Mafie, Confcommercio: 30mila imprese a rischio usura

Mafie, Confcommercio: 30mila imprese a rischio usura
di Rita Annunziata
Giovedì 21 Aprile 2022, 12:35 - Ultimo agg. 22 Aprile, 11:15
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Sono circa 30mila le imprese a rischio usura. Piccole aziende del commercio e dei pubblici esercizi che, spesso, hanno visto insoddisfatta la propria richiesta di credito. E che sono diventate oggetto di fenomeni criminali che, come ha ricordato il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli nell'ambito della nona edizione della Giornata nazionale “Legalità, ci piace!” organizzata dalla confederazione, si nutrono delle crisi. Un’occasione per presentare anche l’indagine “Usura, abusivismo, illegalità: percezione e costi per le imprese del terziario di mercato”, condotta dall’Ufficio studi Confcommercio in collaborazione con Format Research su un campione di 4mila aziende del terziario con meno di 50 addetti.

Stando ai dati esposti da Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi Confcommercio, circa il 12% delle intervistate ha registrato lo scorso anno un peggioramento dei livelli di sicurezza. Una quota che sale al 16,2% nelle grandi città, al 16,6% al Sud, con picchi del 20% per gli alberghi e del 15,1% per le imprese del commercio al dettaglio alimentare. L’usura, in particolare, rappresenta il fenomeno criminale maggiormente acuitosi, secondo il 27% delle imprese coinvolte.

Seguono l’abusivismo per il 22%, il racket per il 21% e i furti per un ulteriore 21%.

L’11% degli imprenditori dichiara di essere venuto direttamente a conoscenza di episodi di usura e racket nella propria area di attività. Il 17,7% manifesta preoccupazione in merito alla propria esposizione a tali fenomeni criminali, percentuale che tocca il 22% nelle grandi città, il 19,1% al Sud e il 20% nel caso delle imprese del commercio al dettaglio non alimentare. Il 58,4%, a fronte di fenomeni di estorsione e usura, manifesta una certa propensione a denunciare; il 33,6% dichiara invece che non saprebbe cosa fare e il 6,4% crede che non ci sia nulla da fare. Coloro che sporgerebbero denuncia crescono al 66,7% al Sud, dove tuttavia risulta più marcata anche la quota di chi pensa di non poter far nulla (9,1%). Se gli si chiede chi sostiene le imprese contro la criminalità, inoltre, il 19% risponde “nessuno” (sebbene tale dato risulti in calo rispetto al 28,6% registrato a ottobre 2020). Ma non manca un 34% che indica le forze dell’ordine come punto di riferimento, un 21% che parla dello Stato e delle Amministrazioni locali, un 16% delle associazioni di categoria e un 10% delle associazioni e organizzazioni antiusura.

In questo contesto, spiegano i ricercatori, le realtà che non hanno visto pienamente soddisfatta la propria richiesta di credito risultano essere maggiormente esposte a usura e altri eventi criminali. Come anticipato in apertura, si parla di circa 30mila imprese del commercio e dei pubblici esercizi e 195mila posti di lavoro regolari a rischio. Senza contare una perdita annua del fatturato stimata intorno al 6,3% e in termini di valore aggiunto a 4,7 miliardi di euro.

“La parola delle vittime rappresenta la prima arma della legalità contro l’usura: un reato che si nutre proprio del silenzio”, osserva Sangalli. “Cerco di spiegarlo con un dato. Nonostante l’usura sia il reato maggiormente diffuso tra le imprese del commercio, della ristorazione e della ricettività e nonostante quasi il 60% degli imprenditori ritenga la denuncia il primo indispensabile passo di fronte all’usura, questo è uno di quei reati che emergono con maggiore difficoltà”. L’usura, continua Sangalli, trova terreno ideale oggi “in un sistema di imprese reso più fragile e più esposto a causa di una drastica riduzione del volume di affari, della mancanza di liquidità e di una sostanziale difficoltà di accesso al credito”. I fenomeni criminali, conclude, si nutrono delle crisi. “Non ci stanchiamo pertanto di chiedere moratorie, moratorie fiscali e creditizie”.

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