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GIORGIA MELONI

Stipendi, aumenti per 4 milioni di lavoratori da gennaio. Come cambia la busta paga, fascia per fascia

Si amplia la platea dei beneficiari con il taglio del cuneo al 3%. Per chi ha un reddito di 25 mila euro l’incremento mensile sarà di 38 euro

Stipendi, aumenti per 4 milioni di lavoratori da gennaio. Come cambia la busta paga, fascia per fascia
Stipendi, aumenti per 4 milioni di lavoratori da gennaio. Come cambia la busta paga, fascia per fascia
di Francesco Bisozzi
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 27 Dicembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. : 29 Dicembre, 17:55
4 Minuti di Lettura

Quasi quattro milioni di lavoratori in più beneficeranno del taglio del cuneo fiscale del 3%. Si amplia la platea dei dipendenti raggiunti dalla misura dopo che il governo, con il maxi-emendamento alla manovra, ha rivisto la soglia di reddito (passata da 20 a 25 mila euro) entro la quale si ha diritto allo sconto pieno. Il tre per cento è la somma del 2 per cento ereditato da Draghi e confermato dal premier Giorgia Meloni, e dell’ulteriore punto percentuale di sconto per i redditi bassi aggiunto in manovra dall’esecutivo. Nel complesso il taglio del 3% si applicherà a circa 15,4 milioni di lavoratori dipendenti, che in Italia sono in tutto 18,2 milioni stando agli ultimi dati Istat sull’occupazione. Per i redditi tra 25 mila e 35 mila euro resta la riduzione del 2% sui contributi dovuti sulle retribuzioni che era già in vigore. Costo dell’operazione: più di 4 miliardi di euro. Sono 4,12 milioni i lavoratori con redditi fino a 7.500 euro, mentre arrivano a 4,28 milioni quelli nella fascia tra 7.500 euro e 15 mila euro. In quella successiva, tra 15 e 20 mila euro, troviamo invece 3,1 milioni di lavoratori, e 3,9 milioni nella fascia che va da 20 mila euro a 25 mila euro di reddito.

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L’IMPATTO

Ma la riduzione della forbice tra stipendio lordo e netto come impatterà sulle buste paga? Facciamo qualche esempio. Un dipendente con un reddito lordo di 12 mila euro l’anno otterrà circa 21 euro netti in più al mese. Ai lavoratori con redditi a quota 15 mila euro spetta un incremento superiore a 27 euro al mese, che diventano circa 30, sempre netti, per la soglia di reddito a 20 mila euro. E salgono a 38 euro circa per i redditi a 25 mila euro. Il taglio per i redditi sopra i 25 mila euro e fino a 35 mila euro si assottiglia come detto al 2%. E così per i lavoratori con 35 mila euro di reddito lo sconto si traduce in un incremento netto di 30 euro al mese in busta paga. Insomma, parliamo di aumenti superiori ai 200 euro all’anno e che possono arrivare a sfiorare i 500 euro (la dote infatti è di poco superiore ai 493 euro annuali per chi guadagna 25 mila euro).

Gli incrementi netti sono più contenuti di quelli lordi perché la quota di retribuzione non più assorbita dai 2-3 punti di contributi (che per definizione non sono sottoposti a prelievo fiscale) resta sì nella disponibilità del lavoratore, ma confluendo nell’imponibile Irpef, e quindi viene sottoposta al prelievo sulla base dell’aliquota marginale.
Il maxi emendamento del governo che ha esteso alle retribuzioni lorde fino a 25mila euro l’esonero del 3% sui contributi da versare fa riferimento al periodo di paga compreso tra il primo gennaio del prossimo anno e la fine del 2023. L’Italia, ha ricordato l’Inapp nei giorni scorsi, è l’unico Paese dell’area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9%), mentre in Germania è cresciuto del 33,7% e in Francia del 31,1%. L’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche considera la riduzione del cuneo fiscale inserita nella legge di Bilancio un passo importante, ma non sufficiente. E rimarca l’esigenza di lavorare a una politica industriale finalizzata a rimuovere le cause della stagnazione della produttività.

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LE CRITICITÀ

Nel frattempo l’Istat ha calcolato che nel 2020 la riduzione del cuneo fiscale (ottenuta in quel caso con la riduzione dell’Irpef e non dei contributi) ha interessato 12,7 milioni di persone, per una spesa complessiva di 10,8 miliardi di euro di trasferimenti, pari a 850 euro pro capite. L’indagine “Reddito e condizioni di vita” fa il punto: «Il beneficio fiscale è andato maggiormente a vantaggio dei salariati appartenenti ai quinti di reddito familiare equivalente medio-alti: il 17,3% è andato a vantaggio dell’ultimo quinto (il più benestante), il 26,4% a beneficio del quarto quinto, il 24,1% al terzo quinto, il 20,3% al secondo e l’11,9% al primo quinto, ovvero il più povero». Nel 2020, con i redditi netti da lavoro dipendente in calo del 5%, il valore medio del costo del lavoro, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è risultato pari a 31.797 euro, il 4,3% in meno dell’anno precedente. La retribuzione netta del lavoratore, pari a 17.335 euro, costituisce poco più della metà del totale del costo del lavoro (54,5%). Risultato? Il cuneo fiscale e contributivo è in media pari a 14.600 euro e sebbene si riduca del 5,1% rispetto al 2019 continua a superare il 45% del costo del lavoro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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