Semplificazioni, sblocco cantieri solo in autunno: tra opere da commissariare anche l’anello ferroviario di Roma

Semplificazioni, sblocco i cantieri ma solo in autunno: tra opere da commissariare anche l’anello ferroviario di Roma
Semplificazioni, sblocco i cantieri ma solo in autunno: tra opere da commissariare anche l’anello ferroviario di Roma
di Alberto Gentili
Mercoledì 8 Luglio 2020, 00:51 - Ultimo agg. 9 Luglio, 00:07
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«Questo decreto, in una fase di grave emergenza, è il trampolino di lancio per l’Italia. Riduciamo finalmente la burocrazia e faremo correre il Paese rendendolo più agile, più moderno, più competitivo, sbloccando una volta per tutte gli appalti e i cantieri di 130 opere pubbliche senza dare spazio alla criminalità». Poco dopo le dodici Giuseppe Conte festeggia. Alle spalle, il premier e il governo rosso-giallo, hanno però un vertice notturno durato ben sei ore e terminato poco prima dell’alba, dove è andato in scena uno scontro durissimo sulla deregulation degli appalti e sulla gestione dei dati della Pubblica amministrazione. «Una battaglia articolo per articolo», racconta più di un ministro. Su un testo che di fatto ancora non c’è, visto che il decreto semplificazioni è stato approvato con la formula “salvo intese”.
Nel lungo Cdm by night la battaglia si è giocata così: da una parte Conte, descritto «per una volta molto determinato», sostenuto dai 5Stelle e da Italia Viva nell’affermare il “modello Genova”; dall’altra Roberto Speranza (Leu) e Dario Franceschini (Pd), altrettanto decisi nel frenare «la deriva pericolosa su subappalti e Durc», il documento di regolarità contributiva necessario alle imprese per partecipare agli appalti pubblici. Duro anche lo scontro tra la ministra grillina Paola Pisano (Digitalizzazione) e il dem Roberto Gualtieri (Economia) sulla gestione dei dati del Tesoro.

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Tant’è che sul decreto, presentato da Conte come «la base per il nostro recovery plan» per incassare i fondi europei, ci sarà battaglia prima del varo definitivo. E poi in Parlamento, dove Pd e Leu affilano le armi per ottenere «norme più stringenti» sugli appalti. Un po’ come Italia Viva che ha portato a casa solo un impegno formale, «una stretta di mano», dice non senza malizia un ministro dem, per la realizzazione delle 130 opere, senza però incassare l’inserimento dell’elenco come allegato al decreto.

Ma Conte minimizza: «L’intesa è tecnica, siccome abbiamo fatto alcune modifiche abbiamo bisogno di qualche giorno per la versione finale». E poi ammette e promette: «La gestazione è stata sofferta, però è normale visto che abbiamo varato una rivoluzione, una semplificazione mai fatta».

Soddisfatto com’è, dopo mesi di rinvii, il premier ricorre a metafore automobilistiche: «Con questo decreto offriamo una strada a scorrimento veloce, un rapporto leggero a portata di click fra le persone e lo Stato. Alziamo il limite di velocità, l’Italia deve correre. Ma alziamo anche gli autovelox: non vogliamo offrire spazio a appetiti criminali che alterano la concorrenza e fanno guadagni indebiti». E garantisce: «Le opere non si bloccheranno più» perché «i procedimenti amministrativi» saranno «con sentenza breve» e «le stazioni appaltanti» procederanno «anche in presenza di contenzioso». Ancora: «Diamo poteri regolatori a tutte le stazioni appaltanti. Non serve necessariamente un commissario per procedere velocemente, ma prevediamo che in casi complessi sia possibile nominare commissari sulla scia di Expo e del Ponte Genova».

Novità anche sul fronte penale: «Basta paura della firma, arriva una piccola rivoluzione per i funzionari pubblici. Con la nuova normativa ci saranno più rischi per il funzionario che tiene ferme le opere, non per quello che le sblocca. Interveniamo circoscrivendo i reati di abuso d’ufficio e di danno erariale». Tema sul quale, durante il Consiglio dei ministri, la renziana Teresa Bellanova ha fatto mettere a verbale la sua «perplessità». «Ma su questo tema non c’è stato scontro», racconta più di un ministro, «erano le quattro del mattino, perfino Teresa si è arresa...».

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Per preparare al meglio la riunione, Conte poco prima dell’inizio del Cdm ha convocato tutti i ministri nel suo studio: «Oggi è il compleanno di Di Maio, si festeggia», ha annunciato, offrendo tre bottiglie di spumante e «una torta molto buona», a detta di un commensale.
Ma la mossa di pacificazione è servita a poco. Il vertice è partito subito in salita, con una discussione articolo per articolo. Lo scontro più duro è stato sulle deroghe alle norme sugli appalti e sulle opere pubbliche da affidare a commissari. Qui Speranza, sostenuto da Franceschini, dopo un lungo braccio di ferro con Conte e i suoi alleati (del momento) Di Maio, Patuanelli, Bonafede, Bellanova e Bonetti, ha ottenuto che dal 31 luglio torni operativo il Durc e ha fatto cancellare la norma che portava dal 40% al 100% la possibilità di subappaltare. Conte & C. sono però riusciti a incassare l’affidamento diretto delle opere pubbliche fino a 5 milioni di euro. E non è poco.

Poi, dopo lo stop impresso da Gualtieri alla Pisano che voleva l’interoperabilità dei dati anche del Tesoro, è stato deciso di non allegare al decreto l’elenco dei cantieri da realizzare attraverso i commissari. E qui già si annuncia battaglia. La ministra dem alle Infrastrutture, Paola De Micheli, dice che arriverà «nei prossimi giorni una lista dettagliata». La renziana Raffaella Paita insorge: «L’elenco c’è, eccome. E anche se non è allegato formalmente al decreto c’è l’impegno a nominare 50 commissari».
 

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