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Stipendi statali, aumento in base ai risultati e alla produttività. Naddeo (Aran): «Stop ai premi a pioggia»

Il presidente Aran: abbiamo maggiori fondi per la contrattazione integrativa

Statali, aumenti in base ai risultati e alla produttività. Naddeo (Aran): «Stop ai premi a pioggia»
Statali, aumenti in base ai risultati e alla produttività. Naddeo (Aran): «Stop ai premi a pioggia»
di Andrea Bassi
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 2 Gennaio 2023, 21:34 - Ultimo agg. : 3 Gennaio, 16:57
4 Minuti di Lettura

Il sasso nello stagno lo ha lanciato il presidente degli industriali Carlo Bonomi. Il mondo del lavoro, ha detto, si sta trasformando da decenni. Il vecchio scambio fordista tra orario e salario sta lasciando il posto a nuovi modelli. A un’attività lavorativa misurata più sui risultati e che prescinde dall’orario e dal luogo di lavoro. I contratti, però, sostiene Bonomi, non riescono a intercettare ancora questo mutamento. «Nel pubblico impiego», dice Antonio Naddeo, presidente dell’Aran, l’Agenzia che negozia i rinnovi con i sindacati dei dipendenti pubblici, «questo problema ce lo siamo posti, tanto che nei nuovi contratti appena sottoscritti una parte della retribuzione è legata alla produttività e ai risultati».

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Quanta parte della retribuzione?
«Con gli ultimi contratti sono stati aumentati i fondi per la contrattazione integrativa. La parte variabile della retribuzione oscilla tra il 20 e il 35 per cento a seconda dei fondi delle singole amministrazioni. C’è un eccezione abbastanza evidente nella scuola, dove invece circa il 95 per cento della retribuzione dipende dallo stipendio tabellare e dall’anzianità. Ma per le amministrazioni centrali e locali sono stati fatti importanti passi avanti. Il problema semmai è un altro, almeno nel pubblico impiego».

Quale?
«C’è ancora una tendenza a distribuire a pioggia queste risorse, con sistemi di assegnazione degli obiettivi e di valutazione del loro raggiungimento che non funzionano».
I dirigenti e i funzionari tutti valutati con il massimo dei voti sono un problema antico. Come se ne esce?
«Innanzitutto assegnando obiettivi sfidanti».

Sfidanti?
«Faccio un esempio. Se il compito di un ufficio di un Comune è di rilasciare le carte d’identità, l’obiettivo non può essere il rilascio delle carte di identità. Vanno indicati dei target, per esempio, faccio per dire, mille documenti al giorno». 

 

Perché questo non avviene?
«C’è stato fino ad oggi una sorta di patto non scritto. Se assegno ai dirigenti obiettivi sfidanti, i dirigenti poi chiedono risorse per raggiungerli. E di risorse in questi anni ce ne sono state poche. Il patto insomma è: io non ti do obiettivi difficili e tu non mi chiedi più personale. Così a cascata ci sono obiettivi semplici per tutti e premi distribuiti a pioggia. Però ci sono esperienze dove questo schema è stato rotto e il risultato è stato quello di retribuzioni più alte».

A quali esperienze di riferisce?
«Penso all’Agenzia delle Entrate o all’Inps, dove sono stati dati obiettivi quantitativi. Oggi sono due delle amministrazioni dove il personale, grazie al salario accessorio, guadagna di più». 
I giovani, come ha ricordato Bonomi, non vogliono più essere legati ad un orario prestabilito e a una scrivania.

Un atteggiamento che, in qualche misura, sta mettendo in difficoltà anche il reclutamento dei dipendenti pubblici?
«Proprio per rispondere a queste nuove esigenze, nei contratti abbiamo inserito sia lo smart working che il lavoro da remoto, una modalità con vincolo di orario. Ma per sviluppare il vero lavoro agile nel pubblico impiego, ancora una volta, serve rafforzare il sistema degli obiettivi e della valutazione». 

Un altro tema del dibattito di questi giorni riguarda il freno ai governi costituito dalla burocrazia. Ci sono dirigenti che ostacolano volutamente l’azione del governo?
«Ci possono essere. Bisogna però vedere se l’autorità politica è in grado di indirizzare la dirigenza pubblica». 

Che significa indirizzare la dirigenza?
«Faccio un esempio. Prendiamo un ministero come quello dell’Economia. Il ministro che arriva nomina il capo di gabinetto, il capo dell’ufficio legislativo, e può cambiare i capi dei dipartimenti, come il Ragioniere generale dello Stato, con lo spoil system. Tutta questa struttura di vertice dialoga con il resto della dirigenza. Se gli ostacoli permangono è probabile che il problema sia anche nelle strutture di vertice scelte dall’autorità politica». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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