Recovery plan, l'impegno di Bonomi: «Mezzogiorno fondamentale per il rilancio di tutto il Paese»

Recovery plan, l'impegno di Bonomi: «Mezzogiorno fondamentale per il rilancio di tutto il Paese»
di Nando Santonastaso
Venerdì 22 Ottobre 2021, 13:00 - Ultimo agg. 23 Ottobre, 08:21
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Non è una guerra all'ultima risorsa tra Nord e Sud il Pnrr, dice Carlo Bonomi, presidente di Confindustria che chiude il convegno-maratona di Napoli. «È una questione industriale e riguarda tutto il Paese, con la consapevolezza che dobbiamo concentrarci sulle aree che sono in sofferenza. E per noi il Mezzogiorno è fondamentale: siamo stati i primi a volere che si identificassero le risorse destinate a quest'area», dice il numero uno di viale dell'Astronomia, convinto che tra le tante sfide quella da vincere ad ogni costo è la rigenerazione della Pubblica amministrazione, soprattutto al Sud. «Il caso della Sicilia spiega che si è vista bocciare quasi tutte le sue proposte perché non erano state elaborate come si doveva conferma che se le stazioni appaltanti non saranno in grado di mettere a terra i progetti, il Pnrr non sarà mai efficace». È uno dei temi più gettonati dell'intensa giornata che rimanda ai dubbi, puntualmente emersi e non solo sul versante politico, sulla reale capacità del Mezzogiorno di riuscire a spendere le risorse in arrivo dall'Europa (210 miliardi in dieci anni). 

Bonomi insiste sull'asset che ha ispirato il meeting, il richiamo alla coesione nazionale cioè come presupposto decisivo per la ripartenza del Paese. È un impegno declinato in modo chiaro, più esplicito a Napoli di tante altre occasioni. Il presidente cita Draghi a proposito dell'inutilità a suo giudizio della polemica sulle risorse assegnate («Conta solo la capacità di far crescere il Paese del 4% all'anno») e ribadisce la credibilità delle cinque domande al governo e alla politica contenute nella relazione di apertura del vicepresidente Vito Grassi, tra governance delle risorse Pnrr, ruolo della Cabina di regia del governo sulla politica industriale, sostegno al manifatturiero che cresce, incentivi alle imprese da calibrare sul Sud, rilancio di ricerca e sviluppo.

Il presupposto per farcela è la capacità di stimolare gli investimenti privati, dice Bonomi, ma la visione di base è chiara: possiamo riuscirci se staremo insieme.

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Insomma, «il Sud per l'Italia, non per il Sud», sintetizza efficacemente il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana, mentre dall'Unione industriali di Napoli arriva un ulteriore approfondimento sul tema: «La crescita del Mezzogiorno è la sola strada percorribile per la tenuta finanziaria dell'Italia», si legge in un documento distribuito durante i lavori di ieri. «Bisogna ripartire dal Sud», da un Mezzogiorno «locomotiva per l'Italia», con «un insieme di misure che permettano di cogliere finalmente l'obiettivo della coesione socio-territoriale, innescando un forte incremento del pil meridionale. Il miglioramento della finanza pubblica consentirà poi di estendere le misure incentivanti a tutto il Paese», sottolineano gli imprenditori partenopei. E tra gli strumenti si sollecitano «politiche industriali e progetti di sistema», ed «interventi di grande portata (infrastrutture, reti, servizi) per migliorare il contesto in cui si svolgono le attività produttive». E in questo contesto rendere strutturale la decontribuzione Sud e migliorare i contratti di sviluppo restano frecce importanti all'arco di chi vuole davvero ridurre il divario. In particolare, per il Mezzogiorno - sottolinea il documento - «si deve agire con tre finalità di massima, favorendo: progetti di investimento di imprese già localizzate; reshoring; investimenti esteri che sappiano coniugare produzione e allocazione di centri decisionali e di ricerca». 

Ma è forse la grande scommessa dell'economia del mare, raccontata tra gli altri dall'economista Massimo Deandreis di Srm e dal vicepresidente di Confindustria Natale Mazzuca, e alla quale è dedicata un'intera sessione dei lavori, a indicare la strada persino più obbligata per il Sud. Oscar Giannino ricorda opportunamente che su questo punto il Pnrr non ha raccolto l'indicazione proveniente dalle Confindustrie di tutto il Mezzogiorno, non prevedendo un'apposita missione nella distribuzione delle risorse. Ma il tema resta caldissimo, sia per l'attesa del decollo delle Zes (ne parla il presidente di Confindustria Campania, Gianluigi Traettino), sia per gli investimenti assegnati ai porti del Mezzogiorno (1,2 miliardi) nell'ambito degli interventi infrastrutturali previsti dal Pnrr. «L'economia del mare è un volano strategico per la crescita nazionale - ricorda Grassi -, specie se il sistema portuale del Mezzogiorno è messo in condizione di svolgere al meglio una funzione di hub continentale sud-europeo di merci e di risorse energetiche: non servono solo dragaggi e interconnessioni modali». Insomma, ripartire da ciò che si ha già in casa, e gli studi di Srm dimostrano fino alla noia che peso già adesso ha l'economia marittima meridionale per l'Italia, sarebbe un viatico persino naturale per risalire la china verso l'Europa, distante anche 25 punti di Pil in questi ultimi 20 anni, solo in minima parte recuperati.

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