La confezione di pizza margherita surgelata di una nota marca costa 4,20 euro, proprio accanto c’è quella con una etichetta meno nota a 3,99. Stesso peso, stessi ingredienti, addirittura stesso stabilimento di produzione di un’altra confezione sullo stesso scaffale che costa 4,30. Basta spostarsi di qualche corridoio di un qualunque supermercato (il nostro test a Roma, in zona Salario) per trovare olio, pasta, succhi di frutta, bevande, superalcolici e molti beni di consumo con prezzi differenti, perfino del 50%.
IL CONFRONTO
Una valvola di risparmio importante per le famiglie in tempo di crisi e con l’inflazione galoppante, che spiega il perché del successo della Marca dei distributori (Mdd), conosciuta anche col termine private label.
IL NODO DELL’EXPORT
Uno sfogo importante anche sui mercati esteri, nonostante l’assenza di un grande player internazionale nella distribuzione (che è una delle più evidenti debolezze del sistema Italia nell’agroindustria). Basti pensare che la francese Carrefour ha esportato nel 2021 800 milioni di prodotti made in Italy o che il gigante tedesco Lidl acquista ed esporta dall’Italia cibo e vino per due miliardi di euro. «Questi prodotti sono una scelta rassicurante per le famiglie anche perché in questi mesi la Mdd ha funzionato da calmiere dei prezzi e continuerà così», aggiunge Pedroni che domattina a Milano anticiperà alcuni dati, assieme a Giampiero Calzolari (presidente di BolognaFiere), Valerio De Molli (ceo di The European House Ambrosetti) e Brunella Sacconi (direttore agroalimentare di Ice).
I dati di Iri dimostrano che i consumatori hanno grande fiducia nei brand “inventati” dalle catene. Fermo restando qualità e peso netto, per esempio, il packaging in periodi di ristrettezze conta meno e anzi diventa motivo di condivisione degli obiettivi di sostenibilità ambientale (meno carta, cartone e plastica). Così, a fronte di un calo generalizzato della spesa, il carrello dei prodotti Mdd è cresciuto nell’ultimo mese del 2,2%. I comparti migliori sono stati il fresco (34,8% del totale, +1,7% in valore, + 5,7% in volume) e il pet care, il cibo per gli animali domestici (22% del totale, +1,5% in valore e + 6,6% in volume). I private label hanno migliorato il posizionamento competitivo anche negli altri reparti. Oggi valgono il 29,1% degli acquisti di fresco, il 29% del freddo, il 18,2% dei prodotti di drogheria, il 7,8% delle bevande. Nei settori non alimentari la quota nei prodotti per la cura della casa è del 22,3% e del 14,3% per la cura della persona.