Tari, Napoli nella top 10 delle città più care d'Italia

Tari, Napoli nella top 10 delle città più care d'Italia
di Rita Annunziata
Sabato 10 Aprile 2021, 20:00
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Al brusco calo dei rifiuti urbani determinato dalla contrazione delle attività economiche non è corrisposto, nel 2020, un trend tariffario in discesa. Anzi. Contrariamente alle attese, la Tari ha subito un incremento medio dello 0,8% anno su anno, una percentuale che sale al 2,4% se si considera l’ultimo quadriennio. Secondo uno studio del Servizio lavoro coesione e territorio della Uil, che ha analizzato i costi di 105 città capoluogo di provincia, le famiglie italiane verseranno infatti mediamente nelle casse comunali 307 euro, contro i 304 del 2019 e i 299 del 2016. 

Il campione, si legge nel rapporto, considera una famiglia composta da quattro persone, in una casa di 80 metri quadri e con un reddito Isee di 25mila euro. «Nelle città in cui è in vigore la tariffa puntuale (Tarip) si è fatto riferimento agli svuotamenti minimi e le tariffe sono comprensive dell’Iva al 10%», spiega l’Uil, mentre la Tari «è comprensiva del tributo provinciale ambientale (Tefa)». La Campania domina la classifica delle 10 città con i costi medi annui più elevati con Benevento (471,80 euro), Salerno (455,49 euro) e Napoli (442,43 euro) rispettivamente alla terza, alla settima e alla decima posizione.

Ma la cifra maggiore si registra a Trapani (493,90 euro) e Crotone (475,91 euro). Decisamente più contenute le tariffe di Pordenone (188,39 euro), Vibo Valentia (190,23 euro) e Fermo (190,68 euro). Quanto alle città metropolitane, la tassa sui rifiuti sale a 461 euro all’anno a Reggio Calabria, 458 euro a Cagliari e 450 euro a Messina (seguita al quarto posto da Napoli).

Gli incrementi percentuali maggiori tra il 2019 e il 2020 si registrano invece a Crotone (35,1%), Cremona (12,6%) e Ancona (11,2%). Complessivamente, la Tari è aumentata infatti in 30 città, mentre è rimasta stabile in 62 (tra cui Bologna, L’Aquila, Napoli, Palermo e Reggio Calabria) ed è diminuita in 13 (tra cui Milano, Bari, Venezia e Nuoro). «La stragrande maggioranza delle città ha scelto di diminuire o lasciare invariate le aliquote della Tari – spiega Ivana Veronese, segretaria confederale Uil – Ma rimane il dato che conferma il peso sul bilancio delle famiglie, soprattutto nel Mezzogiorno, di una tassa che spesso non corrisponde a un servizio efficiente ed efficace». Di conseguenza, aggiunge, «occorre puntare a una politica di investimenti nel ciclo integrato dei rifiuti, utilizzando anche le risorse del Next Generation Eu. Infine, chiediamo al governo di intervenire sulla norma istitutiva della Tari risolvendo, una volta per tutte, il nodo dei crediti insoluti che ad oggi pesano sul costo complessivo del servizio e, conseguentemente, sulle tasche dei cittadini». 

A lanciare l’allarme anche Confcommercio in occasione della presentazione della quarta edizione del Rapporto rifiuti 2020 realizzato attraverso lo studio dell’Osservatorio tasse locali. Stando alla confederazione, «la stabilità dell’ammontare Tari (che nel 2020 ha sfiorato i 9,73 miliardi di euro complessivi, ndr) appare oggi tanto più ingiustificato se si considera che la produzione dei rifiuti nel corso del 2020 si è drasticamente ridotta a causa dell’emergenza epidemiologica». I dati raccolti quantificano infatti un crollo di più di cinque milioni di tonnellate di rifiuti urbani, pari al 15% in meno rispetto all’anno precedente. Secondo Pierpaolo Masciocchi, responsabile ambiente e utilities di Confcommercio, sarebbe dunque necessaria «una riscrittura complessiva della tassa» che dovrebbe essere «direttamente commisurata alla quantità e alla qualità dei rifiuti prodotti. E non tenere in considerazione solo la superficie dell’attività in questione». Tra l’altro, continua Masciocchi, la Tari «dipende troppo dai piani finanziari del Comune di riferimento» e «molto spesso le amministrazioni comunali sforano i propri budget e, per rientrare, applicano aumenti delle tariffe locali, compresa quella dei rifiuti». Poi conclude: «Auspichiamo che il governo possa intraprendere un dialogo costruttivo con gli operatori e le associazioni imprenditoriali su questi aspetti».

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