«Lavorerò con tutte le mie forze perché le operaie e gli operai ex Whirlpool, che ho visto soffrire e piangere, abbiano un futuro più dignitoso e non debbano più battersi per l lavoro e per il salario. Lo devo a loro, lo dobbiamo a loro». Le parole di Alessandra Todde, il viceministro dello Sviluppo economico che più di tanti (anche nei governi precedenti) ha seguito e preso a cuore la vicenda dello stabilimento di via Argine, racchiudono il senso e l'amarezza per l'epilogo della trattativa. L'ultimo, disperato tentativo del governo e dei sindacati di ottenere dalla multinazionale la proroga della chiusura delle procedure di licenziamento è fallito quando quasi albeggiava, l'altra notte. Niente proroga, chiusa la procedura in modo unilaterale: il ministro Giorgetti parla di governo irritato, i sindacati accusano l'azienda di «avere chiuso la porta in faccia ai lavoratori», ma la sostanza non cambia. Dal 22 ottobre prossimo ogni giorno sarà utile per l'invio delle lettere di licenziamento.
«Proveremo a impegnare il governo su un provvedimento specifico per l'immediato futuro dei lavoratori - dice Biagio Trapani, segretario della Fim Cisl di Napoli - perché siano accompagnati alla loro nuova prospettiva occupazionale senza ulteriori penalizzazioni».
Indirettamente lo riconosce la stessa Whirlpool nel comunicato diffuso a tarda ora l'altra notte in cui conferma la chiusura delle procedure di licenziamento e ribadisce l'offerta delle sei mensilità (85mila euro) e il trasferimento al Nord ai lavoratori interessati. «La Società, pur riconoscendo gli sforzi profusi dal Governo e dalla Regione per trovare soluzioni idonee a consentire una nuova missione industriale per il sito di Napoli - vi si legge -, si rammarica che i progetti presentati siano ancora in una fase non compatibile con le esigenze e tempistiche espresse dalla Società più volte e da ultimo ribadite nella riunione del 28 settembre». C'era il tempo, però, ribadiscono sindacati e governo per andare a vedere le carte, come si dice, per approfondire cioè i contenuti del piano messo a punto da Invitalia e affidato alla realizzazione del Consorzio. Whirlpool si è fidata poco, evidentemente, di ciò che le è stato proposto per avviare una trattativa nel merito del progetto: aveva deciso, forse anche su pressioni della casa madre americana, di chiudere ogni spiraglio senza lasciarsi coinvolgere in un confronto che sicuramente richiedeva più settimane e ha resistito a tutte le pressioni. Voleva lasciare Napoli e alla fine, nonostante tutte le pressioni e le proteste, i dubbi e le perplessità sulle reali motivazioni della decisione, ha raggiunto il suo obiettivo. Todde parla di posizione irragionevole dell'azienda ma è un fatto che anche nelle ore più disperate dell'altra notte sono affiorati contrasti all'interno della maggioranza di governo su come è stata affrontata la curva finale di questa storia. La sensazione maturata in questi mesi è che il destino di via Argine in quota Whirlpool fosse stato segnato sin dal primo annuncio, quasi tre anni fa, della volontà aziendale di chiudere.