«Lavorare meno, lavorare tutti»: lo storico slogan sessantottino torna alla ribalta mentre in Europa e in Italia si discute con insistenza di settimana lavorativa corta. Ma stare al lavoro dal lunedì al giovedì con lo stesso stipendio, è ancora un sogno per molti, quasi tutti. E in Italia solo due gruppi al momento (Intesa e Lavazza) stanno sperimentando questa soluzione nata anche dalla necessità di riorganizzare il lavoro durante il periodo della pandemia, tra la necessità di protezione e quella del risparmio energetico negli uffici arrivata poco dopo con l'aggressione russa in Ucraina.
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— Il Messaggero (@ilmessaggeroit) May 7, 2023
Settimana corta anche in Italia, si discute sul modello dei 4 giorni
Settimana corta, cosa accade a Londra
Un'ipotesi però già sperimentata in Gb dove di recente un rapporto governativo ha dato vita ad un intenso dibattito: la maggior parte delle aziende che ha partecipato alla sperimentazione (una sessantina) ha deciso di voler proseguire e in 18 casi l'esperimento è diventato pratica permanente. In Italia Intesa Sanpaolo ad esempio ha già riorganizzo il lavoro e introdotto un nuovo modello per i 74 mila dipendenti. Tra le principali novità appunto la settimana corta di 4 giorni da 9 ore lavorative (36 ore in tutto) a parità di retribuzione, su base volontaria e compatibilmente con le esigenze tecniche e produttive. Lo stesso ha fatto Lavazza già nel 2022. In realtà dagli ultimi dati dell'Eurostat (aggiornati al 2022) risulta un pò in tutta Europa una tendenza contraria: nel Belpaese, ad esempio, circa 2,7 milioni di lavoratori restano sul posto per 50 ore a settimana, contro le canoniche 40 ore (8 ore al giorno per 5 giorni). Si tratta del 9,2% dei lavoratori totali (circa 23 milioni) e il fenomeno in Europa riguarda molto di più gli autonomi (30%) che gli impiegati (4%).
Settimana corta, il dato italiano
Il dato italiano è tra i più alti d'Europa: ci superano solo gli irlandesi (9,1%), i portoghesi (9,4%), peggio va ai lavoratori francesi con il 10,2%. Ma il top si raggiunge in Grecia: 12,6%. In Romania il dato precipita al 2,2%, in Bulgaria allo 0,7%.
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