Lavoro, il Sud paga più di tutti. L'Istat: «Aumentano i divari»

Lavoro, il Sud paga più di tutti. L'Istat: «Aumentano i divari»
Lavoro, il Sud paga più di tutti. L'Istat: «Aumentano i divari»
di Francesco Bisozzi
Sabato 12 Settembre 2020, 10:28 - Ultimo agg. 12:07
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Crolla l'occupazione, soprattutto al Sud. Lavoratori a termine e indipendenti falcidiati dal Covid-19. Persi per effetto del lockdown e dell'allarme sanitario oltre 800 mila posti di lavoro in un anno. L'Istat ha registrato una diminuzione degli occupati tra l'inizio di aprile e la fine di giugno di 470.000 unità, che arrivano a 841 mila se si fa il paragone con l'occupazione del secondo trimestre del 2019. Il tasso di occupazione ora è al 57,6%, mentre il tasso di disoccupazione si attesta all'8,3%. Nelle regioni del Mezzogiorno sono stati colpiti in particolare donne, giovani, precari e partite Iva. Mentre i rapporti stabili, sotto l'ombrello del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione, hanno retto. La conclusione a cui è giunta l'Istat è che la pandemia ha acuito il preesistente divario tra Nord e Sud nella partecipazione al mercato del lavoro. Al Sud pesa in questa fase il maggior peso dei dipendenti a termine (13,9% rispetto al 9,7% registrato nelle regioni del Centro e del Nord Italia) e la minore presenza dell'industria, comparto che ha mostrato una maggiore tenuta occupazionale. Rispetto al secondo trimestre dell'anno scorso i dipendenti a termine sono calati su scala nazionale di 677 mila unità, un decremento del 21,6%.


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La dinamica


Continuano a sparire gli indipendenti: sono 219mila in meno rispetto a un anno fa, si tratta di una riduzione del 4,1%. Giù dell'8% gli under 35 occupati (ora sono in tutto 4.7 milioni). E riprendono ad aumentare pure le differenze di genere: tra le donne è maggiore il calo del tasso di occupazione (-2,2% mentre gli uomini si fermano al -1,6%) e del tasso di disoccupazione (-2,3% e - 1,9%) in concomitanza al maggiore aumento del tasso di inattività (+3,9% e +3,2%). Risultato? La flessione dell'occupazione nel secondo trimestre è stata più accentuata nel Mezzogiorno (-5,3%). Al Nord il calo è stato decisamente più contenuto (-3,0%) come pure al Centro (-2,9%). Anche il tasso di disoccupazione è diminuito maggiormente nel Mezzogiorno (-3,2 punti) e nel Centro (-3,0 punti) in confronto al Nord (-0,8 punti), per via dell'impennata del tasso di inattività nelle regioni meridionali e centrali (+4,4 e +4 punti).

Al Nord, al contrario, il tasso di inattività è cresciuto più timidamente, solo di 2,7 punti percentuali. Appena un mese fa il presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo aveva lanciato l'allarme: «Lo scoraggiamento di chi ha smesso di cercare lavoro è il fenomeno preoccupante che sta emergendo dopo la fase più acuta del Covid-19». Nel secondo trimestre il tasso di inattività è aumentato di due punti, arrivando al 37%. L'Istat ha sottolineato che il forte aumento dell'inattività in otto casi su dieci è dovuto a motivi riconducibili all'emergenza sanitaria. E così nel secondo trimestre 2020 il numero degli scoraggiati è tornato a crescere (di 66 mila unità) dopo venti trimestri di ininterrotto calo e la sostanziale stabilità raggiunta nel primo trimestre 2020. In netta diminuzione quanti non hanno cercato lavoro per motivi familiari e quanti dichiarano di essere in attesa degli esiti di passate azioni di ricerca.

«Nella media del secondo trimestre 2020 le dinamiche del mercato del lavoro risentono, ancor più che nello scorso trimestre, delle notevoli perturbazioni indotte dall'emergenza sanitaria. L'input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, registra una forte diminuzione rispetto sia al trimestre precedente (-13,1%) sia allo stesso periodo del 2019 (-20,0%)», ha spiegato l'istituto di statistica. E ancora. «Tali andamenti risultano coerenti con la fase di eccezionale caduta dell'attività economica, con una flessione del prodotto interno lordo nell'ultimo trimestre pari al 12,8% in termini congiunturali», ha aggiunto l'Istat.

 
 
 
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