Pizza e pasta, boom dei sottomarca: risparmi fino al 50 per cento e stessa qualità

Tra il 2012 e il 2021 la crescita è tre volte superiore rispetto all’industria alimentare

Pizza e pasta, boom dei sottomarca: risparmi fino al 50 per cento e stessa qualità
Pizza e pasta, boom dei sottomarca: risparmi fino al 50 per cento e stessa qualità
di Carlo Ottaviano
Sabato 14 Gennaio 2023, 22:09 - Ultimo agg. 17 Gennaio, 10:24
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La confezione di pizza margherita surgelata di una nota marca costa 4,20 euro, proprio accanto c’è quella con una etichetta meno nota a 3,99. Stesso peso, stessi ingredienti, addirittura stesso stabilimento di produzione di un’altra confezione sullo stesso scaffale che costa 4,30. Basta spostarsi di qualche corridoio di un qualunque supermercato (il nostro test a Roma, in zona Salario) per trovare olio, pasta, succhi di frutta, bevande, superalcolici e molti beni di consumo con prezzi differenti, perfino del 50%. 

IL CONFRONTO

Una valvola di risparmio importante per le famiglie in tempo di crisi e con l’inflazione galoppante, che spiega il perché del successo della Marca dei distributori (Mdd), conosciuta anche col termine private label.

Dietro c’è l’impegno di oltre 1.500 piccole e medie imprese italiane. Sono aziende terziste (nella terminologia di settore copacker) che producono prodotti per grandi catene utilizzando i marchi di queste. Nei primi nove mesi del 2022, secondo i dati provvisori di The European House Ambrosetti e IRI, l’aumento del loro giro d’affari è stato del 9,5% rispetto all’anno prima. Nel 2021 – ultimo dato consolidato disponibile – il valore totale aveva raggiunto gli 11,7 miliardi di euro, con un quota di mercato del 19,8%. Che per alcune insegne discount ha toccato il 32%, cioè un terzo del totale degli incassi. Nel periodo 2012-2021, la crescita della Marca del distributore, rispetto alla crescita registrata dall’industria alimentare, è stata tre volte superiore. Novecento aziende (di cui 650 del food), 22 grandi catene della distribuzione moderna, 12 mila buyer provenienti da 50 Paesi di tutti in continenti da mercoledì mattina a Bologna daranno vita a Marca, da 19 anni la maggiore esposizione internazionale del settore, che quest’anno occuperà sei padiglioni della fiera. Significativamente sarà il ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida a tagliare il nastro. «La Mdd – spiega infatti Marco Pedroni, presidente delle Associazioni della distribuzione moderna – è oggi un player fondamentale per il mondo dell’agroindustria del Paese. Le eccellenze e la varietà gastronomica, tra le più grandi ricchezze dell’Italia, sono il nutrimento e il presidio da difendere di un insieme di piccole e medie imprese per le quali la Mdd svolge un ruolo di sostegno importante». 

IL NODO DELL’EXPORT

Uno sfogo importante anche sui mercati esteri, nonostante l’assenza di un grande player internazionale nella distribuzione (che è una delle più evidenti debolezze del sistema Italia nell’agroindustria). Basti pensare che la francese Carrefour ha esportato nel 2021 800 milioni di prodotti made in Italy o che il gigante tedesco Lidl acquista ed esporta dall’Italia cibo e vino per due miliardi di euro. «Questi prodotti sono una scelta rassicurante per le famiglie anche perché in questi mesi la Mdd ha funzionato da calmiere dei prezzi e continuerà così», aggiunge Pedroni che domattina a Milano anticiperà alcuni dati, assieme a Giampiero Calzolari (presidente di BolognaFiere), Valerio De Molli (ceo di The European House Ambrosetti) e Brunella Sacconi (direttore agroalimentare di Ice).
I dati di Iri dimostrano che i consumatori hanno grande fiducia nei brand “inventati” dalle catene. Fermo restando qualità e peso netto, per esempio, il packaging in periodi di ristrettezze conta meno e anzi diventa motivo di condivisione degli obiettivi di sostenibilità ambientale (meno carta, cartone e plastica). Così, a fronte di un calo generalizzato della spesa, il carrello dei prodotti Mdd è cresciuto nell’ultimo mese del 2,2%. I comparti migliori sono stati il fresco (34,8% del totale, +1,7% in valore, + 5,7% in volume) e il pet care, il cibo per gli animali domestici (22% del totale, +1,5% in valore e + 6,6% in volume). I private label hanno migliorato il posizionamento competitivo anche negli altri reparti. Oggi valgono il 29,1% degli acquisti di fresco, il 29% del freddo, il 18,2% dei prodotti di drogheria, il 7,8% delle bevande. Nei settori non alimentari la quota nei prodotti per la cura della casa è del 22,3% e del 14,3% per la cura della persona. 

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