Rapporto Svimez 2021: «La crescita del Sud resterà inferiore al Nord, salari e consumi bassi»

Rapporto Svimez 2021: «La crescita del Sud resterà inferiore al Nord, salari e consumi bassi»
di Nando Santonastaso
Mercoledì 1 Dicembre 2021, 11:12 - Ultimo agg. 16:05
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Il Mezzogiorno cresce più di prima ma non al ritmo del Centro-Nord. E al suo interno la persistente precarizzazione dei rapporti di lavoro continua a frenare i consumi e i salari. Con la conseguenza che il recupero in termini di Pil pro capite, produttività e occupazione (sono ben 900mila le donne sul totale dei Neet, i giovani che non studiano né cercano un lavoro) appare sempre più lontano.

Il ponderoso Rapporto 2021 della Svimez, presentato ieri nella sede dell'Abi a Roma con l'intervento del ministro per il Sud Mara Carfagna, conferma che la convergenza tra il Mezzogiorno e le regioni del Centro-Nord resta un percorso complicato e non riconducibile al solo Pnrr. Certo, spendere e bene le risorse europee straordinarie è il presupposto ineludibile per non allargare ulteriormente le distanze ma, come spiega con la consueta chiarezza Luca Bianchi, direttore generale dell'Associazione, si sa già adesso che non basterà.

E la conferma arriva anche o forse soprattutto dai dubbi, ribaditi puntualmente ieri, sulle risposte della Pubblica amministrazione meridionale, impoverita di personale e di competenze, e chiamata ad una sfida enorme. 

Gli enti locali dovrebbero spendere 20,5 miliardi fino al 2024 con il Pnrr e nel biennio 2024-25 incrementare la spesa in conto capitale del 50% per raggiungere gli obiettivi del Piano: il rischio di non farcela è più che reale e difficilmente i rinforzi annunciati dal governo daranno subito l'input necessario. E come se non bastasse, «un cittadino su 3 nel Mezzogiorno abita in un Comune in crisi finanziaria e oltre ai diritti di cittadinanza negati rischia anche di pagare più tasse per risanare i bilanci pubblici», ricorda Bianchi. Di qui la proposta di affiancare ai Comuni centri di competenza territoriale in cui le università, «la vera innovazione del Mezzogiorno», lavorino fianco a fianco con le amministrazioni per aiutarle sotto il profilo tecnico-progettuale e procedurale (idea recepita da Carfagna con convinzione). Ma poi, come osserva acutamente il presidente Svimez Adriano Giannola, servirà anche che le risorse ordinarie e la mai attuata perequazione per sostenere chi è in ritardo entrino finalmente nella coscienza politica del Paese perché i soldi del Pnrr finiranno ma resterà comunque un divario da continuare a colmare.

La buona notizia, come detto, è che comunque la ripartenza del Paese non si è fermata ad Eboli. Per quest'anno la Svimez prevede un +5% al Sud contro il +6,8% del Centro-Nord ma se si considera che la distanza tra le due aree a fine 2020 era di un punto percentuale si può dire che il divario non è cresciuto a dismisura. Nel 2022 si ipotizza un aumento del Pil del 4,2% al Centro-Nord e del 4% nel Mezzogiorno, per effetto anche del forte rimbalzo delle costruzioni e dei servizi (talmente forte, ha confessato Bianchi, che la Svimez ha dovuto rivedere le stime al rialzo). Molto contribuisce l'accresciuta disponibilità del credito alle imprese e alle famiglie specie nel 2021, ricorda il Direttore generale Abi, Sabatini (+18% alle pmi del Sud, +4,6% di impieghi contro il 3,5% del Centro-Nord). 

Ma nel biennio 2023-2024 la spinta rallenta: +1,9% il primo anno e +1,5% il secondo, indica la previsione Svimez, mentre nel Centro-Nord il Pil crescerebbe del 2,6% nel 2023 e del 2% nel 2024. Pesa, come detto, nonostante il forte impatto del Pnrr al Sud, pari al 58% nel quadriennio, la debolezza dei consumi. È la conseguenza della piatta dinamica salariale in atto ormai da un decennio (15,3% di dipendenti con bassa paga nelle regioni meridionali rispetto all'8,4% in quelle centro-settentrionali), del basso tasso di occupazione e dell'eccessiva flessibilità del mercato del lavoro meridionale. Ben 920mila lavoratori del Sud sono a tempo determinato (22,3% rispetto al 15,1% del Centro-Nord) ma si sale al 79% (contro il 59,3%) per il part time involontario. 

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Numeri che si affiancano ad altri già da tempo noti (la fuga di oltre un milione di meridionali, i tempi infiniti della giustizia lumaca, l'allarme demografico ancora in gran parte imascoltato e così via). «Ma questo è il tempo della collaborazione, non del disfattismo», dice il ministro Carfagna, riconoscendo alla Svimez di essere andata ben oltre la questione sull'entità delle risorse previste dal Pnrr per il Mezzogiorno. Il nodo da sciogliere resta la capacità di assorbimento delle risorse del Pnrr e su questo punto Carfagna ricorda tutto ciò (e non è poco) che il governo ha messo in campo anche dietro le sue sollecitazioni (e lo ribadirà più tardi in audizione al Senato): i concorsi per potenziare gli enti locali (ieri la Funzione pubblica ha annunciato l'avvio della selezione per 1000 tecnici di cui 400 destinati al Sud), la riforma delle Zes, la proroga del credito d'imposta e della Decontribuzione Sud, fino ai Lep e ai bandi anti-spesa storica annunciati sempre ieri sugli asili nido.

Dietro l'angolo c'è anche una buona iniziativa per rispondere alle perplessità, sollevate anche da Svimez, sul fatto che almeno finora tra Pnrr e Fondi ordinari europei e nazionali non sia previsto alcun coordinamento: il ministro annuncia un imminente incontro pubblico con Regioni, comuni, città metropolitane, categorie, parti social e quant'altri, per ascoltare proposte e idee sull'utilizzo del Fondo sviluppo coesione, il tesoretto rimasto praticamente intonso da anni, per evitare duplicazioni e sovrapposizioni. Il ministro ha già fatto elaborare ai suoi uffici 12 assi tematici su cui confrontarsi, un segnale di assoluta concretezza che lascia ben sperare.

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