Tasse, niente taglio dei contributi: le imprese sono deluse, adesso puntano sull'Irap

A sorpresa, non sarà cancellato nemmeno l’onere sui sostegni familiari, una delle voci che pesa sul costo del lavoro

Tasse, niente taglio dei contributi: le imprese sono deluse, adesso puntano sull'Irap
Tasse, niente taglio dei contributi: le imprese sono deluse, adesso puntano sull'Irap
di Luca Cifoni
Sabato 30 Ottobre 2021, 06:21 - Ultimo agg. 31 Ottobre, 14:53
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Riduzione dell'Irpef che pesa sulle retribuzioni dei lavoratori e dell'Irap versata da lavoratori autonomi e imprese. L'utilizzo degli 8 miliardi destinati dalla legge di Bilancio all'alleggerimento del carico fiscale è una partita ancora aperta nella maggioranza e tra le forze sociali; ma le prime fasi di gioco non sembrano essere particolarmente soddisfacenti per Confindustria. La richiesta degli imprenditori al governo era di mettere in cantiere una significativa riduzione degli oneri contributivi che appesantiscono il costo del lavoro: si suggeriva quindi di tagliare non le imposte e vere e proprie ma i contributi versati a fronte di varie prestazioni: la parte più consistente è rappresentata da quelli previdenziali, poi però ci sono anche disoccupazione, cassa integrazione e molte altre voci. Attualmente l'aliquota complessiva può superare nel settore industriale il 40 per cento, con il 9,49 a carico del lavoratore e il resto versato dall'azienda.

LO SFORZO

Lo stesso presidente Bonomi aveva quantificato in una decina di miliardi lo sforzo finanziario necessario, riferendosi anche ad esperienza passate: è rimasto negli annali il caso del 2007 quando l'allora governo di centro-sinistra si trovò a dividere la dote disponibile tra dipendenti e datori, con esiti che non accontentarono nessuno. Al momento però questa impostazione non ha trovato spazio nell'articolato della manovra, nel quale non ci sono riferimenti nemmeno ad una misura di cui si era parlato nelle scorse settimane: la soppressione del contributo unico per gli assegni familiari (Cuaf) che è appunto una delle voci che pesa sul costo del lavoro. Vale nell'industria lo 0,68 per cento ma soprattutto, agli occhi delle imprese, risulta del tutto anacronistico ora che l'assegno al nucleo familiare riservato ai soli lavoratori dipendenti sarà assorbito nel nuovo strumento universale di sostegno alle famiglie (anche quelle degli autonomi) posto a carico della fiscalità generale.
Dunque resterebbe l'Irap.

Ma anche su questa imposta, in passato probabilmente una delle meno gradite in assoluto dal mondo produttivo, c'è qualche problema. Di nuovo, si pone un problema di risorse. Nel 2019, ultimo anno di normalità prima della pandemia, il gettito complessivo è stato di 25 miliardi, di cui però circa 10 versate dalle stesse amministrazioni pubbliche in quella che in effetti è una partita di giro. Per abolire completamente il tributo, come proposto dalle commissioni parlamentari al termine della loro indagine sulla riforma fiscale, servirebbero comunque una quindicina di miliardi o poco meno: che non ci sono. Il timore diffuso a Viale dell'Astronomia è che il governo consideri un intervento molto parziale, che potrebbe togliere di mezzo l'Irap magari per piccole imprese e professionisti, lasciandone però il peso sulle altre aziende sotto forma di addizionale all'Ires, l'imposta sulle società. Una mossa del genere, si ragiona, oltre a essere inefficace sarebbe controproducente perché alzerebbe (dall'attuale 24%) l'aliquota nominale totale, che è un indicatore magari grezzo ma comunque monitorato con attenzione dagli investitori internazionali al momento di fare le proprie scelte.

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Sull'altro fronte, i sindacati già sul piede di guerra per via del dossier pensioni chiedono che le risorse siano destinate interamente al taglio del cuneo fiscale di lavoratori e pensionati. Quindi un alleggerimento dell'Irpef che anche in base al testo della legge di Bilancio potrebbe passare sia per la riduzione delle aliquote (in primis quella del 38% che grava sui redditi tra 28 mila e 55 mila euro l'anno) sia per una revisione del sistema delle detrazioni e del trattamento integrativo (il bonus 80 euro poi portato a 100). Entrambe le strade hanno delle controindicazioni: nel primo caso verrebbero avvantaggiati i redditi medi ma anche quelli alti (toccati comunque dalla terza aliquota) mentre nel secondo la correzione dovrebbe tener conto dell'esigenza di non complicare ulteriormente il sistema, quando la delega fiscale vuole semplificarlo. Alla fine l'emendamento governativo da approvare in Parlamento potrebbe prevedere un mix dei due interventi, con l'obiettivo di provare a far scendere le aliquote marginali effettive: quelle che in alcuni tratti della curva Irpef sono particolarmente impervie proprio per l'inserimento nel sistema del bonus Renzi, poi ampliato e parzialmente rivisto nel 2020 dal governo Conte 2.
 

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