Ai primi di agosto, quando la trattativa con Unicredit sul destino di Monte dei Paschi era stata appena formalizzata, Daniele Franco aveva dato in Parlamento alcuni messaggi abbastanza chiari: la banca senese - aveva spiegato - incontrerebbe seri problemi restando da sola, ma il governo non è intenzionato ad accettare l’operazione a qualunque condizione. Contemporaneamente il ministro si era espresso contro l’ipotesi di chiedere a Bruxelles una proroga del termine (fissato a fine anno) per l’uscita di Mps dal controllo pubblico. Ora proprio quest’ultimo paletto sembra destinato a saltare: a poco più di due mesi dal 31 dicembre, in assenza di margini per una ricomposizione dell’attuale trattativa, è arduo immaginare in breve tempo la costruzione di un assetto alternativo. E dunque sei mesi di tempo in più potrebbero persino essere pochi.
Per tutto il pomeriggio, dopo che la Reuters ha rilanciato le indiscrezioni sulla rottura del negoziato, Palazzo Chigi e ministero dell’Economia sono rimasti in assoluto silenzio.
A favore di una proroga si è già espressa la politica. Il segretario del Pd Enrico Letta si schiera con il inistro dell’Economia e si dice favorevole alla proroga: «Via XX Settembre ha tenuto il punto ed è stata in linea con gli impegni presi in Parlamento. Ora bisogna dare più tempo perché si possano delineare nuove opzioni».
Di più Letta, che è stato appena eletto alla Camera alle elezioni suppletive di Siena e ha dovuto per gioco forza fare gran parte della campagna elettorale sul destino di Mps, non dice. Ma al Nazareno, il quartier generale del Pd, ricordano che il segretario dem per tutta la campagna «ha detto e ripetuto che il sì a Unicredit non doveva essere pronunciato a tutti i costi», non si doveva «cedere agli aut aut» e che il via libera doveva essere dato solo al verificarsi di quattro condizioni». Vale a dire: «La tutela dei posti di lavoro, la difesa del marchio Mps con il no allo “spezzatino”, la centralità della banca per Siena e la Toscana, un’uscita graduale dello Stato dal capitale della banca senese». Dunque, secondo quanto si ipotizza al Nazareno, se è saltata la trattativa con Unicredit è perché non sono state offerte garanzie rispetto alle condizioni richieste. Perciò Franco, a giudizio di Letta, avrebbe fatto bene a interrompere il negoziato con la banca milanese «mostrandosi conseguente con gli impegni presi in Parlamento». Ma ora, appunto, serve una proroga per guardare ad altre soluzioni.
Più o meno sulla stessa linea il Movimento Cinque Stelle: «Accogliamo con soddisfazione la posizione del Ministero del Tesoro» dicono i deputati della commissione Finanze della Camera che chiedono però una «proprio dei negoziati» lasciando intendere che i margini per una mediazione con Unicredito potrebbero non essere esauriti. In ogni caso, servirà più tempo.