaging, «con carta e plastica in aumento costante, e degli altri componenti impiegati nella produzione dei latticini». Due euro per un litro di latte hanno però un valore simbolico molto forte, sono la frontiera che fino a un anno fa nessuno pensava di vedere a un passo. E invece ormai ci siamo visto che nel giro di poche settimane il prezzo ha raggiunto 1,7-1,8 euro e che gli incrementi dei costi energetici hanno già fatto esplodere fino al 200%, nel 2022, l'impatto dell'inflazione sul comparto. Il prezzo alla stalla, calcola Assolatte, «sta aumentando in modo vertiginoso, raggiungendo valori che fino a pochi mesi fa nessuno avrebbe mai immaginato». Lo scorso anno, in queste settimane, il latte spot (sfuso in cisterna) costava 39 centesimi e il latte alla stalla 38. Oggi, il primo viaggia su valori superiori ai 65 centesimi (+66%) e il secondo è arrivato a 57 centesimi (+50%). Soffrono le grandi aziende, quasi tutte nel Centro Nord ma l'allarme riguarda l'intera zootecnica: quasi un allevamento su dieci, denuncia la Coldiretti, è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell'attività per l'incessante incremento dei costi.
Lactalis e Granarolo lanciano l'Sos al governo, Assolatte va sul concreto delle proposte per arginare l'emergenza, viso che la guerra in Ucraina una delle concause è ben lontana dalla sua conclusione. I produttori di latte propongono la riduzione dei costi energetici intervenendo su accise e tasse e decidendo un tetto ai prezzi del gas e dell'energia, semplificando la vita di chi fa impresa attraverso un taglio robusto dei costi di produzione. Ma le elezioni anticipate e i tempi non proprio brevissimi per l'insediamento del nuovo governo non sono alleati di chi ha fretta di voltare pagina. «Fino ad oggi - dice il presidente di Coldiretti Ettore Prandini - oggi grazie alla cooperazione fra allevatori, industrie e grande distribuzione si è riusciti a contenere gli aumenti nei confronti di consumatori e cittadini, ma adesso non siamo più in grado di reggere se non con un aumento dei prezzi perché la situazione sta diventando insostenibile».
Un'ipotesi di lavoro abbastanza realistica è quella che punta ad accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali, «con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni», insiste il numero uno dell'Organizzazione agricola. Ma sul tappeto c'è anche una vecchia proposta di Assolatte mai approfondita fino in fondo: l'azzeramento dell'Iva su tutti i prodotti della filiera lattiero casearia. Attualmente, infatti, tra i prodotti alimentari a rischio per l'Italia, come semi di girasole, pasta legumi e altro, il regime di Iva è del 4%. Non costerebbe certo poco attuarla ma la filiera non può attendere all'infinito: entro la fine dell'anno, ha detto Davide Minicozzi, presidente dell'Associazione Allevatori Campania e Molise, «saranno decine le aziende costrette a chiudere non potendo più sostenere attività sempre più in perdita».