Prestiti, nuove regole Ue sui debiti: le piccole imprese italiane al collasso

Prestiti, nuove regole Ue sui debiti: le piccole imprese italiane al collasso
di Valerio Iuliano
Lunedì 7 Dicembre 2020, 12:00 - Ultimo agg. 17:38
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La proroga è arrivata, a poco meno di un mese dall'entrata in vigore della norma che rischia di determinare il fallimento di quasi la metà delle Pmi dislocate sul territorio nazionale. Ma gli effetti del nuovo regolamento, a partire dal 1° aprile 2021, potrebbero essere altrettanto drammatici. La normativa è quella che riduce enormemente la soglia per la dichiarazione di default di imprese e persone fisiche, sulla base di un regolamento europeo del 2013. 

Dalla primavera prossima, basterà un arretrato di 90 giorni con un importo pari all'1% dell'esposizione nei confronti di un istituto di credito e una soglia minima di 100 euro per le persone fisiche e di 500 euro per le imprese. Coloro che non rientrano nei parametri verranno segnalati alla Centrale Rischi della Banca d'Italia e da quel momento diventerà di fatto impossibile l'accesso al credito bancario, con gli istituti di credito costretti a stringere i cordoni della borsa per evitare la proliferazione dei crediti deteriorati.

Una conseguenza molto probabile, in piena recessione, sarà il fallimento dell'azienda e il dissesto finanziario della persona fisica. Anche dopo aver sanato il debito, il cliente dovrà attendere almeno un anno prima di poter uscire dall'«elenco dei cattivi pagatori». Appare paradossale l'applicazione di una norma di questo tipo in un momento in cui la quasi totalità delle aziende è alle prese con il drastico calo dei fatturati, determinato dalla pandemia. E le capacità di rimborso da parte delle imprese risultano fatalmente molto più limitate che nel periodo ante-Covid. 

Sono circa 42mila - secondo Confesercenti - le piccole attività del commercio, dell'artigianato, dell'industria e dei servizi che, pur di non fallire, potrebbero essere costrette a ricorrere a finanziamenti illegali. Mentre da una ricerca di Crif, la società bolognese attiva nel sistema delle informazioni creditizie, si ricava un dato significativo sullo stato di salute delle aziende. Nel terzo trimestre 2020 le imprese che hanno rispettato le scadenze nel saldare i fornitori sono solo il 35% del totale. Da ottobre in poi sono aumentati del 47%, rispetto al mese precedente, le richieste di prestiti alle banche. Il presidente dell'Abi Patuelli giudica il regolamento «un meccanismo micidiale soprattutto in epoca di pandemia, perché chi accusa quel ritardo finisce per essere inserito nella lista dei cattivi pagatori, con tutto quello che ne consegue, anche per le banche. Tutto ciò finirebbe per strangolare l'economia». L'incubo paventato dagli addetti ai lavori è quello di una spirale inarrestabile di fallimenti. I crediti deteriorati nel nostro Paese supereranno ampiamente entro la fine del 2020 i 300 miliardi di euro e la combinazione con le norme sulla classificazione dei crediti promosse dalla Vigilanza europea potrebbe produrre conseguenze potenzialmente destabilizzanti per il sistema creditizio, in particolare per le banche del territorio. 

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L'Assifact, l'associazione delle società di factoring, segnala un altro pericolo. «L'entrata in vigore della nuova definizione di default rischia di avere - scrive il presidente di Assifact Fausto Galmarini in una lettera a Mef, Banca d'Italia, Abi e Confindustria - un impatto devastante sul sistema dei crediti commerciali delle imprese, in particolare quelli ceduti attraverso il factoring che a fine 2019 erano 255 miliardi di euro, pari al 14% del Pil nazionale. Con soglie più basse per i tempi di pagamento e una diversa modalità di calcolo dei giorni di scaduto si dovrebbero infatti riclassificare da un giorno all'altro come deteriorate il 25% delle esposizioni verso le imprese, il 30% delle esposizioni verso amministrazioni pubbliche centrali, il 63% delle esposizioni verso amministrazioni locali e addirittura il 94% delle esposizioni verso enti del settore sanitario, con un impatto sul sistema creditizio italiano stimabile tra i 7,6 e i 12 miliardi di euro in termini di nuovi NPL (Non Performing Loans), crediti deteriorati». Il rischio è quello di un «effetto contagio. La propagazione del default delle imprese a livello di gruppo bancario preoccupa le aziende di maggiori dimensioni che godono - conclude Galmarini - di affidamenti significativi dal sistema bancario».

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