Partite Iva in rivolta sulla fatturazione mensile: «Così lo Stato fa cassa»

Partite Iva in rivolta sulla fatturazione mensile: «Così lo Stato fa cassa»
Partite Iva in rivolta sulla fatturazione mensile: «Così lo Stato fa cassa»
di Andrea Bassi
Domenica 23 Agosto 2020, 00:05 - Ultimo agg. 14:37
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L’idea lanciata dal direttore del’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, era stata accolta come una svolta dalla Partite Iva. Semplificare il sistema della loro tassazione attraverso l’introduzione di versamenti mensili al posto della liquidazione annuale delle imposte sui redditi.


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Insomma, niente più complessi calcoli su percentuali di deducibilità dei costi, ammortamenti, e trattamenti delle spese, ma un meccanismo ipersemplificato: dagli incassi del mese si sottraggono le spese e sulla differenza ogni 30 giorni (o al massimo ogni trimestre) si applica l’aliquota e si versano le imposte. Era sembrato anche un tentativo di provare a fare la pace con una categoria che si era sentita bistrattata dal governo soprattutto a causa del mancato rinvio dei versamenti di luglio. Eppure sembra che, l’ottima idea lanciata da Ruffini, causa le difficoltà dei conti pubblici, stia prendendo una piega diversa. Tanto da creare l’allarme dei Commercialisti, che temono che la misura si traduca in una nuova e pesante complicazione per le Partite Iva. «Il dubbio che questa riforma possa trasformarsi in una complicazione, più che in una semplificazione viene», dice al Messaggero Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei commecialisti. 




IL MOTIVO
Il motivo è semplice. «Sappiamo», dice Miani, «che si sta andando avanti sul tema della liquidazione mensile o trimestrale delle imposte per le Partite Iva, ma non si sta facendo nessun passo avanti sulla questione della semplificazione. Per semplificare», prosegue, «bisogna affrontare tutta una serie di questioni, a partire dalla deducibilità dei costi. Se non si fa questo», secondo Miani, «il progetto non sarà una semplificazione ma una nuova ed ulteriore complicazione. Sarebbe come dover fare un bilancio non una volta all’anno ma dodici volte». 
La domanda successiva è quasi ovvia. Perché il governo dovrebbe trasformare una semplificazione come quella prospettata da Ruffini in una nuova complicazione burocratica. La risposta di Miani è semplice. «L’unico motivo è quello di incassare prima in un anno dove gli acconti saranno per forza di cose più bassi». Il problema, insomma, sarebbero le casse dello Stato. Nel 2021 le tasse saranno incassate dal Tesoro calcolate come acconto sui redditi percepiti nel 2020. È evidente che il 2020 sul fronte dei guadagni per buona parte delle Partite Iva è stato un anno perso. Quest’anno di redditi se ne dichiareranno ben pochi, essendoci stato il lockdown.

GLI EFFETTI
Un problema, tuttavia, che avrà effetti anche il prossimo anno per il meccanismo degli acconti e dei saldi che, appunto, effettua i calcoli per i versamenti sugli incassi dell’anno precedente. Dunque il sistema di pagamento mensile (o trimestrale), servirebbe più a far pagare le tasse alle Partite Iva direttamente sui guadagni del 2021, quando le stesse stime del governo si attendono un rimbalzo dell’economia. «Mi viene veramente il dubbio che alla base di questo progetto ci sia questo ragionamento», dice Miani.

«L’unico modo per smentire questa idea è che venga effettivamente presentato un progetto di semplificazione, sul quale abbiamo sempre detto di essere d’accordo. Tra l’altro - aggiunge il presidente del Consiglio nazionale dei Commercialisti - questo meccanismo sarebbe coerente con un sistema di flat tax». 
Non più tardi di due giorni fa, il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha annunciato al Meeting di Rimini, che la riforma del Fisco si farà. Non sarà un dossier facile da gestire. Se l’idea del governo è quella di semplificare il sistema, appare quanto mai singolare che i primi ad alzare il dito siano i commercialisti che, in teoria, dalla complicazione del sistema dovrebbero trarre vantaggio e invece chiedono di snellirlo. 
 

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