«Il Mezzogiorno potrebbe recuperare i posti di lavoro persi se questa misura diventasse stabile», dice con apprezzabile chiarezza il ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, incontrando i giornalisti a Bruxelles in una pausa del Consiglio degli Affari generali Ue sulla politica di coesione. Ed è partendo da questo obiettivo, come anticipato nell'intervista al Mattino di qualche giorno fa, che di fatto il ministro ha avviato la trattativa con l'Europa per rendere strutturale la Decontribuzione Sud, la misura che incide sul 30% del costo del lavoro in quota Inps e il cui impatto sull'economia meridionale in questi mesi è stato a dir poco positivo.
Non sarà una trattativa facile anche perché, come si è intuito a margine degli incontri che la Carfagna ha avuto prima con il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, e poi con il commissario alle politiche del lavoro, Nicholas Schmit, l'Unione vincola al momento questa misura solo al Quadro temporaneo di norme (il cosiddetto Temporary framework) entrato in vigore con lo scoppio della pandemia e destinato a durare fino al 30 giugno 2022.
Trattativa difficile, come si è detto, e sul cui esito peseranno diversi fattori. In primo luogo, la compattezza politico-istituzionale dell'Italia (questa battaglia non può essere ovviamente del solo ministro del Mezzogiorno). E poi la capacità di spesa delle risorse del Pnrr, banco di prova decisivo per accreditare nei partners europei la certezza di un Paese efficiente, serio, affidabile. Non a caso sempre ieri la Carfagna ha ribadito che il governo è impegnatissimo a realizzare gli investimenti previsti nel Mezzogiorno (82 miliardi, come è indicato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza): «Sappiamo bene che la vera sfida consiste nell'attuazione nei tempi prestabiliti degli investimenti previsti dal Pnrr e ciò significa mettere le amministrazioni tutte nelle condizioni di farlo. Dovessero emergere altre necessità siamo pronti a intervenire perché l'unico lusso che non possiamo concederci è quello di sprecare questa straordinaria opportunità che l'Europa ha messo in campo». Di qui la conferma del nuovo concorso per reclutare i tecnici destinati alle amministrazioni pubbliche del Sud dopo il mezzo flop del primo Concorso Sud.
Naturalmente non si può escludere che la Commissione decida di ripristinare nel 2022 lo stop agli aiuti di Stato bocciando la richiesta italiana sulla Decontribuzione Sud strutturale. E anche se il ministro esclude l'esistenza di un Piano B per non depotenziare la trattativa appena avviata, sembra che si stia concretizzando l'ipotesi di un approfondimento del dossier in questa direzione. Pare cioè che si stia lavorando già adesso per agganciare la fiscalità di vantaggio per il Sud ad un diverso approdo giuridico. In altre parole, si studia come slegare la misura dal Temporary framework, la cui cessazione a giugno o a fine 2022 ne determinerebbe in automatico lo stop, e di collegarla agli investimenti, alla transizione ecologica e digitale o di finalizzarla all'occupazione di categorie più fragili (donne e giovani, cioè). Si tratterebbe, in sostanza, di aggirare un eventuale, insormontabile ostacolo con argomenti e proposte credibili.
È anche per questo, al di là del punto di caduta, che il ministro ha voluto aprire subito il confronto con i commissari, senza attendere la prima scadenza, quella di giugno. La trattativa permetterebbe all'Italia di capire l'aria che tira e di muoversi eventualmente di conseguenza. In altre parole, di avere il tempo necessario per impedire che la fiscalità di vantaggio resti alla fine solo una parentesi di breve durata per le imprese e gli occupabili del Mezzogiorno.