Un cumulo di macerie. A que- sto è ora ridotto il nostro mercato dell’auto. Un business che, fino a po- chi anni fa, era il quarto del mondo, dietro gli Stati Uniti, il Giappone e la Germania. Certo, le cose cambiano e si trascinano dietro classifiche e gerarchie. Per arrivare a tanto, però, è evidente che ci abbiamo messo del nostro, altrimenti non sarebbe stato possibile. Quando il professor Prodi era a Palazzi Chigi, amava ripetere: «Gli incentivi? È una cosa di cui non si parla. Si fanno. Altrimenti le vendite si bloccano». Una regola antica e, tutto sommato, semplice che, in una fase come questa piena di imprevisti ideali per catalizzare l’attenzione, è stata completamente ignorata. O al- meno dimenticata. E i dati di immatricolazione sono da brividi. Pensate che per ritrovare un trend annuale tanto disastroso (circa 1,1 milioni di vetture) bisogna tornare indietro al 1967, quando il boom dell’auto si doveva ancora concretizzare. Un film. Dell’horror.
In Italia nel mese di marzo (storicamente uno dei migliori) sono state consegnate la “miseria” di 119.497 vetture, il 29,7% in meno rispetto allo stesso mese dell’anno scorso (in piena pan- demia) ed il 38,5% in meno se confrontato con le stesso periodo del 2019 prima che arrivasse il virus. Non si tratta di un picco, ma di una tendenza visto che le cose nel trimestre non sono andate molto meglio: 338.258 targhe, un crollo rispettiva- mente del 24,4% e del 37,1%. Possibile che questa caduta libera possa dipendere solo dagli incentivi quotidianamente annunciati ma mai attuati? Certo che no. Le variabili che hanno inciso sull’andamento sono numerose, dalla pandemia alla guerra, fino a quella “sciocchezza” della transizione energetica che ha cappottato( in bene?) il mondo dell’auto. Se avessimo avuto, come sarebbe dovuto essere, gli ecobonus strutturali e non quelli fantozziani a singhiozzo, potevamo contenere le perdite.
In effetti non è difficile da capire che, in un periodo poco allegro come quello attuale, non molti si vanno a comprare l’automobile se, la settimana successiva, si possono risparmiare qualche migliaio di euro.
I punti caldi sono già sotto i riflettori. La cifra, ma soprattutto il tetto di spesa, abbassato in confronto a quelli dello scorso anno potrebbero mettere fuori gioco numerosi modelli per- ché, si sa, le auto elettriche non sono proprio economiche. Poi non èf acile da capire fra le ricaricabili perché le plug-in potrebbero ricevere un bo- nus superiore alle “full electric” che sono molto più pulite. Infine un aspetto non di poco conto. Sarebbero escluse dagli incentivi la persone giuridiche che rappresentano da anni una importante quota di mercato. E sulle nuove tecnologie potrebbe essere ancora più consistente perché per stare tranquilli i clienti scelgono più il noleggio a lungo termine che l’acquisto. Il presidente dell’Unrae Michele Crisci propone giustamente di alzare la detraibilità (siamo già da anni in deroga sulla direttiva europea) delle auto molto ecologiche fino ad arrivare al 100% su le “zero emission”. Sembra una buona idea.