Pensioni, Cazzola: «La flessibilità va agganciata al disagio»

Pensioni, Cazzola: «La flessibilità va agganciata al disagio»
di Nando Santonastaso
Mercoledì 20 Ottobre 2021, 08:16 - Ultimo agg. 14:07
4 Minuti di Lettura

Professor Cazzola, c'è troppa ideologia dietro il superamento di quota 100 o si sta andando nella direzione più condivisa?
«Mi pare che lavorare sull'allargamento della base dell'Ape social potrebbe diventare una base comune risponde Giuliano Cazzola, considerato uno dei massimi esperti in Italia di lavoro e previdenza -. Del resto, allargare le categorie alle quali si riconosce una situazione di disagio è stato il lavoro della Commissione presieduta da Cesare Damiano anche se ha un po' strafatto».

Nel senso che ha allargato a troppe categorie?
«Esattamente.

E anche se hanno indicato delle scale di priorità, rischia di diventare come nei concorsi in cui ci sono vincitori e idonei: entrano prima quelli che stanno su ma poi più avanti anche gli altri che intanto acquisiscono un titolo per entrare. Il problema, dunque, a mio parere c'è anche perché sono convinto che il criterio del disagio scorra su un piano inclinato, con nuove figure cioè che cedono il posto ad altre e si mettono in fila aspettando il loro turno. Ma, ripeto, sono convinto che ci si può lavorare anche perché i requisiti che vengono previsti per l'Ape social non sono diversi da quelli che riguardavano quota 100: ovvero 63 anni di età e 36 o 30 anni di contributi a seconda delle condizioni personali, familiari o di lavoro».

Il governo sembra orientato a proporre al Parlamento quota 102 per evitare lo scalone una volta che andrà in soffitto quota 100.
«Vero, si ragiona sulla possibilità di passare a 64 anni di età e 38 di anzianità di contributi anche se quelli che, come dico io, hanno fatto ambo sono poche decine di migliaia. Io aspetto le decisioni del premier Draghi. Ma va tenuto conto, a proposito del bilancio complessivo di quota 100, che molti arrivavano a 62 anni ma non avevano 38 anni di anzianità oppure li avevano ma non anche i 62 anni di età. Voglio dire che, di fatto, già nel primo anno di applicazione di quota 100 i requisiti si sono molto alzati al punto da non avere di fatto alcuna differenza con l'Ape social».

Anche la Lega sembrerebbe orientata ad accettare quota 102
«Forse non molti sanno che a gennaio scorso, quando la Lega era all'opposizione, fu presentato un Disegno di legge alla Camera, primo firmatario il leghista Durigon, in cui si indica quota 100 solo per i lavori usuranti e con il calcolo contributivo, ammettendo nel contempo che quota 100 a fine anno sarebbe cessata. A mio giudizio è una proposta che limiterebbe moltissimo l'uscita anticipata perché i lavori usuranti sono quelli ben più gravi dei lavori disagiati: la Lega l'ha tirata fuori in scia al Pnrr che peraltro dedica all'argomento tre righe. La realtà rimane una sola: la legge Fornero non è mai stata abolita ma derogata due volte. E una di queste deroghe, più vantaggiosa per i lavoratori rispetto a quota 100, è stata che andare in pensione a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni le donne rimarrà fino al 2026. Se guardiamo i dati, sono molti di più coloro che hanno utilizzato questa deroga rispetto a quanti hanno utilizzato quota 100. E la spiegazione è che coloro che hanno cominciato a lavorare presto hanno avuto difficoltà a mettere insieme 62 anni d'età: non a caso la media dell'età di costoro è più bassa di quelli di quota 100».

Morale: si va verso una possibile soluzione condivisa?
«Il compromesso, anche rispetto alla posizione dei sindacati, si può trovare se uno lo vuole trovare però. Cioè, lavorando un po' sull'Ape social e magari mettendo anche uno scalino intermedio, fra quota 100 e quota 42 e 10 mesi, quella attuale per la pensione anticipata, una soluzione si può trovare. Certo, se uno dice che quota 100 va riconfermata a tutti i costi la questione diventa politica e allora la strada si fa in salita. L'Ue ci guarda, però, e non possiamo ignorarlo».

Ma il sistema Inps reggerà ancora a lungo?
«Il problema dell'Inps non è la sostenibilità ma il fatto che l'Istituto deve occuparsi di 35 gestioni, non solo delle pensioni. L'Inps aveva due galline doro: una, che rimane tale, erano i parasubordinati e l'altra che invece riguardava le gestioni temporanee, cig, malattia, previdenza minore, che garantivano avanzi importanti e che in realtà negli anni sono stati giocati tutti. L'Inps è come una spa che ha tanti filoni e può darsi che qualcuno di essi sballi. Il problema è sempre quello del futuro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA