“Pensione extra”, Tfr ai fondi col silenzio-assenso. Iniziano le piccole imprese

“Pensione extra”, il pressing: Tfr ai fondi col silenzio-assenso. Iniziano le piccole imprese
“Pensione extra”, il pressing: Tfr ai fondi col silenzio-assenso. Iniziano le piccole imprese
di Andrea Bassi
Venerdì 4 Febbraio 2022, 00:03 - Ultimo agg. 5 Febbraio, 09:01
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Un nuovo tentativo di trasformare il Tfr, il trattamento di fine rapporto, in una pensione “aggiuntiva” per tutti i lavoratori. Il prossimo anno, nel 2023, tornerà il meccanismo del silenzio-assenso. Entro sei mesi i lavoratori dovranno comunicare ai propri datori se intendono mantenere il loro Tfr in azienda. In caso contrario la loro “liquidazione” sarà automaticamente trasferita nel fondo pensione di categoria o, se questo non c’è, al fondo Cometa, che ha inglobato il vecchio FondInps che accoglieva i lavoratori di quelle categorie sprovviste di un proprio fondo pensione. La nuova tornata di silenzio-assenso è una delle decisioni principali che sono emerse nel tavolo di confronto tra il governo e i sindacati sulla riforma delle pensioni che, secondo le intenzioni, dovrebbe vedere la luce entro aprile, in tempo per essere inserita nel Def per poi essere attuata con la prossima legge di bilancio. 

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Il sentiero

Il meccanismo del silenzio-assenso ha un precedente, quello del 2007.

Anche in quell’occasione il termine dato ai lavoratori per effettuare la scelta fu di sei mesi. «Allora», ricorda Domenico Proietti che per la Uil siede al tavolo sulle pensioni, «furono ben 1,5 milioni i lavoratori che aderirono ai fondi pensione». Quindici anni fa, insomma, il meccanismo diede una spinta alla previdenza, anche se non decisivo, visto che gli iscritti ai fondi sono poco meno di 10 milioni su un totale di 23 milioni di lavoratori. 

Dunque il meccanismo del silenzio-assenso, sarà riproposto. «L’iniziativa», spiega Ignazio Ganga, segretario confederale della Cisl, «dovrà essere accompagnata da una campagna di informazione ed educazione finanziaria». Alcuni nodi dovranno essere sciolti. Il primo riguarda l’applicazione a tutte le imprese o soltanto a quelle con meno di 50 dipendenti. In queste ultime, il Tfr rimane nella disponibilità dell’azienda, mentre nelle imprese più grandi, quelle oltre i 50 dipendenti, il Tfr viene trasferito allo Stato. Per questo, per le aziende più grandi, si pone un problema di conti pubblici. 

Per quelle più piccole invece non ci sarebbe questo problema, e dunque sarebbe più facile procedere con il nuovo semestre. Insomma, è quasi certo che per le piccole imprese, compresi bar e ristoranti, ma con l’esclusione dei lavoratori domestici, arriveranno altri sei mesi entro cui scegliere cosa fare del proprio Tfr. I sindacati hanno anche chiesto al governo di incentivare fiscalmente l’adesione ai fondi. Il governo ha rimandato la discussione alla delega fiscale in discussione in Parlamento. Delega che, comunque, preoccupa i sindacati proprio per la previsione della tassazione delle rendite dei fondi pensioni parificate al primo scaglione dell’Irpef. 

L’altro tema affrontato ieri al tavolo è stato quello della flessibilità in uscita. Il pensionamento anticipato, insomma. I sindacati hanno riproposto al governo la loro piattaforma: uscita a 62 anni con 41 di contributi. Come già fatto nelle altre riunioni del tavolo, i tecnici dell’esecutivo hanno preso nota delle richieste e hanno rinviato la discussione a una successiva riunione per gli approfondimenti tecnici. Riunione che, a questo punto, potrebbe essere convocata dopo il tavolo “politico” con il governo già fissato per lunedì prossimo, il 7 febbraio. 

Le ipotesi

Sul tema della flessibilità il governo continua a tenere le carte coperte. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha posto però un paletto preciso: rispettare pienamente i principi del sistema contributivo. Sul tavolo resta l’ipotesi di pensionamento a 64 anni con il ricalcolo della pensione in base ai contributi versati (una sorta di Opzione Donna estesa a tutti). Ma si starebbe discutendo anche di una ridefinizione dei coefficienti di trasformazione, il numeretto che trasforma i contributi versati in assegno pensionistico. Sul tavolo ci sarebbe la definizione di coefficienti per “coorti”, ossia in base all’anno di nascita e non, come oggi, in base a quando si lascia il lavoro. 
 

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