Tartufi a 6 mila euro al chilo: i prezzi volano a livelli record a causa della lunga siccità

Gli americani restano i maggiori acquirenti. Il settore vale oltre mezzo miliardo

Tartufi a 6 mila euro al chilo: i prezzi volano a livelli record a causa della lunga siccità
Tartufi a 6 mila euro al chilo: i prezzi volano a livelli record a causa della lunga siccità
di Carlo Ottaviano
Sabato 29 Ottobre 2022, 21:45 - Ultimo agg. 30 Ottobre, 16:14
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Alla Borsa specializzata di Acqualagna nelle Marche – riferimento per tutta Italia – le stime per l’intera stagione (dall’ultima domenica di settembre al 31 dicembre) indicavano in 2.500 euro al chilo le pezzature fino a 15 grammi, intorno a 3.500 tra 15 e 50 grammi, 4.500 per quelle oltre i 50 grammi. Previsioni già abbondantemente superate lo scorso weekend quando il pregiato tartufo bianco (Tuber Magnatum Pico è il nome scientifico) ha toccato nelle tre diverse categorie i 2.980 euro per i pezzi piccoli, 4.330 per i medi, 6.280 per i grandi, con una media quindi di 4.530 euro al chilo. 

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EXPLOIT

«In settimana – racconta Luigi Dattilo, di Appennino Food nel bolognese, uno dei tre player maggiori del settore (gli altri sono l’umbro Urbani e il piemontese Tartuflanghe) – abbiamo venduto un pezzo da 360 grammi a 6.600 euro al chilo». Con questi valori di partenza, poi al ristorante una veloce grattata su un piatto di tradizionali fettuccine o su un semplice uovo fanno lievitare il costo fino a 8-10 mila euro al chilo.

Insomma, non stiamo parlando di prezzi popolari, né di clienti particolarmente preoccupati per l’inflazione. «Comunque – precisa Dattilo – una piccola noce da 20 grammi la si può comprare a 60-80 euro, togliendosi lo sfizio». «Dalle Langhe alle Crete Senesi, da Acqualagna all’Umbria – sintetizza Alessandro Regoli autore di un dossier su Winenews – per colpa del grande caldo e dell’estrema siccità, è un’annata povera e difficile per i tartufi, che sono buoni come sempre nella qualità, ma pochi, pochissimi come non mai in quantità». Gli oltre 100 giorni di siccità – la peggiore degli ultimi 100 anni – hanno causato al momento un drastico calo di circa il 60% della produzione. «Il tartufo – spiega Dattilo – diventa buono col freddo, ha bisogno di acqua, freddo, nebbia, notti che quando ti svegli trovi l’erba congelata. Tutto l’apparato radicale superiore è invece bruciato; produce solo l’apparato radicale inferiore, quello più profondo.

Così è in tutta Italia e il prezzo si è livellato, non esistono più differenze, anche perché parliamo di un prodotto globalizzato». E di un mercato che continua a crescere. 
«Da quando la pandemia Covid ha rallentato – racconta Dattilo che commercializza in tutto il mondo circa 40 quintali di tartufi – c’è stata una esplosione di richieste, particolarmente per i prodotti perfettamente conservati, raccolti in tempi diversi e quindi con prezzi più contenuti». «Gli americani – aggiunge – continuano ad essere gli acquirenti maggiori, mentre l’unico Paese che prova a farci concorrenza è la Croazia che però non può vantare l’immagine consolidata del made in Italy alimentare. Piccolissime raccolte anche in Serbia e Romania». In Italia è impossibile dare un valore preciso al settore. 

IL VALORE

Una stima approssimativa (comprensiva del tartufo nero) è di circa mezzo miliardo di euro grazie a 80-100 mila raccoglitori in quasi tutte le regioni (solo Sicilia, Valle d’Aosta, Friuli, Puglia e Trentino non hanno il bianco). «Purtroppo – spiega Pier Ottavio Daniele, piemontese, analista del settore – è un mondo sommerso col tartufo sempre in bilico tra l’essere considerato prodotto agricolo o di lusso. Spesso i commercianti si spacciano – senza esserlo – per cercatori liberi sfruttando le agevolazioni previste». 

Ben più consistente il giro d’affari dell’indotto, a partire dalle fiere che tra ottobre e novembre attirano appassionati da tutto il mondo. L’Internazionale del tartufo bianco d’Alba è già all’edizione n. 92; la Nazionale di Acqualagna alla 57sima edizione; la Mostra mercato di San Miniato alla 51esina e quella delle Crete Senesi a San Giovanni d’Asso alla 36esima. «In nove settimane di fiera – afferma Liliana Allena, presidente della fiera di Alba – generiamo una ricaduta sul territorio di 150 milioni di euro; l’anno scorso abbiamo venduto oltre 700 chili di tartufo bianco». Sull’onda del successo, si sviluppano anche i territori vicini, meno noti e spesso più autentici «Il mio consiglio – interviene Pier Ottavio Daniele – è di scoprire anche i territori meno battuti dal turismo, più autentici, come il Monferrato, dove ci sono tante tartufaie». 

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