Pensioni, nel 2023 assegni più bassi di oltre 340 euro (ma non per tutti): ecco la tabella

È quanto evidenziato da uno studio della Uilp, che mette in luce il crollo del potere d’acquisto dei pensionati dal 2011 al 2022, anche a fronte della piena rivalutazione delle pensioni nel 2023

Pensioni, nel 2023 assegni più bassi di oltre 340 euro (ma non per tutti): ecco la tabella
Pensioni, nel 2023 assegni più bassi di oltre 340 euro (ma non per tutti): ecco la tabella
Mercoledì 22 Marzo 2023, 19:02 - Ultimo agg. 24 Marzo, 15:21
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Pensioni, assegni più bassi nel 2023 di 340 euro, con una riduzione del potere d’acquisto annuale di 4.450 euro. È quanto evidenziato da uno studio della Uilp, il sindacato di categoria che associa gli anziani e i pensionati della Confederazione sindacale Unione italiana del lavoro. Secondo il documento, i tagli alla rivalutazione delle pensioni di importo mensile lordo superiore a quattro volte il trattamento minimo (circa 2.100 euro al mese) «comportano un risparmio di circa 3,5 miliardi di euro lordi (2,1 miliardi netti)», sottolinea il segretario generale della Uilp, Carmelo Barbagallo, in occasione dell'assemblea nazionale dei pensionati, aggiungendo che contro questi tagli «come Uil pensionati abbiamo deciso di presentare alcuni ricorsi pilota, a nostre spese e con il supporto dei legali della Uil».

 

Quanto si perde

Una pensione che nel 2011 aveva un importo mensile lordo pari a 1.500 euro, nel 2022 ha visto una perdita mensile pari a circa 58 euro e una riduzione del proprio potere d'acquisto annuale di 760 euro.

- Una pensione che nel 2011 aveva un importo mensile lordo pari a 3.500 euro, nel 2022 ha visto una perdita mensile pari a circa 340 euro e una riduzione del proprio potere d'acquisto annuale di 4.450 euro.

- Nel 2023 invece una pensione che nel 2022 aveva un importo mensile lorda pari a 2.500 euro, perde in un anno circa 25 euro al mese, circa 325 euro nell'anno.

Mentre una pensione che nel 2022 aveva un importo mensile lorda pari a 3.000 euro, perde nel solo 2023 oltre 92 euro al mese, circa 1.200 euro nell'anno. E una pensione che nel 2022 aveva un importo mensile lorda pari a 3.500 euro perde, sempre nell'anno in corso, oltre 115 euro al mese, circa 1.500 euro nell'anno. «Tagli davvero consistenti», commenta la Uil pensionati, che stima una sforbiciata con percentuali che vanno dal 15 al 68% per le pensioni di importo più alto. Un taglio che comporta per il 2023 un risparmio di circa 3,5 miliardi di euro lordi (2,1 miliardi netti).

 

La rivalutazione

La rivalutazione è stata attribuita ai soli beneficiari il cui importo cumulato di pensione non fosse superiore al limite di quattro volte il trattamento minimo, in pagamento nell’anno 2022 (pari a 2.101,52 euro). Con la nuova circolare sono state fornite le istruzioni anche per i trattamenti di importo superiore a quattro volte il trattamento minimo, come stabilito dal comma 309 dell’articolo 1 della legge del 29 dicembre 2022. Per la determinazione dell’importo complessivo da prendere in considerazione per la perequazione devono essere considerate tute le prestazioni memorizzate nel Casellario centrale delle pensioni. Ad esempio, i trattamenti lordi tra 2.101,52€ e 2.123,19€ localizzati tra quattro e cinque volte il minimo dovrebbero rivalutati in misura pari al 6,205%. Siccome il calcolo porterebbe ad un risultato inferiore a quello riconosciuto al più alto trattamento localizzato nella fascia precedente viene attribuita quest’ultima rivalutazione, cioè 2.254,93€ (ovvero il 7,5% di 2.101,52€)

 

I dati dell'Inps

Quasi due terzi delle pensioni erogate in Italia, ad esclusione di quelle dei dipendenti pubblici, sono inferiori a 1.000 euro: il dato arriva dall'Osservatorio sulle pensioni dell'Inps che precisa comunque come il dato riguardi le prestazioni singole e non il reddito da pensione dei percettori che spesso godono di più trattamenti. Nel complesso le pensioni vigenti a inizio 2023 per dipendenti privati, autonomi e le prestazioni assistenziali sono oltre 17,7 milioni, per 231 miliardi di spesa. Il 77,2% è di natura previdenziale (206,6 miliardi) e il 22,8% di natura assistenziale (24,4 miliardi di spesa).

 

Vecchiaia e invalidità

Le pensioni inferiori a 1.000 euro al mese nel complesso sono 11,5 milioni, mentre sono 9,88 milioni quelle inferiori a 750 euro (il 55,8%). Nel 2022 sono state liquidate 1.350.222 nuove pensioni, il 46,5% delle quali di natura assistenziale. L'età media alla decorrenza complessiva è aumentata di oltre quattro anni tra il 2003 e il 2022 passando da 62,3 a 66,9. Se si guarda all'età di vecchiaia l'uscita è passata da 59,8 a 64,4 anni (era 64,3 nel 2021), mentre quella dei superstiti è passata da 70,4 a 74,7. Per l'invalidità previdenziale l'età alla decorrenza è passata da 51,2 a 55,2 anni. Analizzando la distribuzione per classi di importo mensile delle pensioni - si legge nell'Osservatorio - «si osserva una forte concentrazione nelle classi basse. Il 55,8% delle pensioni ha un importo inferiore a 750,00 euro.

 

Il divario uomini e donne

Questa percentuale costituisce solo una misura indicativa della povertà, per il fatto che molti pensionati sono titolari di più prestazioni pensionistiche o comunque di altri redditi». Il divario tra i due sessi - spiega l'Inps - è accentuato: per gli uomini la percentuale di prestazioni con importo inferiore a 750 euro è al 40,9% contro il 67,7% per le donne. E se si analizza la situazione della categoria vecchiaia, si osserva che questa percentuale per gli uomini scende al 18,4%. Sempre per i maschi, si osserva che il 44,8% delle pensioni di vecchiaia è di importo compreso fra 1.500 e 3.000 euro. Per le donne sono minori i numeri delle pensioni di vecchiaia (3,9 milioni contro 5,3) mentre sono superiori rispetto agli uomini le pensioni erogate ai superstiti (3,02 milioni contro 437mila), quelle agli invalidi civili (quasi 1,88 milioni contro 1,34) e le pensioni sociali, quelle che in generale hanno importi più bassi.

 

Il divario Nord-Sud

L'Inps segnala infine la maggiore incidenza delle pensioni previdenziali al Nord e di quelle assistenziali al Sud. In Italia vengono erogate 68 pensioni assistenziali ogni 1.000 abitanti, ma se l'incidenza è di 45 ogni mille abitanti in Emilia-Romagna, in Calabria è di 115, più del doppio. Il coefficiente standardizzato per distribuzione di età della popolazione è di 118 ogni 1.000 abitanti in Calabria e di 43 in Emilia-Romagna. Se si guarda invece alla prestazioni previdenziali la graduatoria tra Regioni del Nord e del Sud si inverte con la Campania che ha solo 146 pensioni previdenziali ogni 1.000 abitanti e il Piemonte 286 (226 la media in Italia). Se si guarda al coefficiente standardizzato la Regione che fa peggio è la Sicilia (167) mentre l'Emilia-Romagna segna 268 pensioni previdenziali ogni mille residenti.

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