Centinaia di posti da operaio disponibili, ma nessuno li vuole: «Non piacciono i turni e il lavoro di notte»

Lavoro in fabbrica
Lavoro in fabbrica
di M. A.
Giovedì 28 Aprile 2022, 09:47 - Ultimo agg. 11:05
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Sarà uno degli argomenti - forse addirittura il primo - da discutere stamattina nel corso del convegno sul lavoro che si terrà a Udine e che vedrà la partecipazione anche del presidente regionale Massimiliano Fedriga. Dai medici ai baristi, dai cuochi agli infermieri, sembra essersi innescata una spirale che allarga sempre di più il divario tra la domanda e l’offerta di lavoro. E la dinamica interessa anche la principale fonte di forza lavoro delle fabbriche, cioè gli operai. L’allarme arriva sia dalle agenzie interinali che dalla Confindustria. In tutta la regione mancano centinaia di figure professionali che le grandi fabbriche cercherebbero ma che sul mercato sembrano diventate improvvisamente introvabili. E nemmeno la manodopera straniera viene più in aiuto. 


LA DINAMICA


Le agenzie per la somministrazione di lavoro sono subissate dalle richieste delle aziende.

Metalmeccanica, legno-arredo, anche l’edilizia che arranca sulla scia della penuria di materiali. In realtà i posti di lavoro li offrono praticamente tutti, «perché - spiega Paolo Candotti (Unindustria) - si lavora ancora sull’onda delle commesse firmate e ottenute nel corso del 2021, quando si è verificato un vero e proprio boom economico». Il problema è che poi queste offerte di lavoro non incontrano più la domanda.

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«E finiamo per “rubarci” gli operai tra di noi», è l’amara conclusione degli industriali. Tornando al nocciolo della questione, adesso sono anche gli operai a mancare. E non si parla degli specializzati e dei qualificati, figure che mancavano già da tempo nel panorama del Friuli Venezia Giulia. In questo caso l’allarme si è allargato fino a toccare gli operai “semplici”, ai quali vengono chiesti i classici “turni”. Lo spaccato offerto dalle agenzie interinali è netto: sempre meno persone sono disposte ad accettare il lavoro in fabbrica, quello con i turni e le otto ore, magari notturne. E analizzando il fenomeno sembra di ripetere gli stessi discorsi ascoltati e riportati per quanto riguarda giovani medici e ristoratori. 


LA SPIEGAZIONE


«Sempre più spesso - prosegue Candotti - viene a mancare una disponibilità di base: riguarda la voglia di fare i turni sulle otto ore, di lavorare di notte. È un fenomeno che notiamo in maniera sempre più frequente e che non riguarda più solamente gli italiani». Prima, infatti, a “salvare” le fabbriche erano gli stranieri, disposti a sacrificarsi per i turni più pesanti, quelli magari che prevedono l’impegno notturno. Ora però i lavoratori non italiani in Friuli Venezia Giulia risultano già occupati oppure hanno ottenuto qualifiche superiori nel corso del tempo. 

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L’EFFETTO COVID


C’è però un’altra faccia della medaglia. Il fenomeno in questo caso è descritto dalle varie agenzie interinali che operano in Friuli Venezia Giulia. La pandemia ha cambiato i desideri di chi cerca lavoro. Lo smart working ha fatto capire a molte persone il valore del tempo libero, degli spazi di libertà personale. È in corso un mutamento di priorità, che spinge le persone a rifiutare il lavoro “statico”, fatto di turni e orari fissi. Sempre più candidati privilegiano gli spazi liberi, la flessibilità, anche il mantenimento dello stesso smart working. «Ma il risultato - chiude sempre Candiotti - è che le aziende ormai si litigano gli operai. Il lavoro c’è, la richiesta anche, ma l’offerta purtroppo scarseggia. Per noi in questo momento si può parlare di dramma». 

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