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Recovery plan, dagli asili ai rifiuti: la clausola Mezzogiorno continua a essere violata

Pnrr, dagli asili ai rifiuti: la clausola Mezzogiorno continua a essere violata
Pnrr, dagli asili ai rifiuti: la clausola Mezzogiorno continua a essere violata
di Andrea Bassi
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 3 Gennaio 2022, 09:00
4 Minuti di Lettura

La storia assomiglia sempre di più alla tela di Penelope. La mattina, alla luce del sole, si tesse una bellissima trama. Opere e progetti in grado di restituire al Mezzogiorno quelle risorse e quelle infrastrutture materiali e immateriali negate nei decenni passati. La notte, nell'ombra, si cerca in tutti i modi di disfare la tela. Mani e manine che mettono ostacoli, clausole, codici e cavilli per non dare al Sud ciò che è stabilito debba ottenere: il 40% delle risorse territorializzabili del Recovery Plan. In euro fanno 82 miliardi dei circa 200 del piano. Gli indizi sono molti. Il primo erano stati i bandi per gli asili nido, 700 milioni di euro. Questione annosa. I bambini del Mezzogiorno sono i più svantaggiati, da questo punto di vista.

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Se dunque i soldi servono a colmare i divari, logica avrebbe voluto che i finanziamenti fossero stati indirizzati prevalentemente al Sud. Invece nei bandi era spuntata una clausola penalizzante proprio per i Comuni del Mezzogiorno. Era stato cioè previsto che ai Comuni fosse assegnato un punteggio aggiuntivo - spesso decisivo - crescente in base ai cofinanziamenti messi sul tavolo. Chi più ha e più offre, più ottiene. Risultato? Un asilo nido in via Rimini a Milano, a due passi dai Navigli, ha ottenuto circa 3 milioni di euro dal Pnrr scavalcando Venafro, che i tre milioni sul tavolo non li ha potuti mettere. Bandi partiti prima del governo Draghi, ha ricordato il ministro per il Sud, Mara Carfagna, quando a Palazzo Chigi c'era Giuseppe Conte. Di qui la promessa che nelle future assegnazioni si sarebbero usati altri criteri e rispettata la clausola del 40 per cento. 

Ma le strade per provare ad aggirare la riserva di fondi al Sud sembrano infinite. Era stato sempre Il Messaggero a sollevare il caso dei bandi di gara del Piano nazionale di ripresa, predisposti dal ministero della Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani, per il trattamento dei rifiuti. Qui la clausola di riserva del 40% dei fondi al Sud era stata interpretata all'incontrario. Letteralmente. 

In ognuno dei bandi per la realizzazione dei nuovi impianti di trattamento era stato previsto che il 40 per cento andasse al Nord, mentre il Centro e il Sud avrebbero dovuto dividersi il restante 60%. L'unico modo, insomma, per rispettare la disposizione che prevede l'obbligo di investire almeno il 40 per cento nelle risorse nel Mezzogiorno, sarebbe stato ridurre fortemente i fondi destinati al Centro Italia. Operazione non facile, visto che nella terra di mezzo c'è pure Roma, che ha un enorme fabbisogno di impianti per il trattamento dei rifiuti. Singolare criterio, comunque, quello di riservare tante risorse a un territorio che già può contare su molte infrastrutture di trattamento.

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E siamo ad oggi. Alla beffa finale. Nella prima relazione sull'attuazione del Recovery presentata dal governo, nel paragrafo dedicato alla coesione territoriale, viene infatti spiegato che gli investimenti per l'Alta velocità ferroviaria «non sono territorializzabili». Vanno cioè esclusi ai fini del conteggio della quota del 40% riservata al Mezzogiorno. E in effetti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza gli investimenti destinati al Nord sono molti di più, esattamente 8,5 miliardi, di quelli riservati al Sud: 4,6 miliardi in tutto. Anche perché si tratta di opere da concludere entro il 2026 e, dunque, non si può fare altro che proseguire i cantieri avviati. Proprio questa però è la malattia, la causa degli squilibri territoriali che andrebbero colmati.

Da anni la legge sul federalismo prevede che il Sud sia risarcito con una «perequazione infrastrutturale». Che cioè si faccia un censimento di tutte le strade, le ferrovie, le stazioni, le reti energetiche che sono al Nord e quelle che sono al Sud. E che poi si intervenga per investire e colmare i divari. Questo censimento, più volte rimandato, non è ancora stato presentato. Ma scrivere che l'Alta velocità non è «territorializzabile» la escluderebbe dalla perequazione. Una beffa per quelle Regioni dove per coprire la stessa distanza che va da Roma a Milano oggi servono il doppio delle ore. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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