Cina smette di comprare il petrolio russo? Pechino preoccupata dalle decisioni Ue sul price cap

Secondo Bloomberg il governo cinese starebbe aspettando di avere le idee più chiare sul tetto al prezzo del petrolio che verrà imposto da Ue e G7

Cina smette di comprare il petrolio russo? Pechino preoccupata dalle decisioni Ue sul price cap
di Fausto Caruso
Mercoledì 23 Novembre 2022, 11:48 - Ultimo agg. 19:18
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La Cina smette di comprare il petrolio russo? Presto per dirlo, ma secondo un’analisi di Bloomberg i compratori cinesi di greggio targato Mosca hanno «messo in pausa» le loro operazioni e grossi carichi che andavano consegnati entro dicembre rimangono invenduti. Questo perché il governo di Pechino è in attesa di capire con precisione quali saranno le decisioni prese dal G7 e da Bruxelles in merito al price cap sul petrolio russo. L’Unione Europea ha infatti annunciato che dal 5 dicembre smetterà di importare petrolio dalla Russia e dal prossimo 5 febbraio ci sarà lo stop anche di tutti i prodotti petroliferi, ma la stretta sulle esportazioni di Mosca mira a colpire anche i suoi rapporti extra Ue.

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Le decisioni dell’Ue

Già da tempo diversi paesi europei avevano smesso di comprare il petrolio russo dopo l'invasione dell'Ucraina e il Cremlino aveva cominciato a dirigere i flussi verso l’Asia.

A beneficiarne sono state soprattutto Cina e India, che hanno potuto riempire i propri stoccaggi con grandi quantità di greggio russo a prezzi vantaggiosi, ma ora le azioni di Bruxelles e Washington rischiano di chiudere, o quantomeno di complicare parecchio, anche queste tratte. Nell’ultimo pacchetto di sanzioni, varato lo scorso 6 ottobre, si legge che alle compagnie europee «sarà vietato fornire trasporto marittimo e prestare assistenza tecnica, servizi di intermediazione, finanziamenti o assistenza finanziaria connessi al trasporto marittimo verso paesi terzi di petrolio greggio (dal dicembre 2022) o di prodotti petroliferi (dal febbraio 2023) originari della Russia o esportati dalla Russia». Il sito dell’Ue precisa che si potrà derogare al divieto solo se il prezzo di acquisto sarà inferiore al tetto che verrà stabilito dalla stessa Ue e dai Paesi del G7. La misura punta e limitare gli enormi profitti di cui il Cremlino continua a beneficiare dalla vendita di petrolio. L’ulteriore precisazione di Bruxelles è che il blocco «si applicherà a decorrere dalla data in cui il Consiglio deciderà all'unanimità di introdurre il tetto sui prezzi». Proprio questa è l’ultima decisione che si attende a breve, probabilmente già negli incontri previsti a Bruxelles tra oggi e domani.

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Le reazioni di Mosca

Fonti statunitensi citate dalla Reuters hanno spiegato che la decisione è quella di imporre un tetto fisso piuttosto che uno fluttuante legato all’andamento del prezzo del petrolio che potrebbe permettere a Putin di manipolarlo. Gazprom, il colosso russo dell’energia, ha minacciato di azzerare le forniture di gas che arrivano in Europa tramite l'Ucraina come rappresaglia. Riguardo al greggio, invece, le stesse fonti spiegano che è improbabile anche che lo zar decida di chiudere i rubinetti verso chi applica il price cap, come ha ventilato di fare, perché questo porterebbe a un’impennata dei prezzi che sarebbe controproducente per continuare a vendere in Asia.

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Il greggio russo è molto apprezzato dal mercato cinese, spiega Bloomberg, grazie all’alta resa nella raffinazione del diesel. Ciononostante molti operatori sembrano pronti a conformarsi al price cap, in caso questo non sia troppo basso, dal momento che aggirarlo vorrebbe dire affidarsi soltanto a operatori extra Ue per i servizi di trasporto e assicurazione, cosa che renderebbe molto più complicato l’approvvigionamento. Proprio chi deve offrire questi servizi, così come le banche che finanziano gli acquisti, è molto preoccupato dell’effetto delle sanzioni e delle possibili impennate dei prezzi. Uno scenario a cui Putin dovrà prestare la massima attenzione visto che con le sanzioni occidentali Cina e India sono diventati sbocchi fondamentali per il mercato petrolifero russo, che ormai dirige in Asia oltre 3 milioni di barili al giorno, e non si può permettere di perderli. Dall'altro lato l'Ue e Gli Usa dovranno dimostrarsi in grado di controllare i propri operatori commerciali per evitare che celino l'origine del proprio carico. 

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