Lavoro, Durigon: «Troppi giovani inattivi, vanno rimessi in gioco grazie alla formazione»

Il sottosegretario al Lavoro: sui Neet non si possono perdere tempo e risorse

Lavoro, Durigon: «Troppi giovani inattivi, vanno rimessi in gioco grazie alla formazione»
di Nando Santonastaso
Martedì 24 Gennaio 2023, 07:36
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Sottosegretario Durigon, cosa si prova di fronte a 3 milioni di giovani Neet, soprattutto del Sud, che non studiano e non cercano un lavoro?
«Rabbia, perché nessuno e tanto meno la politica può restare indifferente di fronte a numeri così importanti risponde Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro in quota Lega -. Anzi, è uno stimolo ulteriore a non perdere né tempo né risorse per affrontare il problema».

Come, in concreto?
«La politica deve fare di tutto per garantire ai giovani ogni possibilità di accesso al mercato del lavoro e di conseguenza una redditività adeguata. E questo anche nell'interesse più generale dello Stato dal punto di vista sociale ed economico. Dunque bisogna attivare un circuito virtuoso che darebbe benefìci all'intero sistema, come del resto la deflagrante pubblicazione dei dati impone».
Siamo in tempo o dobbiamo considerare i Neet come un'occasione perduta?
«Siamo assolutamente in tempo, ci mancherebbe altro. Dobbiamo migliorare le norme e le sensibilità culturali rispetto a quanto è stato fatto finora perché solo così potremo reinserire questi giovani nel contesto lavorativo».

Si riferisce a idee e progetti su cui state lavorando sia come ministero sia più in generale come governo?
«Il governo ha già rimesso in gioco i giovani, specialmente quelli che percepivano il Reddito di cittadinanza, che erano fermi per così dire a loro stessi, non cercavano cioè più un'opportunità lavorativa.

Ma serve soprattutto una formazione costante, serve un'attitudine diversa dei giovani ad approcciare il mercato del lavoro, nella consapevolezza che dobbiamo mettere nelle loro mani tutti gli strumenti necessari a gestire questa delicatissima fase della loro vita».

Nel Mezzogiorno la metà dei Neet italiani: è un problema nel problema?
«Io sono convinto che i giovani, a prescindere dalle aree geografiche di provenienza, devono essere la risorsa primaria su cui deve contare un governo. C'è dunque bisogno di un impegno in sinergia con i territori, a partire dalle Regioni, perché una classe politica che non parla ai giovani non fa sicuramente gli interessi del Paese».

Più del 50% dei Neet sono donne, altro dato che è impossibile sottovalutare, non crede?
«Assolutamente. Orientamento, inserimento, formazione sono tutti temi da gestire nel miglior modo possibile e, ripeto, in sinergia tra quanti hanno responsabilità e competenze per occuparsene. Penso ad esempio alle risorse e ai piani del Fondo sociale europeo che è uno degli strumenti più concreti a disposizione delle Regioni: spendere bene le prime e attuare percorsi credibili per i secondi mi sembra fondamentale. Del resto, dare risposte ai giovani e alle donne è uno dei temi prioritari che il ministro Calderone ha messo sul tavolo sin dal suo insediamento».

Il ritardo del Sud è di 20 punti percentuali rispetto alla media del Nord sul versante occupazionale: come si riduce?
«Non ci possiamo più permettere un'Italia a due velocità, e non è solo uno slogan, tutt'altro. Dobbiamo tramutare la rabbia di cui parlavo in precedenza in sinergia per arrivare ai risultati. Il Pnrr è da questo punto di vista fondamentale per far ripartire l'economia offrendo ulteriori opportunità di inserimento al lavoro ai giovani e alle donne. Si sta lavorando molto al Sud per migliorare la rete infrastrutturale e l'impegno del ministro Salvini per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e accelerare sui progetti dell'Alta Velocità ferroviaria, dalla Napoli-Bari alla Salerno-Reggio Calabria, alla Palermo-Messina-Catania, lo dimostra in modo inequivocabile. Parliamo di cantieri per migliaia e migliaia di lavoratori e soprattutto di un'Italia alla stessa velocità di crescita. Per questo spendere bene le risorse e costruire una nuova cultura degli investimenti pubblici e privati sono decisive per il futuro del Paese».

Basta il Pnrr per ridurre i divari o c'è bisogno di altro?
«Non si può prescindere dalla certezza che il Pnrr sia una risorsa fondamentale per recuperare i divari del Mezzogiorno. E i tanti progetti in campo confermano che la sinergia con i territori sarà decisiva. Il vero problema è che non ci possiamo permettere di sbagliare nulla: sbagliare oggi vorrebbe dire allargare il divario tra Sud, resto del Paese ed Europa. Il Pnrr non può essere considerato come qualcosa di aleatorio: al contrario, se portiamo avanti gli investimenti previsti, a partire da quelli infrastrutturali, i ricaschi per il Sud saranno significativi».

Uno dei nodi da sciogliere riguarda però le politiche attive del lavoro: come si fa a restituire credibilità a questo impegno, specialmente in chiave Sud?
«Intanto politiche attive del lavoro non sono solo sinonimo di formazione, come forse si crede. È un sistema di responsabilità che attraversa il governo, le Regioni, l'Anpal e i territori per dare risposte o indirizzi a questi ultimi. La verità è che è sempre mancato lorientamento in questo Paese: a volte si creano corsi formativi che non hanno molto a che vedere con le reali esigenze dei territori per i quali vengono proposti e finanziati. Non è possibile che ancora oggi in Italia non ci sia un sistema unico in materia di orientamento al lavoro e che le Regioni continuino a non comunicare tra di loro e a procedere in ordine sparso. Vogliamo mettere mano a questa situazione che ha dell'incredibile e non aiuta a costruire opportunità per giovani e donne».
 

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