Recovery plan al Sud, concorsi in ritardo e i Comuni restano senza personale

Recovery plan al Sud, concorsi in ritardo e i Comuni restano senza personale
di Nando Santonastaso
Venerdì 11 Febbraio 2022, 23:57 - Ultimo agg. 12 Febbraio, 17:40
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In qualità di soggetti attuatori del Pnrr hanno tra le mani un tesoro che oscilla tra i 66 e i 71 miliardi di euro, circa il 36% di tutte le risorse assegnate all’Italia. E possono utilizzare tra i 600 e i 700 milioni di risorse proprie per assumere almeno 15mila unità di personale non dirigenziale di supporto per l’attuazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E ancora: per i piccoli Comuni – al di sotto dei 5.000 abitanti – c’è anche un fondo da 30 milioni di euro mentre altri 67 milioni, per così dire extra, sono stati stanziati per l’assunzione di tecnici nei Comuni del Mezzogiorno. Eppure, la preoccupazione degli enti locali di non riuscire a spendere i soldi in arrivo o già assegnati del Pnrr perché privi delle necessarie unità di personale, è pressoché generale. L’ha sintetizzata efficacemente il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, parlando di paradosso a proposito del fatto che «le nuove figure arrivano dopo, mentre è adesso il momento in cui si devono fare i progetti».

E lo stesso presidente Anci, De Caro, si è detto pessimista sulla capacità dei Comuni di spendere tutti i fondi entro i prossimi 5 anni. Insomma, tra le fasce tricolori cresce la sensazione che i rinforzi per i loro municipi, così necessari specie dopo anni di indebolimento della Pubblica amministrazione (320.304 i dipendenti comunali oggi contro i 451.878 del 2001, quasi un terzo in meno, con l’età media salita a 53 anni per effetto del mancato ricambio) possano arrivare tardi, compromettendo il rispetto delle scadenze concordate con l’Ue.

Quanto tardi, è difficile stabilirlo, almeno in questa fase, perché nel ragionamento entrano diversi fattori. La macchina dei concorsi pubblici, ad esempio, ha subìto un’evidente, indiscutibile accelerazione sotto la spinta del ministro Renato Brunetta e il varo di due decreti da parte del governo ha modificato tempi e procedure per le selezioni e il reclutamento, imprimendo ben altro ritmo alle croniche lungaggini della burocrazia.

Ma la strada è appena iniziata e certi nodi non ancora risolti, come quelli relativi alla tipologia contrattuale generalmente proposta e ritenuta non sempre congrua rispetto alle attese: i contratti della sfera dirigenziale sono per la maggior parte a tempo determinato e comunque non prorogabili oltre il 2026, l’anno limite per l’attuazione del Pnrr. Inoltre, ancorché accorciate e digitalizzate, le prove di concorso hanno comunque iter procedurali da rispettare per evidenti ragioni di trasparenza. 

Per il Concorso Sud bis, ad esempio, che ha rimesso in pista 2022 posti per tecnici da assegnare (per 36 mesi) alle amministrazioni del Mezzogiorno, sono dovuti passare comunque oltre tre mesi tra bando (ottobre 2021) e prova (che è prevista tra poche settimane). Sono tempi senza precedenti, certo, come quelli che hanno portato al ministero delle Finanze in questi giorni 500 nuovi specialisti selezionati su 34mila domande: «Prima per una selezione di questo tipo servivano da quattro a sei anni, anni di indecisione e incertezza. Il concorrente provava altri concorsi, si disperdeva “in attesa di...”. Noi in tre mesi abbiamo realizzato una selezione molto seria», ha commentato Brunetta. Altre selezioni importanti sono state portate a termine: quella degli 8.171 addetti all’Ufficio del processo, per la Giustizia, e quella dei 1.000 esperti per sostenere le Regioni nell’attuazione del Pnrr. Ma riuscire a garantire la copertura di tutte le posizioni, dirigenziali e non, di cui i Comuni e più in generale gli enti locali hanno bisogno, resta un’incognita. Lo dimostra il fatto che, a quanto pare, dietro l’apparente indifferenza con la quale i Comuni del Sud hanno risposto al bando per l’economia circolare del Pnrr, opportunamente prorogato di un altro mese su iniziativa del ministro Carfagna e del collega Cingolani proprio per evitare un clamoroso flop in chiave meridionale, c’è la difficoltà a proporre progetti in grado di competere: un conto è la pista ciclabile, un altro sono le piattaforme per il riciclo dei rifiuti dove serve ben altra qualità di pianificazione, di cui come detto troppi enti locali sono ancora sprovvisti. 

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Conforta, per la verità, l’assorbimento dei circa 1.900 vincitori del Concorsone Ripam della Regione Campania che da circa un mese hanno preso possesso delle loro destinazioni: in questo caso il Pnrr non c’entra ma sono passati più di due anni dall’inizio dell’iter e la svolta è arrivata dopo la semplificazione delle prove finali. Di sicuro per tutti i neo dipendenti pubblici la parte più difficile inizia dopo l’assunzione: «Firmati i contratti, gli esperti saranno inseriti in uffici spesso privi di professionalità: con la speranza – come sostiene Carlo Mochi Sismondi, presidente di Forum PA – che non si limitino a fare da consulenti, ma che possano entrare a pieno regime nella macchina della pubblica amministrazione, prendendo decisioni e assumendosi le loro responsabilità».

Di sicuro è una corsa contro il tempo quella che governo e sindaci stanno affrontando, con modifiche tutt’altro che trascurabili al precedente ordinamento. Un esempio? Accogliendo le richieste dei Comuni, è passata la deroga ai vincoli che attualmente limitano la capacità di assunzione dei Comuni per ragioni di austerity. E la possibilità di assumere è stata confermata anche a quelli in pre-dissesto, a patto che la spesa non superi l’80% della cifra utilizzata allo stesso scopo nell’ultimo rendiconto prima dell’avvio della procedura di riequilibrio finanziario. Il guaio è che ci si è arrivati a Pnrr già sul tavolo, sull’onda emotiva di chi si vede passare davanti un treno e teme di non poterlo afferrare. 

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