Reddito di cittadinanza, l'Inps: «L’assegno va tagliato, importo più basso per allargare la platea» Il dopo quota 100

Reddito di cittadinanza, l'Inps: «L’assegno va tagliato, importo più basso per allargare la platea» Il dopo quota 100
Reddito di cittadinanza, l'Inps: «L’assegno va tagliato, importo più basso per allargare la platea» Il dopo quota 100
di Luca Cifoni
Giovedì 29 Ottobre 2020, 22:31 - Ultimo agg. 30 Ottobre, 13:11
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Correggere il reddito di cittadinanza allargando la platea (eventualmente con importi base più bassi) e studiare per il dopo Quota 100 regole previdenziali che favoriscano i lavoratori impegnati in mansioni usuranti e i giovani. Nello scorcio di un anno che ha visto l’Inps impegnato in uno sforzo straordinario per l’implementazione delle misure anti-Covid (oltre 14 milioni di beneficiari per una spesa di 26,2 miliardi), anche con notevoli strascichi polemici, il presidente Tridico ha presentato il rapporto sull’attività dell’istituto nel 2019. 

Nonostante lo sfasamento temporale, le analisi e le indicazioni tengono conto naturalmente di quanto successo negli ultimi drammatici mesi.

A proposito della cassa integrazione (che in media è costata ai lavoratori 600 euro in busta paga nei mesi di aprile e maggio), Tridico ha rivendicato l’azione dell’istituto, sottolineando le criticità legate però a suo avviso alla necessità di effettuare i dovuti controlli. Inoltre ha ricordato come abbiano usato questo strumento anche aziende in cui la produzione non è diminuita. 

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Il terzo capitolo del rapporto è dedicato al reddito di cittadinanza, alla cui ideazione Tridico ha dato un contributo fondamentale prima di diventare numero uno dell’Inps. Lo strumento viene quindi difeso nella sua funzione di contrasto alla povertà: obiettivo che sarebbe stato raggiunto, in particolare con la maggior riduzione negli ultimi dieci anni dell’indice Gini che misura le disuguaglianze. Il ricorso al Rdc è cresciuto nei mesi della pandemia e il flusso di spesa – anche se questo non viene detto esplicitamente nel rapporto – sta per raggiungere i tetti previsti dalla legge: il che richiederebbe un ulteriore finanziamento da parte dello Stato.

L’Inps suggerisce comunque alcune linee di miglioramento, che passano essenzialmente per la semplificazione dei requisiti (in particolare con l’allentamento di quello patrimoniale) e il conseguente allargamento della platea, che potrebbe comportare anche una riduzione dell’importo base; ma anche per la modifica dell’attuale “scala di equivalenza” che penalizza le famiglie numerose. 

In tema di pensioni, il ricorso a Quota 100 ha portato al 31 dicembre 2019 all’accoglimento di 150 mila domande di uscita anticipata, ma l’utilizzo di questo canale è comunque meno forte del previsto, in particolare negli ultimi mesi (non coperti dal rapporto). Per la fase successiva, che inizierà nel 2022, il presidente dell’Inps suggerisce come linee guida la tutela dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti e gravose, dei lavoratori anziani disoccupati e dei giovani attraverso la pensione di garanzia. Quanto alle pensioni in essere, si conferma che circa un terzo dei beneficiari ha un reddito pensionistico complessivo inferiore a 1.000 euro (33,6%, in leggero calo dal 34,7 di un anno prima).

Un approfondimento molto interessante è dedicato al tema del lavoro femminile. In particolare, grazie allo studio delle carriere di oltre 150 mila donne negli archivi dell’istituto, viene stimato il costo della decisione di avere un figlio: dopo 15 anni dalla maternità chi ha fatto questa scelta ha un salario lordo inferiore di 5.700 euro l’anno rispetto alle colleghe che non hanno avuto figli. Si tratta dell’effetto del ricorso al part time e in generale di un percorso di carriera meno favorevole.
 

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