Siamo ormai abituati a sentire ai tg o a leggere sui giornali i numeri da capogiro delle manovre d’emergenza dei governi. Non sempre, però, riusciamo a capire cosa entrerà esattamente nelle nostre tasche. E neanche a immaginare lontanamente lo spazio che servirebbe per stivare – se fossero in contanti – 10 miliardi di euro. A tanto – spicciolo in più, spicciolo in meno – ammonterebbero le risorse che il governo Draghi intende mettere in campo giovedì. Tra i provvedimenti allo studio, c’è il taglio (o la riduzione) dell’Iva per i beni alimentari per aiutare le famiglie fortemente in difficoltà nel fare la spesa e contemporaneamente le aziende del settore.
Il cibo è tra i beni che hanno subito i maggiori incrementi nell’ultimo anno: il 9,8% contro la media totale dell’inflazione che già in maggio (+ 6,9%) aveva registrato il record in Italia dal 1986.
Ma quanto sarà il sollievo per i portafogli degli italiani? Un calcolo approssimativo indicherebbe un risparmio a famiglia tra i 15 e i 30 euro mensili, a seconda del numero dei componenti e del tenore di vita. Influirà però meno proprio sulle fasce più povere della popolazioni perché l’Iva sui generi assolutamente essenziali (come pane e pasta) è già bassa. Nel 2021 la famiglia media italiana (calcoli Istat) ha speso mensilmente 469,91 euro per alimenti e bevande analcoliche (altri 43,71 euro per vino e tabacco che però hanno una aliquota Iva del 22% e non rientrano nella ipotesi di provvedimento). L’Ufficio studi di Confagricoltura ha ipotizzato gli eventuali risparmi sul carrello della spesa con un taglio dell’Iva dal 4% allo 0% e dal 10% al 5%. «Ovviamente – precisano all’Ufficio studi della Confederazione - si tratta di stime sulla base di dati, inflazione, ipotesi».
Se, come probabile in una ipotesi perfino ottimistica, la spesa delle famiglie nel 2022 aumenterà mediamente dell’8%, mensilmente si spenderanno 38 euro in più (456 euro l’anno). Azzerando le voci Iva al 4% e dimezzando quelle al 10% si dovrebbe ottenere una riduzione degli aumenti di 16,5 euro (198 euro in 12 mesi), quindi l’aumento passerebbe a 258 euro. A occhio e croce, quindi, il taglio dell’imposta si tradurrebbe in un “guadagno” medio per le famiglie di 198 euro. Non sarà così per tutte. Maggiore, ovviamente, sarà il beneficio per le famiglie di almeno 5 componenti per le quali (fonte Istat) nel 2021 la spesa media alimentare è stata di 744,30 euro, mentre per i nuclei di soli due componenti è stata di 471,08 euro.
Differenze anche secondo le aree geografiche. I record in alto e in basso per la spesa sono in Campania (dove però si spende meno per gli altri prodotti del paniere Istat) e Sardegna: rispettivamente 534,09 e 382,57. Il risparmio dipenderà molto dai generi acquistati. La carne, per esempio, è più frequente nella dieta di chi sta meglio economicamente. Confagricoltura ha calcolato che di fatto quasi un terzo del risparmio mensile (5 euro, sempre sul previsto aumento dei prezzi dell’8%) avverrà proprio grazie al dimezzamento dell’Iva su filetto, controfiletto e fettine. Tre euro di risparmio per ognuna delle voci più popolari (pane, cereali, latte, uova, verdure fresche, acqua minerale, zucchero) e formaggi (anche se alcune specialità sono ben costose). Variazioni minime intorno a un euro per gli altri prodotti del paniere. Invariati, nelle stime di Confagricoltura, restano caffè, tè e cacao. Così dimensionato, l’aiuto alle famiglie - comunque utile - sarà poca cosa rispetto agli aumenti dell’ultimo anno che hanno toccato (fonte Codacons) il 22,6% in più per un chilo di pasta, e l’11,4% per il pane.