Stop carbone entro il 2050: la svolta dei big dell’energia

Stop carbone entro il 2050: la svolta dei big dell’energia
di Emilio Fabio Torsello
Domenica 6 Giugno 2021, 08:34
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L’hanno chiamato il processo del «popolo contro Shell» ed è avvenuto in una terra lontana, ma non troppo, da noi: in Olanda. Qui un tribunale ha ordinato alla Royal Dutch Shell di tagliare le emissioni di gas serra del 45% rispetto ai livelli del 2019 e di farlo entro il 2030. È una sentenza storica grazie alla quale la magistratura rende vincolanti gli accordi sull’ambiente stipulati a Parigi nella Cop21 del 2015. L’accordo di Parigi ha stabilito un quadro globale per evitare pericolosi cambiamenti climatici limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e proseguendo con gli sforzi per limitarlo a 1,5°C. Inoltre punta a rafforzare la capacità dei Paesi nell’affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici e a sostenerli nei loro sforzi. La sentenza costituisce quindi un precedente importante anche rispetto a diverse altre compagnie petrolifere ed energetiche nel mondo. A fregiarsi di aver promosso l’azione, la filiale olandese di Friends of the Earth (Milieudefensie), sostenuta da altri sei gruppi ambientalisti e da più di 17mila cittadini olandesi.


Al netto della sentenza, come si stanno comportando le maggiori compagnie petrolifere ed energetiche per attuare la cosiddetta transizione energetica? Iniziamo da casa nostra, da Eni, Enel e Snam.

Il cane a sei zampe ha da poco riconvertito due raffinerie importanti in bioraffinerie, a Venezia e a Gela. Quest’ultima è considerata la più innovativa d’Europa e ha preso il posto del grande petrolchimico, realizzato a partire dal 1962, e i cui impianti sono stati fermati. L’impianto siciliano ha una capacità di lavorazione che può raggiungere le 750mila tonnellate annue di oli vegetali usati, grassi di frittura, grassi animali, alghe e sottoprodotti di scarto avanzati o da colture energetiche in terreni desertici o predesertici per produrre biocarburanti di qualità. La bioraffineria di Venezia, invece, secondo quanto dichiara l’Eni «è stato il primo esempio al mondo di riconversione di una raffineria tradizionale in bioraffineria». Dal 2014 – spiegano dal cane a sei zampe - vengono trattate e convertite circa 360mila tonnellate di materia prima di origine biologica all’anno. Tra gli obiettivi principali dell’Eni, inoltre, c’è il raggiungimento della totale decarbonizzazione di tutti i prodotti e processi entro il 2050.


L’Enel, azienda nostrana presente in 32 Paesi del mondo, con 2,2 milioni di chilometri di linee elettriche di distribuzione e 88 GW di capacità totale, punta alla completa decarbonizzazione nel 2050. Con circa 45 GW di capacità rinnovabile installata consolidata, l’Enel è il primo Gruppo privato al mondo nel campo delle energie rinnovabili e tra gli obiettivi ha il raggiungimento di circa 60 GW da energia green già nel 2023. A questo si aggiunge la chiusura di tutti gli impianti a carbone, anticipata dal 2030 al 2027.

E tra le società del gruppo, proprio Enel Green Power, che gestisce lo sviluppo delle rinnovabili. A credere nella transizione energetica è anche Snam che nel piano 2020-2024 ha previsto un incremento degli investimenti di quasi un miliardo di euro rispetto ai 6,5 miliardi del Piano 2019-2023, portandoli a circa 7,4 miliardi di euro. Gran parte degli investimenti è finalizzata alla decarbonizzazione per raggiungere l’obiettivo di neutralità carbonica al 2040. E si parla di implementare l’elettrificazione delle centrali di spinta, stoccaggio e il trasporto, oltre alla creazione di una business unit dedicata all’idrogeno, ammodernando la rete in ottica “hydrogen ready” per circa 1.200 chilometri. Per il 2020-2024, inoltre, sono quasi raddoppiati, passando a 720 milioni di euro, gli investimenti per la transizione energetica: biometano, mobilità sostenibile e idrogeno. Di questi, 150 milioni verranno poi investiti nell’avvio di progetti di conversione di tratte ferroviarie e l’installazione di fuel cells sulla rete Snam relativi all’idrogeno. 

Tra le principali compagnie estere, invece, Exxon mobile – in Italia nota con il nome “Esso” - prevede investimenti al 2025 per ridurre dal 35% al 45% il flaring del gas, una pratica che consiste nel bruciare senza recupero energetico il gas naturale in eccesso estratto insieme al petrolio. Ma tra i Paesi che stanno virando sulle energie alternative c’è anche la Cina. Il Paese del dragone, infatti, ha da tempo “riconvertito” i due principali giganti energetici – la China Guodian Corporation e la Shenhua Group – in ottica rinnovabile, creando la China Energy Investment, con quasi 40 GW di capacità proveniente da fonti rinnovabili. 


E se tutte le maggiori aziende mondiali stanno ormai riconvertendosi alle rinnovabili e progettando nuove strutture per ridurre emissioni e consumi, pensando un futuro in ottica “hydrogen ready”, c’è anche da dire che questa transizione è stata sostenuta e incentivata dalla crisi del petrolio fatta registrare con la pandemia. Nonostante adesso i principali Paesi produttori stiano rivedendo al ribasso la produzione di greggio, in modo da tagliare il surplus di barili fatto registrare durante la pandemia, ormai si guarda sempre più a nuove fonti di produzione – rinnovabili, appunto - con minori costi di gestione e realizzazione. Anche perché la condanna patita da Shell è un pericoloso precedente. Per tutti. 
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