«Più welfare al Sud» il piano Carfagna per colmare il divario

«Più welfare al Sud» il piano Carfagna per colmare il divario
di Nando Santonastaso
Martedì 23 Marzo 2021, 07:51 - Ultimo agg. 16:53
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L'acronimo sa da tempo di beffa e di emarginazione per i cittadini meridionali. Scrivi Lep, Livelli essenziali delle prestazioni, e non puoi fare a meno di chiederti perché neanche il dettato Costituzionale è riuscito finora a garantirli in modo uniforme a tutti gli italiani. Scuola, assistenza sanitaria, servizi sociali: il gap è talmente vistoso che si è preferito per anni tenerlo sottotraccia dimenticando, come ha ricordato la ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna nella recente audizione in Parlamento, le conseguenze prodotte in termini di disuguaglianze civili e di costi sociali ed economici ad una parte del Paese. La ministra ha parlato di «significativa sperequazione territoriale tra Nord e Sud sulla spesa sociale pro capite: a fronte di una media di 20 euro l'anno in Calabria, 325 euro vanno alla Provincia Autonoma di Bolzano». Ma è andata opportunamente anche oltre, indicando il tema dei Lep come una delle priorità della sua esperienza di governo, perché in Italia «siano garantiti gli stessi diritti sociali, gli stessi servizi, a tutti i cittadini a prescindere dalla latitudine, anche al fine di fronteggiare l'aumentato carico delle esigenze socio-assistenziali richieste dal territorio a causa dell'attuale stato di emergenza pandemica».


Come intende procedere Carfagna? In attesa di definire un piano vero e proprio, le linee guida sono già chiare ed è probabile che la stessa ministra ne parlerà in chiusura degli Stati generali sul Mezzogiorno che iniziano stamane in streaming con l'intervento del premier Mario Draghi e terminano domani pomeriggio (con il ministro dell'Economia Daniele Franco).

Il primo obiettivo per garantire «l'effettiva esigibilità di un livello uniforme delle prestazioni» consisterà nella previsione di «forme di contributo per le assunzioni di assistenti sociali, capaci di estendere la possibilità di potenziamento del sistema dei servizi sociali comunali previsto dalla legge di bilancio 2021 anche agli ambiti, nei quali la disposizione attualmente vigente non trova applicazione». Era stato nei giorni scorsi il Mattino a segnalare l'assoluta anomalia (per usare un eufemismo) di una norma che penalizza i Comuni del Sud ma sulla quale tutti i partiti si erano trovati d'accordo, salvo rendersi conto dopo dell'errore. «In questo modo - dice la ministra - intendiamo diminuire le sperequazioni territoriali tra le Regioni, dando un contributo alle aree maggiormente deficitarie sul fronte dei livelli essenziali delle prestazioni dei servizi sociali».


Altro obiettivo, i servizi educativi per l'infanzia. Carfagna annuncia una norma che punta alla loro qualificazione, e cioè «a promuovere lo sviluppo psico-fisico, cognitivo, affettivo e sociale del bambino e ad offrire sostegno alle famiglie nel loro compito educativo, come prestazione essenziale per la collettività, fissando livelli minimi per legge, sia per gli asili nido che per la scuola dell'infanzia». Anche in questo caso si potrebbe parlare di svolta: «Questa misura spiega la ministra - è indispensabile per innalzare in maniera netta, finalmente in controtendenza dopo decenni di divario, il tasso di partecipazione attiva delle donne al mercato del lavoro, che oggi, nelle regioni del meridione, ha percentuali quasi dimezzate rispetto a quelle del Nord. Diminuendo il sovraccarico di lavoro di cura che da sempre grava sulle donne, in particolare al Sud, si aumenta la probabilità che le stesse trovino uno stabile inserimento lavorativo. Per me questa è una priorità assoluta».


In questo contesto anche altre misure annunciate in Parlamento, in particolare per la missione «inclusione sociale» prevista dal Pnrr, possono fare la differenza. Come nel caso dell'istituzione di presìdi sanitari di prossimità nei Comuni fino a 3mila abitanti che dovrebbero consentire un ampio risparmio al Servizio sanitario nazionale assicurando un servizio costante a piccoli centri, spesso non facilmente raggiungibili anche in casi di emergenza. O come i 35 milioni, inseriti per volontà della Carfagna nel recentissimo decreto Sostegni, che completeranno il programma di sostegno alle attività di didattica digitale nelle regioni meridionali con l'acquisto di pc, tablet e altri dispositivi digitali per gli studenti impegnati nella Dad, per quelli meno abbienti e per i disabili, assicurando una connettività illimitata. Destinatari delle risorse saranno gli istituti scolastici in base al fabbisogno rispetto al numero degli studenti stessi e del contesto socioeconomico delle famiglie di provenienza di questi. È anche questo un segnale importante considerato che la povertà educativa nel Mezzogiorno è frutto anche di una condizione economica precaria che impedisce a non pochi nuclei familiari l'acquisto di un pc o di un tablet.


L'innovazione, questo è certo, resta un inevitabile driver di sviluppo del Mezzogiorno, specie ora con il Pnrr. Lo ricorda in un documento in 5 punti, diffuso proprio ieri alla viglia degli Stati generali per il Sud, la Fondazione Ricerca e imprenditorialità (ne fanno parte tra gli altri il gruppo Leonardo, Intesa Sanpaolo, Fs, il Politecnico di Milano, la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa). Per far ripartire l'economia meridionale, vi si legge, occorre uno sviluppo basato su una rilettura del Mezzogiorno in chiave hi-tech, puntando ad attivare Poli di innovazione e di imprenditorialità in grado di trattenere le risorse umane di qualità e di accrescere l'attrattività dell'area, favorendo l'alleanza tra grandi imprese e le start up tecnologiche che continuano a nascere ma non a durare abbastanza; ma anche sul rilancio della sua centralità geopolitica nel Mediterraneo; e sui grandi cambiamenti indotti dalla grave crisi pandemica.

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